testimonianze
Terremoto del Centro Italia, l'intervento della Protezione Civile di Piacenza
«L’importante è che stia calma, stiamo aspettando i rinforzi per evitare di ferirla. Se le scappa la pipì, la faccia”. Così, dopo le scosse che il 24 agosto scorso hanno colpito il Centro Italia, un soccorritore cercava di tranquillizzare un’anziana sommersa dalle macerie, ancora in vita, che chiedeva di poter andare in bagno. Parole di speranza e forza, che tuttavia risultano banali per raccontare tragedie di questo tipo. Senza averle vissute, effettivamente, non si possono spiegare. Leonardo Dentoni, coordinatore della protezione civile piacentina, ha soccorso in prima persona gli sfollati.
Dentoni, qual è stato il vostro intervento nelle zone terremotate?
«La nostra squadra era composta da quattro uomini specializzati in informatica e telecomunicazioni: è stata inviata ad Amatrice e Accumuli, dove, in un paio di giorni, è riuscita a ricostruire gli uffici comunali sotto una tenda, ripristinare l’anagrafe e organizzare la mappatura per verificare che tutte le frazioni fossero state raggiunte. Gli operatori che normalmente si occupano di liberare le persone dalle macerie sono una percentuale minima, al loro fianco infatti lavorano una quindicina di uomini per ciascuno, per programmare e permettere l’estrazione. Inoltre, circa trenta piacentini hanno gestito, a turno con altre province, il campo di emergenza a Montegallo. Non servono quantità incredibili di persone, ancor meno dei “Rambo alla riscossa”, ma soggetti capaci».
Anche le istituzioni hanno raggiunto le città colpite. Sono state visite utili o d’intralcio al normale svolgimento dei lavori?
«Non c’è mai tranquillità, intorno a noi vi è un groviglio di cavi, persone e autorità. Abbiamo ricevuto il presidente del Senato Grasso, il presidente della Camera Boldrini e il presidente della Repubblica Mattarella: da una parte hanno rallentato l’intervento, dovendo bonificare le aree e verificare la sicurezza; dall’altra, speriamo si traducano in investimenti e aiuti economici».
Fuor di tecnicismi, qual era il vostro stato d’animo tra le macerie e cosa vi hanno detto gli abitanti del posto?
«Le persone hanno faticato a comprendere tutto fin da subito subito, vedendosi cadere in terra la casa, le fatiche di una vita. Però, allo stesso tempo, è nato nella comunità un maggior senso di appartenenza, cercando di aiutarsi con chi prima nemmeno si parlava».
Secondo lei, gli edifici crollati erano costruiti con materiali adatti?
«Non sono un esperto, tuttavia ho avuto l’impressione che non fossero antisismiche, come molte nel resto della Penisola. N’è prova Amatrice, dove sono andate distrutte solo le case del centro storico, non quelle di più recente costruzione. È ora di correre ai ripari, l’Italia è a rischio sismico, la prevenzione è fondamentale»
È un’emergenza che le ha ricordato altre in cui è già intervenuto nel passato?
«Non esiste un’emergenza uguale alle altre. È stato un sisma con molti morti, quanti quelli dell’Aquila, ma più facile da gestire per la poca densità abitativa. Mi hanno impressionato alcune polemiche sui ritardi dei soccorsi. Non è così, sono arrivato ad Amatrice in giornata ed erano già presenti tantissimi volontari»
Thomas Trenchi