politica
Gianluca Vinci, il “suddito-autonomista” che proteggeva la tomba del Re
Cosa potrebbero avere in comune lo slogan secessionista “Prima il Nord” e un’associazione che vuole tutelare – al motto di “L’Italia sia rispettata” – l’unità nazionale? Dal punto di vista ideologico, evidentemente, nulla. O almeno, così sembrerebbe. La risposta sta in Gianluca Vinci, segretario della Lega Nord Emilia e apparentemente devoto protettore dei Savoia, la famiglia protagonista dell’unificazione italiana nel 1861.
Vinci, avvocato di trentasei anni, che dal 2009 è anche consigliere comunale di Reggio Emilia per quel partito che stracciava il tricolore nelle piazze, nel 2011 avrebbe vigilato sulle salme «ancora in esilio dei Re e delle Regine d’Italia per la tumulazione al Pantheon di Roma», stando alla pubblicazione ufficiale n.3 del 2012 dell’Istituto Nazionale per la Guardia d’Onore alle Reali Tombe del Pantheon. Mentre da una parte è stato votato per recuperare l’autodeterminazione del suo territorio, con il Sole delle Alpi (il fantomatico vessillo della Padania) nel taschino, dall’altra si sarebbe messo al servizio di un’organizzazione atta a preservare i simboli autoritari della Corona.
Un gesto, quindi, di ringraziamento e adorazione nei confronti di Re Vittorio Emanuele II e Re Umberto I, a capo del Regno d’Italia per i primi trentanove anni di storia, appartenenti a quei Savoia di cui Umberto Bossi, presidente-fondatore del Carroccio, diceva: «Abbiamo fatto un errore madornale a seguire Garibaldi e i Savoia. Ora dobbiamo rimediare. Io non mollo. Non me ne andrò dalla politica fino a quando il Nord non sarà libero». Non solo Bossi, effettivamente, non se n’è andato dalla politica, ma oggi sfila per il No al Referendum a fianco dello stesso Gianluca Vinci che in qualità di “guardia”, come riporta l’albo delle delegazioni che hanno partecipato alle commemorazioni per i 150 anni dell’Unità italiana, ha protetto i resti dei monarchi che contribuirono all’«oppressione centralista» denunciata dai leghisti.
Pare essere stato un brusco cambio di linea quello di Vinci, in passato coordinatore dei Giovani Padani, il movimento under 30 del Carroccio che pretende l’indipendenza da Roma. Insomma, il “sentimento padano” nel nome del quale s’alzava il dito medio contro l’inno di Mameli è stato accantonato già da diverso tempo, considerando la svolta federalista di Matteo Salvini. Ma, in questo caso, Vinci sembrerebbe esser stato addirittura il precursore di un nuovo (e chissà futuro) spirito “suddito-autonomista”.
Thomas Trenchi