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«Concorrenza sleale e speculazione sulle licenze». La giungla degli ambulanti – VIDEO
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Il mercato è diventato una giungla. Che si vendano scarpe, magliette, formaggi o pentole, sembra che a prevalere sia sempre la legge del più forte, a discapito della qualità. «Non è più il mestiere di una volta. La concorrenza è feroce e sleale», lamentano alcuni ambulanti della provincia piacentina. Sono stanchi e arrabbiati, a volte si credono Davide contro Golia; nel loro mirino si trovano quei banchi che «inspiegabilmente» vendono la merce a metà prezzo, «addirittura al di sotto di quanto la paghiamo noi», denuncia Tiziana, venditrice di capi d’abbigliamento, la quale aggiunge: «A trarne vantaggio, proponendo tariffe stracciate, sono soprattutto i marocchini. Espongono i cartelli con i prezzi più bassi dei nostri di tre o quattro euro». «Non si sa come facciano a svendere i prodotti in questo modo, magari non pagano i rifornitori…», ipotizza il salumiere Luca, chiarendo che il settore alimentare ne risente meno. Aumentano drasticamente le imprese straniere: sono 309 (174 marocchine, 27 cinesi e poi senegalesi, nigeriane, indiane…), su un totale di 668 registrate in tutta la provincia dalla Camera di Commercio di Piacenza. I Comuni che, presso la Camera di Commercio, contano più imprese sono Piacenza (73 italiane e 111 straniere) , Fiorenzuola d’Arda (28 italiane e 40 straniere) e Castel San Giovanni (23 italiane e 36 straniere).
Nelle piazze, il rapporto tra ambulanti è spietato, indirizzato al costante ribasso: gli italiani puntano il dito contro gli extracomunitari; alcuni nordafricani, invece, sollecitati a commentare queste accuse, ribattono a loro volta accusando i colleghi pachistani… Insomma, regnano il caos e il disorientamento. Risulta evidente la crisi del mercato: quello che in passato era un fulcro economico e aggregativo, oggi pare essere in uno stato di progressivo deterioramento. «È venuta a mancare la clientela discreta. Le persone guardano solo al prezzo e non alla qualità. Vi è una concorrenza sleale degli operatori marocchini e cingalesi, che secondo me non sono in regola con le tasse e fanno pochissimi scontrini. La Finanza controlla più che altro gli italiani», racconta Gilberto, deluso e amareggiato, dopo quarant’anni in giro per le piazze con i suoi articoli nel furgone, «la forma di commercio più antica al mondo è destinata ad estinguersi». Anche Katia, mentre ripone velocemente magliette e felpe negli scatoloni, per tornare a casa e prepararsi alla prossima tappa settimanale, ammette che «tante persone, sia italiane che straniere, si improvvisano commercianti. La situazione è in declino. Una volta i posteggi dei banchi valevano parecchio, a seconda della data o della posizione. Adesso, tutto si è uniformato e declassato».
Walter, che svolge la professione ambulante da tantissimo tempo, parla di vere e proprie imprese fantasma, «per lo più straniere, che non pagano l’iva, perciò riescono a calare decisamente i prezzi, con un ricarico di cinquanta centesimi o un euro. Noi siamo controllati duramente dal Fisco, loro no». Per Walter «il problema sta alla radice»; cioè dal 1998, quando l’allora ministro dell’Industria Pier Luigi Bersani, applaudito dal presidente del Consiglio Romano Prodi, uniformò le licenze commerciali, eliminando le quattordici tabelle merceologiche e lasciando due settori: alimentare e non alimentare. «La soppressione delle categorie di vendita, in passato suddivise per esempio in merceria, ferramenta o calzature, è la problematica principale. Tutti hanno cominciato a vendere tutto, così la qualità si è inevitabilmente abbassata e il mercato è diventato dispersivo. Chi poteva, in seguito a questa unificazione delle categorie, ha comprato licenze a fiumana e le ha subaffittate ad altri mercanti, in particolare ai cinesi, innescando una speculazione le cui conseguenze ricadono sui giorni nostri».
La famigerata direttiva europea Bolkestein, tanto osteggiata dalle associazioni di ambulanti, per Walter non sarebbe, in realtà, così negativa: la disposizione, che prevede la messa a bando di molte concessioni pubbliche, comprese quelle dei commercianti da strada, «forse potrebbe mettere fine a questo predominio speculativo di chi ha in mano le piazze dei mercati, subaffittando licenze a destra e a manca».
Thomas Trenchi