salute
Arranca la medicina non convenzionale: a Piacenza cure non erogate
A Piacenza, differentemente da altre realtà ospedaliere, la medicina non convenzionale arranca. Tra le più diffuse nel mondo, vi sono l’agopuntura, l’omeopatia, la fitoterapia e l’osteopatia, che dovrebbero rinforzare l’effetto dei farmaci tradizionali. Nonostante una delibera regionale del 2014 dia diritto a tre tipologie di trattamento con agopuntura nei Livelli essenziali di Assistenza pubblica, l’Azienda sanitaria locale non ha reso possibile erogare davvero queste cure, i cui ottimi risultati sono provati scientificamente.
Nello specifico, il provvedimento della Giunta permetterebbe di ricorrere, gratuitamente o dietro pagamento del ticket, all’agopuntura per il dolore ricorrente o cronico muscolo-scheletrico lombare, per la profilassi della cefalea muscolo-tensiva ed emicranica. Tuttavia, la direttiva della Regione non è stata ben recepita dall’Ausl piacentina, che – dopo aver incaricato un gruppo di agopuntori di stabilire i criteri per poter somministrare le terapie (durata delle visite, grandezze dei locali e protocolli operativi) – ha accantonato il fascicolo in un cassetto, lasciando le nuove (e ormai consolidate) frontiere della scienza nel torpore del misticismo e nel silenzio totale.
Lo confermano il dottor Alberto Botti e la dottoressa Chiara Zanzani, referenti del settore per l’Unità Sanitaria di Piacenza, che hanno prodotto parecchio materiale di ricerca e sperimentazione, ponendo le basi per rendere più accessibili queste opportunità, tutelarle da eventuali usi impropri e garantire maggiore benessere ai cittadini, secondo le esigenze di ognuno. Pur essendo presenti anche diversi agopuntori nell’ospedale Guglielmo da Saliceto, il programma non è mai decollato.
Nemmeno l’Osservatorio per le Medicine Non Convenzionali dell’Emilia-Romagna, istituito nel 2004 a Bologna, sembra aver ingranato la marcia giusta. L’obiettivo che si pone è di «studiare la sicurezza e la possibilità di integrazione delle medicine non convenzionali e organizzare incontri formativi rivolti ai professionisti», spiega il referente Corrado Ruozi. In dodici anni, però, l’unico risultato ottenuto è stato, appunto, l’introduzione dei trattamenti di agopuntura, in balia dei modi e dei tempi decisi «dalle specifiche Direzioni Generali delle Aziende ospedaliere. Un problema abbastanza diffuso è la mancanza di esperti disponibili, a seguito delle difficoltà ad acquisire nuove risorse». Sarebbero in corso, inoltre, ulteriori approfondimenti sull’utilizzo «della digitopressione durante il parto e dell’agopuntura insieme ad un fitofarmaco per la diminuzione degli effetti collaterali della chemioterapia»: infatti, le cure complementari sono particolarmente diffuse fra i pazienti oncologici, numerose indagini condotte in Europa documentano che le usa un individuo affetto da tumore su tre, al fine di mitigare le conseguenze avverse di chemio e radioterapia.
Tutt’altra storia, invece, in Toscana, dove dalla teoria si è passati alla concretezza: vi è stata l’apertura di un centinaio di ambulatori pubblici che erogano circa 35.000 prestazioni annue; l’istituzione della Rete toscana di medicina integrata, che collabora attivamente con l’Istituto Toscano Tumori; l’avviamento di tre strutture di riferimento per agopuntura, fitoterapia e omeopatia, assicurate dal Servizio sanitario. L’ambulatorio di Lucca, dal 2002 organismo di riferimento per l’omeopatia, in collaborazione con la Struttura Complessa di Oncologia, ha fondato nel 2010, con un finanziamento dell’assessorato, l’Ambulatorio di medicine complementari e alimentazione, gratuito per i malati oncologici. Per quest’ultimi, che sono a carico della Regione, «si prevede il risparmio dell’uso dei farmaci, che è determinato proprio dalle pratiche complementari», chiarisce Sonia Baccetti, responsabile del Centro Fior di Prugna di Firenze.
A Piacenza, quindi, si può contare solo sull’impegno di alcune associazioni spontanee, ad esempio “Nuova Oncologia Integrata”, coordinata dalla dottoressa Livia Bidin, che ritiene «il percorso scelto dall’Emilia-Romagna eccessivamente lento e penalizzante per i pazienti. Le possibili applicazioni dell’agopuntura, della fitoterapia e di altre tecniche per migliorare la cura del tumore sono molteplici. Le persone ne traggono vantaggi quantificabili». Periodicamente, grazie ad alcuni volontari di “N.O.I.”, vengono organizzate attività di supporto, come qi gong, tai chi, yoga, massaggio, suonoterapia e meditazione: «Integrandole, ci sarebbe una riduzione della spesa sanitaria, nonché un perfezionamento della qualità della vita di malati ed ex-malati».
Thomas Trenchi
(Pubblicato il 27 gennaio 2017 sul quotidiano Libertà)