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Profughi alla Besurica: «Veniamo dalla Nigeria». Scatta il timore dei residenti – VIDEO
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È la lotta degli ultimi: tra chi scappa dalla guerra (non sempre: le richieste d’asilo nel mese di febbraio hanno ricevuto un diniego del 58%) e chi si dice dimenticato e ignorato dalle istituzioni. A far scattare l’ulteriore scintilla è stato l’arrivo di tre famiglie di profughi nigeriani nel quartiere Besurica, disposti in una villetta a schiera su due piani, con tre camere da letto e due bagni. I nove richiedenti sono in carico ad Asp, l’Azienda Servizi alla Persona del Comune di Piacenza, e gestiti dalla cooperativa “L’Ippogrifo”. Uno di loro, dopo qualche tentennamento, ha accettato di mostrare l’abitazione, svelare cosa si “nasconde” al di là della cancellata, e raccontare la propria esperienza, fatta di speranze e attimi che preferisce non ripescare dal passato: «Qui vorrei avere un futuro migliore ed essere felice. Mi trovo bene, sono contento del modo in cui sono stato accolto, ringrazio il governo italiano», chiarisce con un ottimo inglese, senza voler esplicitare la propria identità. Il ragazzo è arrivato a Lampedusa qualche mese fa, è stato trasferito nell’Hub regionale a Bologna, poi all’Hotel Petit in via Pennazzi, infine è passato sotto il meccanismo d’accoglienza di Asp. «Durante il viaggio, tutti sperano di arrivare sul barcone – prosegue -, è una tratta della morte. Dopo aver fatto i documenti, vorrei trovare un lavoro per mantenere la mia famiglia. In Nigeria facevo il fabbro, costruivo le porte».
L’altra faccia della medaglia è quella dei cittadini che da tempo chiedono sevizi, telecamere, pattuglie e migliorie per il quartiere, vedendosi così declassati – secondo loro – nelle priorità della politica. Ciò che rimprovera il comitato “Besurica Sicura”, per voce del referente Luca Zandonella, è il mancato confronto con gli abitanti, in particolare delle case limitrofe, che si sarebbero trovati spiazzati: «Siamo amareggiati, è stato fatto tutto di nascosto, non c’è stata nessuna comunicazione ufficiale, solo passando nella strada ci si è accorti che qualcuno vi abitasse. Trattandosi dell’Amministrazione, e non di un privato, avrebbe dovuto avvertire i residenti. Non vuol dire che quei richiedenti asilo siano dei delinquenti, ma se fosse stato fatto alla luce del sole non si sarebbero innescate queste preoccupazioni». Anche altri residenti, interpellati sul caso, hanno espresso timore per il rischio legato alla diffusione di malattie ed alla svalutazione delle proprie mura domestiche, che diventerebbero ancora più difficili da vendere.
Il responsabile della cooperativa “L’Ippogrifo”, Fabrizio Statello, cerca di mettere un freno a questi timori, rassicurando sull’efficienza del sistema d’accoglienza messo in atto: «Il protocollo prevede che, prima dell’ingresso negli appartamenti, vi sia un periodo d’osservazione nelle strutture di via Campagna, dove si provvede ai permessi, agli screening sanitari, ai vaccini. I tre nuclei famigliari sono stati scelti ipotizzando che possano convivere bene insieme. Devono pulire le proprie stanze e, divisi in turni, gli spazi comuni. Sono autosufficienti per quanto riguarda il cibo e la spesa, vengono solo accompagnati presso il supermercato. Non hanno denaro contante, ma una carta prepagata per garantire la tracciabilità. Percepiscono circa 2,50 euro al giorno ciascuno. Entro la mezzanotte devono assolutamente rincasare, rispettando la quiete pubblica. Gioca a nostro vantaggio il fatto d’aver collocato delle famiglie in un quartiere così prestigioso, per evitare un allarme sociale. Abbiamo già preso i contatti con l’ufficio del verde pubblico per coinvolgere i tre capi famiglia nella pulizia e manutenzione del parco che hanno di fronte a casa».
Thomas Trenchi