cultura
Beneficenza per l'oncologia integrata con il libro "Un Arco Nel Portaombrelli"
“I libri servono a capire e a capirsi, a creare un universo comune anche in persone lontanissime”, scrive Susanna Tamaro in una delle sue opere. E in effetti, “Un Arco Nel Portaombrelli”, l’ultimo progetto editoriale nato dal gruppo Facebook “L’Inedito – Rivista Letteraria”, sembra darle ragione: sulle circa 200 pagine, sono (ri)uniti i racconti e le esperienze di persone provenienti da luoghi, contesti, storie e radici differenti tra loro.
«Vuole essere un libro di letture brevi, un manuale di sopravvivenza per questi tempi, che vi permetta di conoscere alcune persone in ogni loro recesso, sotto qualsiasi inquadratura. L’incontro virtuale con alcuni scrittori frutto proprio del caso e delle loro mani operose, mi ha obbligato a rivedere quello che si è poi rivelato essere un pregiudizio. Il pregiudizio secondo cui non fidarsi degli altri è tanto di guadagnato», spiega Fabio Martini, curatore del progetto che – a tratti – pare un “adattamento su cellulosa” dei moderni social network. «L’eccezionalità di questa esperienza è stata nello scoprire persone squisite, alcune così lontane dagli stereotipi degli autori chiacchieroni e boriosi; persone con cui parlare di passioni vicendevoli che altrimenti, nella vita di tutti i giorni, finiscono per non aprire mai bocca; interlocutori capaci e soprattutto grandi ascoltatori, cosa purtroppo sempre più rara tra coloro che si vantano di scrivere qualcosa di decente – prosegue Martini -. Frequentandoli in rete e di riflesso leggendoli, ho finito per appassionarmi a tutti. Una cosa soltanto possiamo augurarci. Che chiunque legga quanto segue, sia per lui giusto o sbagliato, possa alla fine dirne qualcosa. Perché la sola cosa che ci lascerebbe sgomenti, dateci retta, sarebbe l’indifferenza».
Se poi s’aggiunge l’obiettivo benefico per i malati di tumore e l’occasione per approfondire l’oncologia integrata, risulta difficile mancare all’evento in programma sabato 3 dicembre presso la parrocchia di San Sepolcro, in via San Nazzaro a Piacenza, dalle ore 17. La dottoressa Bidin, infatti, ha organizzato una presentazione de “Un Arco Nel Portaombrelli”, con il curatore Fabio Martini: il ricavato delle copie vendute (al prezzo di 18€) durante l’appuntamento sarà devoluto in aiuto a N.O.I. Nuova Oncologia Integrata, con lo scopo di stimolare la ricerca e l’applicazione delle cure integrate per il cancro, come qi gong, tai chi, yoga, massaggio, suonoterapia e meditazione.
Tra gli autori inclusi nella raccolta, è presente anche il piacentino Claudio Arzani. Di seguito, ecco uno stralcio del suo racconto “Maria Florencia”: «Partire è un po’ morire. […] Sul bastimento gli emigranti parlavano, per passare le ore di far niente lentamente beccheggiando sulla tavola immobile dell’immenso oceano. Parlavano dei sogni, delle speranze, delle nostalgie, dei ricordi. Della paura, tacevano. Parlavano. Tacevano. Giocavano a carte. Guardavano il mare, oltre la prua, qualche volta uno sguardo anche oltre la poppa. Agostino con Giuseppina e la piccola Luigina, sarebbero scesi dalla nave all’attracco in Argentina. Altri avrebbero proseguito verso il Brasile. Ed ecco, finalmente, dopo settimane di navigazione, il correre di voce in voce, il richiamarsi, di cabina in cabina, di sala in sala, nei luoghi comuni: tutti in plancia, di corsa, affannati, col cuore in gola, l’emozione che stringe lo stomaco e quasi toglie il respiro. Terra! Niente altro che una striscia ancora lontana, un color verdastro scuro che spezza l’armonia del blu del mare e dell’azzurro del cielo, una linea che attraversa l’orizzonte e fa mancare il respiro, quella linea è il destino, è il futuro. Nessuno potrà dimenticare i sapori, i colori, i profumi dell’Italia, le case, le viuzze, i campanili, l’osteria del Paesello, gli amici, i volti incontrati tutti i giorni, i sorrisi, i sospiri, i litigi, il parroco, l’oste, il farmacista, il dottore, la maestra, le galline, i conigli, l’arrotare dei sassi tra le ruote della bicicletta, il raglio degli asini, l’aia trasformata in balera. Eppure lì, tutti sul ponte del bastimento, tutti ad aguzzare la vista per cogliere i primi particolari di quella terra che nessuno aveva mai immaginato, nessuno a girarsi di spalle, a rimirare quel passato già lontano, quel Paese che sarebbe per sempre rimasto niente altro che un dolce ricordo ad accarezzare il cuore. Agostino girò lo sguardo ad incontrare gli occhi di Giuseppina. Piangeva, forse a causa del vento che accarezzava le onde del mare e il ponte del bastimento, che sembrava far onde dei capelli di tutta quella gente col cuore in gola e il cuore stretto tra speranza e paura del futuro da costruire. Ignoto. Non erano più italiani, non più pioverini. Emigranti».
Thomas Trenchi