curiosità
Si allargano i confini musicali, il beatbox sbarca a Piacenza
Dalla lingua alle labbra, dai denti alle guance, ogni parte della bocca è utile per riprodurre i suoni degli strumenti musicali. Si chiama beatbox, è una tecnica nata in America negli anni ‘80, pensata per imitare con la voce tutti gli effetti acustici di una batteria.
Da un po’ di tempo è sbarcato anche a Piacenza, dove i giovani che lo praticano si possono contare sulle dita di una mano. Uno di loro è il diciottenne Harrizon Hito, in arte “H!TO”, che, dopo essersene innamorato all’età di undici anni, lo considera «un antistress per tirarsi su il morale».
Come ti sei avvicinato al beatbox?
«Sette anni fa, su un canale televisivo straniero, vidi un ragazzo mentre faceva beatbox: per me era una vera e propria novità. Mi stupì fin da subito. Amavo la musica, quindi provai ad emularlo, inizialmente per gioco. Ma, vedendolo solo come un divertimento, dopo un po’ lo accantonai».
Quando hai deciso di rispolverarlo?
«A sedici anni, appassionandomi al rap e scrivendo i miei primi testi, come molti coetanei per uno sfogo personale, ho ripreso il beatbox. Preparavo la base musicale ai miei amici freestyler, migliorando passo dopo passo. Iniziammo a trascorrere i pomeriggi in mezzo alla nostra musica, totalmente auto-prodotta. Bellissimo».
In che modo prosegue il percorso?
«Io e Alessandro Baldini abbiamo pubblicato il video della nostra prima canzone, montato da “SparksStudio”, dal titolo “RAPBOX freestyle!”, prodotto ovviamente in beatbox, che è ciò che può contraddistinguerci anche quando partecipiamo agli eventi».
A Piacenza c’è posto per questi generi meno convenzionali?
«La nostra città sta migliorando dal punto di vista della conoscenza della cultura rap, un genere che continua a spopolare. Sarebbe bello se un giorno si affermasse maggiormente come luogo dove si fa buona musica, con un ventaglio più vario di artisti. Con gli altri ragazzi che fanno beatbox a livello locale c’è un rapporto di confronto, per cercare di crescere».
Chi sono i tuoi modelli?
«Mi ispiro ad artisti di calibro mondiale, ad esempio Tiny Beat, Joel Turner, Marcus Perez… In Italia, uno dei migliori è Rise».
Cosa rispondi a chi non la ritiene “vera” musica?
«Per me la musica è arte. E l’arte suscita emozioni, come il beatbox ha fatto con me quando ero un bambino. Ecco, rispondo questo».
Thomas Trenchi