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Claudio Fava (Commissione Antimafia) ospite a Palazzo Farnese: «Siani è il simbolo per la costruzione di una società migliore»
Succede di rado che gli studenti stiano in silenzio per l’intera durata di un convegno. Il “Viaggio Legale”, promosso da Libera Emilia Romagna, ce l’ha fatta. Ed è questo il primo passo fondamentale per ascoltare e poi, soprattutto, alzare la voce e non rimanere indifferenti.
L’emblematica Mehari di Giancarlo Siani, il giornalista ucciso dalla camorra nel 1985, ha fatto tappa a Piacenza, varcando le porte del cortile di Palazzo Farnese. Qui, davanti ad una folta platea di istituti superiori piacentini, è intervenuto anche Claudio Fava, vicepresidente della Commissione Antimafia, il cui padre Giuseppe Fava fu assassinato il 5 gennaio 1984 a Catania: «Non basta portare sulle spalle per una volta l’anno Borsellino e Falcone e dire che “siamo tutti anti-mafiosi”, come quando gioca la Nazionale. Bisogna invece farne un titolo di impegno. Quando un giornalista viene imbavagliato, è un pezzo di libertà in meno per tutta la società. Non solo per Napoli, Palermo o Caserta, ma anche (e soprattutto) per Piacenza. Per l’Italia intera».
«Giancarlo Siani non è un eroe e non voleva esserlo, non voleva morire – ha proseguito Claudio Fava -. È piuttosto un simbolo fondamentale per la costruzione di una società migliore, al quale non basta dare solo memoria, quasi fosse una figurina risorgimentale da ammirare e apprezzare. Altrimenti gli studenti continueranno ad ascoltare e, nel frattempo, a pensare che non hanno nulla a che fare con quell’esperienza. Non dobbiamo essere solo spettatori, ma avere la consapevolezza che la mafia c’è ed è attiva, che ogni giorno punta ad avere un’egemonia sui territori, cercando di costruire un’empatia con la politica e l’imprenditoria. Se si spara meno, non vuol dire che si sta risolvendo il problema, bensì che queste famiglie criminali sono in grado di controllare meglio l’area». Fava ha poi specificato l’importanza di dare un senso collettivo ai beni confiscati alla mafia.
«Anche nella provincia piacentina sono presenti immobili sottratti alla criminalità – ha spiegato Antonella Liotti, referente di Libera Piacenza -. Si tratta di un appartamento in città, di un capannone a Castell’Arquato e di due immobili ad Alseno e Calendasco. Attorno alla Mehari di Siani prende il via un importante percorso di cittadinanza attiva, incentrato sul tema della legalità».
Thomas Trenchi