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cultura

L’8 marzo di Rosa Luxemburg: la festa delle donne e le sue radici

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Ricordo bene la Stoccarda del 1907, con quei grandi edifici e la piazza di Stuttgart, iconica, con quel vento di rivoluzione che mi accapponava la pelle e con la mia cattedra in Economia Politica, troppo intima per la posizione che volevo ricoprire. Il mio nome è Rosa Luxemburg, sono nata il 5 Marzo 1870 in Polonia: nel corso della mia vita ho appoggiato diverse lotte, alcune delle quali finite in tragedia o nei carceri più bui della Germania, ma ho fatto la storia; ho sposato un uomo che non amavo e ho combattuto il colonialismo, ho avuto un peso tra gli uomini ed ho preteso che tutte le donne potessero fare lo stesso.

Io e Clara Zetkin, mia carissima amica e confidente, abbiamo per prime portato il problema dell’emancipazione femminile durante un Congresso della II Internazionale – se la memoria non mi inganna, credo fosse il VII – a Stoccarda, nel 1907; non ci siamo mai tirate indietro pur sapendo che questa lotta avrebbe richiesto un grande impegno e molto pelo sullo stomaco per sopportare tutte le opinioni in contrasto con le nostre, non sempre troppo pacifiste. Difendere le conquiste elettorali era molto più importante di qualsiasi cosa, anche delle nostre vite: sono morta assassinata nel 1919, in Germania, in un gelido 15 febbraio; non ho fatto nemmeno in tempo a veder riconosciuti i miei sforzi quando, nel 1925, venne pubblicato sul quotidiano femminista “Compagna” un articolo che ricordava le vicende dell’8 marzo del 1917 – quando le donne russe scesero in piazza per chiedere la sospensione della guerra e per appoggiare il movimento rivoluzionario che portò alla caduta dello zarismo – fissando a quel giorno la data dei festeggiamenti. Era, in parte, frutto del mio lavoro, del mio sangue e della mia libertà di dissentire.

Non è così che me l’ero immaginata: l’8 Marzo è oggi più che altro un’occasione di marketing, una ricerca di introiti da parte di locali, fioristi ed organizzatori di eventi; le mimose non sono più simbolo di forza e femminilità, ma solo una pedina dell’economia; si offrono spogliarellisti ed intrattenimenti simili, come se le donne avessero bisogno di una ricorrenza per assumere certi atteggiamenti.

Non è questo quello per cui ho lottato! Ora come allora, l’uomo non necessita di una giornata per sentirsi tale, perciò è compito della donna non adattarsi a questo genere di festeggiamento, ma anzi conservarne il peso storico e la nobiltà morale; sicuramente, queste proposte per la festa della Donna non rispecchiano “l’ambiziosità” che caratterizzava il progetto iniziale, la verità e la forza che noi per prime portammo a galla.

La vita mi ha insegnato che, per tutte le situazioni, non esiste solo una parte completamente bianca ed una completamente nera, perciò non mi sento di dire che necessariamente tutti vivono in questo modo la giornata: certo è che in primo luogo bisognerebbe conoscere e riconoscere il fondamento storico dell’8 Marzo, le mie lotte e quelle che ogni giorno le donne affrontano, e in secondo luogo sarebbe corretto che tutti attribuissero a questo non un festeggiamento limitato a qualche ora di svago, bensì un pensiero dignitoso al ruolo che ogni essere umano – non solo donna o uomo – svolge nella macchina del mondo; “pensare informati” può davvero sconfiggere ogni disparità.

La Stoccarda del 1907 non è certo il mondo metropolitano di oggi, che finge di interessarsi alla dignità di ognuno, però a compartimenti stagni; la si cerca nei generi, nelle etnie, nell’orientamento sessuale, e non nella peculiarità dell’essere umano. Una donna per cui io ancora lotterei, porta sulle spalle il peso delle discriminazioni, e lo usa per controbilanciare la leggerezza con cui vengono affrontati certi temi.

Questa è chiaramente una rivisitazione storica di ciò che è successo realmente, un modo non banale per trattare un tema sulla bocca di tutti; queste sono solo opinioni di una ragazza di diciassette anni, che ancora è lontana dall’appellativo di donna, e che forse un po’ lo teme anche: vorrei però evitare che, quando sarò pienamente consapevole del valore che incarno, io sia costretta ad identificarmi nella “festa della femmina”, perché non è certamente questo quello a cui aveva pensato chi ha istituito la giornata, ed è nostro compito preservarne la dignità.

Francesca Gatti

Nata il 6 luglio 1999, frequenta il liceo scientifico Lorenzo Respighi. Ama immedesimarsi nelle storie delle persone, cercando di equilibrare cuore e ragione. Nella vita si augura di poter «ridare vita a coloro che la violenza e l'indifferenza condannerebbero altrimenti all'oblio eterno: è un cammino lungo, ma credo molto nella dignità di ognuno».