cultura
La dignità viaggia oltre le parole. Note dal Festival del Diritto
Venerdì 23 Settembre. Una bella mattina soleggiata. Il centro della piccola Piacenza si riempie di colori. Così si apre la nona edizione del Festival del Diritto. Dignità è la parola chiave di quest’anno: dignità in ogni sua sfaccettatura. Quello scelto è un tema che ci riguarda tutti da molto vicino, per il semplice essere umani. La nostra cittadina si impegna dunque a farsi carico di un valore universale che con la sua apparente semplicità racchiude il senso stesso della vita per sé e in relazione agli altri. Dopo le prime conferenze, esco più confusa di prima. Non credo di aver colto fino in fondo il senso di certe parole o con un filo di presunzione non sono sicura che il messaggio della dignità sia sempre stato ben analizzato. Decido di fare una passeggiata in piazza Cavalli per godermi la giornata. Cinque alberi si ergono in mezzo a uno spazio allestito per il festival, mentre attorno i volontari si danno da fare, ognuno a proprio modo, per la riuscita dell’evento: chi dando informazioni, chi sistemando, chi semplicemente rispondendo alle domande. Poi una scena mi incuriosisce particolarmente: un signore prende in mano un libro e inizia a leggere ai volontari più giovani. L’idea del festival inizia a chiarirsi nella mia testa.
La dignità è l’essenza stessa dell’essere umano. O almeno così sembrerebbe svelarci la sua antica origine greca: axioma, una parola che racchiude in sé il significato di dignità e di assioma. Un termine che riporta al rispetto di se stessi e degli altri: dignità nel senso di prendersi cura, assumersi le proprie responsabilità. Così questa parola, un po’ difficile da comprendere fino in fondo, si fa largo nelle nostre azioni di ogni giorno e ci rende conformi. Dal momento che tutte le persone sono idealmente fornite della stessa dignità, hanno tutte lo stesso diritto di ricevere cure e attenzioni in ogni settore: nel lavoro, nella giustizia, nella nutrizione, nella cultura, negli affetti. Anche se i fatti recenti, ad Aleppo così come in mezzo al mare, ci mostrano una realtà ben diversa.
Le strade da percorrere per il raggiungimento di tale obiettivo sono numerose, intendibili in altrettante maniere differenti. I palazzi, i teatri, le gallerie e gli auditorium di Piacenza aprono le proprie porte a innumerevoli punti di vista. Chiunque ne prenda parte, dal relatore, al volontario, passando per il cittadino, impiega il suo tempo per capire e far capire.
Ma concretamente cosa vuol dire avere una dignità? Non è un caso, che fra i sinonimi si riscontrino termini come “nobiltà morale”, “onore”, “rispettabilità”, “distinzione”. E’ ciò che ci distingue dalle cose e dagli animali. La dignità è l’essenza stessa dell’essere umano. “Agisci in modo da trattare l’uomo così in te come negli altri sempre anche come fine, non mai solo come mezzo”. In questa maniera Immanuel Kant ci ricordava di come l’uomo debba essere il fine ultimo di ogni decisione. Non deve mai essere ridotto al solo ruolo di mezzo da sfruttare. Dove sarebbe la dignità di chi calpesta quella altrui? Di chi si arricchisce grazie alla miseria degli altri?
In un mondo che ogni giorno ci fornisce esempi della violazione di questo valore intrinseco alla vita, il tema si dimostra azzeccato. Un grido contro la sorda attualità. Il festival funge da sentinella prudente e accorta per richiamare a delle tematiche fondamentali del nostro vivere. Non le singole parole, alcune sfuggenti o forzate, sono le vere protagoniste della manifestazione, ma il senso generale e l’impegno delle persone che ne hanno preso parte. Altre parole importanti sono “accoglienza” e “unione”, dal momento che le persone si associano fra di loro quando riconoscono negli altri la stessa dignità che conferiscono a loro stessi. Coerentemente nelle tre giornate si scandagliano situazioni in cui questo senso comune emerga chiaramente: la privacy, il dolore, la storia, le differenze etniche e sessuali, l’immigrazione, l’arte, la solidarietà, la giustizia, la famiglia. Un viaggio nel rispetto a grandezza umana. Una lente d’ingrandimento.
Guardo le persone attorno a me, concludendo di aver trovato prima in loro che nei discorsi il senso della parola. Sono loro le vere insegne della dignità. Sono loro le prime a doverla custodire.
Chiara Serioli (redattore del giornale del Liceo Gioia “L’Acuto”)