curiosità
Al via l’Alley Oop Freestyle Festival, dall’8 all’11 giugno tante "formiche" si spargono al Daturi
Dietro ogni piccolo o grande progetto, c’è un gruppo di persone che lavora in armonia, come fossero tante piccole formiche che, insieme, riescono a spostare anche un elefante: questo è proprio ciò che vuole intendere il nome “Anthill”, ossia quello dell’associazione che ogni anno dal 2012 ad oggi ha portato l’Alley Oop nella nostra città.
L’Alley Oop è un festival nato dalla voglia – e anche dalla necessità – di andare controcorrente, di scrostare quella grande menzogna dei giovani tutti uguali e svogliati: il nome stesso richiama una giocata spettacolare della pallacanestro, che permette di cogliere in contropiede l’avversario, lasciandolo stupito; così, anche quest’anno la nostra città avrà l’onore di raccontare nel proprio libro qualcosa fuori dalle righe.
In una giornata umida e calda, ho l’occasione di incontrare Marcello Casaroli e Antonella Pintozzi, due dei tanti giovani impegnati nell’organizzazione. Mi presento per un’intervista e, essendo la prima volta che ne faccio una, mi sento piacevolmente agitata: comincio impacciatamente a porre qualche domanda, e subito compatisco Antonella, anche lei volontaria proprio da quest’anno; Marcello è invece il capo di questo formicaio, ma brilla nei suoi occhi l’umiltà di chi sa di poter fare sempre meglio. Mi raccontano di come il festival si sviluppa su più fronti, di modo che sia vietato annoiarsi: all’ordine del giorno ci sono sport come il parkour, ancora non troppo diffuso, e la pallavolo, passando però per le rampe da skateboard e ancora musica, cibo, birra, mostre di quadri, battaglie a ritmo di rap e tante altre porte per mondi diversi, in grado di soddisfare anche le passioni più recluse. Elencare tutto ciò che è stato organizzato sarebbe impossibile e toglierebbe il gusto della sorpresa che ho avuto la fortuna di provare io mentre mi venivano enumerate le attività.
Antonella pratica proprio il parkour, cioè quello sport che consiste nell’eseguire un percorso, superando qualsiasi genere di ostacolo: giro il volto verso sinistra e vedo in fondo all’arena, che già mi immagino gremita di gente, l’allestimento per fare pratica. Ciò mi fa notare una cosa: una ragazza di 19 anni, con altri amici più o meno coetanei, ha portato una sua passione ad avere uno spazio concreto e un ritaglio di Festival, e ciò mi riempie di una sorta di speranza perché qui ognuno può proporre un’attività e contare sul fatto che troverà qualcun altro disposto ad impegnarsi nella sua concretizzazione.
Ad un certo punto, Marcello si accende una sigaretta e l’intervista diventa una consueta chiacchierata tra amici che condividono esperienze. L’aria che si respira è familiare: Marcello ha 31 anni, Antonella 19 e altri li riconosco anche di 17, ma qui c’è spazio per chiunque voglia lavorare (come volontario), al di là dell’età, delle passioni e dei gusti. Questo folto gruppo di piccole formiche si schiera sui gradoni dell’arena, di fronte ad un immenso spiazzo erboso; la sua vastità, ad ogni parola che giunge alle mie orecchie, sembra quasi ridimensionarsi, rendendo il Daturi uno spazio quasi claustrofobico per le idee dei ragazzi che invece galoppano libere. Tutti insieme ascoltano le regole del Festival, perché la maglietta dello STAFF bisogna guadagnarsela e qui sembrano saperlo tutti: sicuramente sono rigide, precise, ma nel mezzo trovano spazio anche le risate e soprattutto la voglia di costruire qualcosa di solido.
Dall’8 all’11 Giugno, ci aspettiamo un’ondata pacifica di giovani da più città, che Antonella e Marcello sperano di coinvolgere appieno anche grazie all’ingresso gratuito, molto raro ma che già rende l’idea dello scopo del Festival; sicuramente, per l’impegno che ognuno sta mettendo, sperano di riuscire a prolungare l’evento per tutta l’estate negli anni futuri.
Quando sono tornata a casa, ho pensato che forse un’intervista con botta e risposta non avrebbe reso a sufficienza ciò che avevo provato io. Questo festival ha una storia: la storia la fanno le azioni dei ragazzi, le loro idee, e questa merita di essere raccontata; forse, anzi sicuramente, stanno andando controcorrente, ma sembrano essere proprio sulla via giusta.
Francesca Gatti