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Aeroporto di San Damiano, l'unica certezza è l'addio dei tornado
Si parla di campo profughi, aeroporto civile, scalo merci, polo turistico, c’è chi annuncia un volano per l’economia e chi denuncia uno spreco di risorse. L’unica certezza che i cittadini hanno su San Damiano, nei pressi di San Giorgio, è il trasferimento del 50° Stormo dell’Aeronautica Militare a Ghedi, in provincia di Brescia. E, di conseguenza, come la definisce il giornalista Gianfranco Salvatori, l’abbandono di un’area che diventa «una scatola vuota di lusso».
Con Salvatori, che da inviato ha seguito in prima persona le spedizioni dei tornado piacentini, si è dialogato sul passato e il futuro dell’aeroporto, cercando di tracciare un passaggio chiaro e percorribile, che permetta di orientarsi nel pieno di questa burrasca di allucinogeni elettorali, tavoli tecnici, proposte e fantasie dell’ultimo minuto, mirate a smaltire la “patata bollente” di San Damiano.
Gianfranco, proviamo a fare ordine. Di cosa si occupa il 50° Stormo e qual era la sua attività a Piacenza?
«Il 50° Stormo è uno dei reparti più importanti dell’Aeronautica, in quanto si è occupato di missioni nella così detta guerra elettronica. È formato da cacciabombardieri ognitempo, cioè in grado di volare in qualsiasi condizione meteorologica, con il compito di sopprimere le difese aeree nemiche, accecando o colpendo i radar. È stato un nucleo fondamentale in diverse missioni; ricordo la liberazione del Kossovo, in cui contribuì a far retrocedere i serbi».
Il 50° Stormo viene costituito nel 1936, successivamente collocato a Piacenza nel 1967. Fu accolto da cortei, marce e proteste del popolo pacifista. Negli ultimi anni, invece, qual era il rapporto tra i piacentini e i militari di San Damiano?
«Secondo me, il rapporto era buono, soprattutto a livello istituzionale. Ritengo che buona parte delle imprese e degli abitanti ne abbia giovato. Quando c’è stata la chiusura qualcuno ha esultato sui social, ma si tratta di opinioni personali, estranee alle ideologie antimilitariste del Sessantotto, ormai scemate».
Lo smantellamento, infatti, non è stato causato dalle proteste, ma da alcuni tagli ai bilanci pubblici. Bisogna ancora investire sulla Difesa?
«È una struttura di prim’ordine, moderna, con una pista capace di far atterrare sia i caccia che i cargo. Dipende da cosa deciderà lo Stato Maggiore dell’Aeronautica e da come si svilupperà la situazione geopolitica prossimamente. L’aeroporto potrebbe tornare d’interesse».
Centrosinistra e centrodestra sono d’accordo sul riutilizzo dell’area come scalo merci, sottolineando la posizione strategica di Piacenza. È un progetto realizzabile?
«Il sottosegretario alla Difesa Alfano si è detto disponibile ad incontrare Rolleri per valutare l’idea. Tuttavia, passare ai fatti e modificare ex novo un aeroporto militare è un impegno non da poco. Per ora pare più un’idea politica all’inizio di un percorso che, utilizzando la parola magica “territorio”, cerca di aggregare. Si valuti anche la rilevazione di Confcommercio, che colloca l’Italia al quindicesimo posto in Europa dal punto di vista logistico, nonostante molti politici la definiscano una piattaforma privilegiata. Il tavolo tecnico in programma nelle prossime settimane, a cui sederanno gli esperti del settore, ci dirà definitivamente se esiste o meno lo spazio per aprire un aeroporto cargo, tenendo conto di quelli già attivi nei paraggi e ascoltando le categorie imprenditoriali».
Salvatori non è il solo a non credere nella realizzazione di uno scalo merci nel piacentino. Anche Pierangelo Molini, ex generale in servizio a San Damiano dal 1991 al 2001, in una lettera inviata al quotidiano Libertà, ha espresso sfiducia, parlando di annunci “politico-filosofici”. Nel frattempo, a Parma è stato presentato un piano di investimenti di dodici milioni, che rilancerà l’aeroporto Verdi in chiave internazionale, potenziando il traffico commerciale. Da Piacenza, si grida al furto: «Dopo il Pronto Soccorso – scrivono su Facebook -, vogliono rubarci anche l’aeroporto».
Il rombo dei motori passa sopra le polemiche, decolla e vola Ghedi, portando con sé parecchie famiglie che dovranno traslocare. S’attendono, quindi, gli sviluppi della commissione di tecnici convocata in Provincia, che forse potrà dare risposte concrete, al di là degli slogan (in favor di telecamera) fino ad ora dichiarati.
Thomas Trenchi