cultura
Coscienza antimafiosa: studenti piacentini assistono al processo Aemilia
Gli occhi degli studenti sono più importanti di quanto si possa credere, soprattutto quando si parla di mafia. Martedì scorso la classe quinta linguistico D del Liceo Gioia, accompagnata dai professori Sozzi e Malvicini e dalla referente locale di “Libera” Antonella Liotti, ha raggiunto il tribunale di Reggio Emilia per assistere a una seduta del processo Aemilia, contro le infiltrazioni della ‘ndrangheta nel tessuto sociale di alcune province emiliane, tra Piacenza e Bologna. La classe del Gioia è la prima che, da Piacenza, ha assistito al maxi procedimento, il più grande mai tenutosi in Emilia-Romagna contro un clan mafioso. Nei mesi scorsi ha fatto discutere il coinvolgimento dei cittadini nel pubblico. Gli imputati, infatti, hanno richiesto di svolgere le udienze a porte chiuse. Ma il magistrato si è opposto. «Il coinvolgimento della società civile è im- portante – affermano gli studenti piacentini – perché la mafia si radica nel silenzio e si nutre dell’omertà. Perciò, porre in prima fila l’impegno, la coscienza e la giustizia sociale, significa ribaltare la prevaricazione delle organizzazioni criminali».
Secondo l’accusa, dopo il terremoto emiliano del 2012 la ‘ndrangheta si sarebbe infiltrata negli appalti per la ricostruzione delle opere pubbliche. I reati più gravi contestati sono associazione mafiosa, estorsione, usura, detenzione illegali di armi, intestazione fittizia di beni e reimpiego di capi- tali di illecita provenienza.
«Aiuto, chissà com’è il tribunale. E se ci succede qualcosa?», dicevano tra loro alcuni studenti del Liceo Gioia prima della partenza. È normale provare ansia, non ca- pita tutti i giorni di entrare all’in- terno di un Palazzo di Giustizia. Ma è ancora più normale che ad aver paura siano quelli seduti dalla parte opposta dell’aula, i quali preferirebbero regnasse l’indifferenza. Mentre attendevano di accedere all’aula “bunker”, costruita appositamente nel cortile del tribunale in tempi record, al loro fianco è passato l’ex calciatore Vincenzo Iaquinta, indagato insieme al padre. Puntualmente, alle 9.30 è suonata la campanella: stavolta non era quella abituale delle lezioni scolastiche, ma quella che annuncia l’ingresso dei giudici. Nel tribunale di Reggio Emilia, ogni dettaglio ha l’aria del “maxi” processo: le squadre di avvocati, gli imputati in cella, i collegamenti video dalle altre carceri, le pile di verbali, gli amici e i familiari presenti, le imponenti misure di sicurezza e i controlli scrupolosi.
L’avvocato di “Libera” Enza Rando e il referente regionale Daniele Borghi hanno salutato i liceali piacentini: «Vi ringraziamo per essere qui. In quattordici mesi, 1.700 alunni provenienti da tutta Italia hanno già assistito alle udienze. Noi ci siamo costituiti parte civile in questo processo, poiché riteniamo che la mafia produca un danno alla società». L’eventuale risarcimento all’associazione sarà utilizzato per realizzare nuovi percorsi didattici sulla legalità.
Thomas Trenchi
(Pubblicato il 18 maggio 2017 sul quotidiano Libertà)