curiosità
Cos’è una ragazza alla pari? L’esperienza di Eleonora, baby sitter a Madrid
Eleonora è una ragazza piacentina stanca, come tante coetanee, della «solita estate». Allora è partita per Madrid, come baby sitter. Il suo racconto
Solita estate in mezzo al cloro della piscina e all’umidità padana? No, grazie. Eleonora, ventenne piacentina di Mucinasso, iscritta all’indirizzo linguistico del Liceo Gioia, armata di valigia e dizionario, si è data alla fuga con l’intenzione di trascorrere un breve periodo all’estero. «Per caso, ho conosciuto l’opportunità di trasferirmi a Madrid come ragazza alla pari per un mese e mezzo», racconta Eleonora, «cioè un’assistente domestica che si occupa dell’accudimento dei bambini di una famiglia straniera». “Alla pari” nel vero senso della parola: la ragazza fa parte della famiglia a tutti gli effetti, mangia con i parenti e partecipa a viaggi e gite. Non è una semplice lavoratrice domestica.
Cosa ti ha spinto ad allontanarti da Piacenza?
«Ero stanca di trascorrere un’altra estate uguale, a tratti noiosa, fatta di meccanismi identici e ripetitivi. Avevo voglia di indipendenza, di ritmi nuovi. E sono stata accontentata: normalmente non curo i bambini…».
Perché hai scelto come meta la Spagna?
«Perché volevo apprendere meglio lo spagnolo, che già studio sui banchi scolastici, e imparare ad orientarmi in una città immensa. La capitale spagnola è gigantesca e splendida, ci sono troppe bellezze da vedere».
Quale attività svolgi, precisamente, a Madrid?
«Abito insieme a una famiglia venezualana, per la quale accudisco due bambini di 9 e 12 anni. Lavo i piatti, preparo la tavola e gioco con i figli».
Come funziona l’esperienza di ragazza alla pari dal punto di vista economico?
«Ho pagato il viaggio d’andata e di ritorno in aereo. Ricevo un piccolo compenso per il lavoro svolto, oltre al vitto e all’alloggio. Nella fase preliminare, ho dialogato con la famiglia tramite il web».
Come si svolge la tua giornata tipo?
«Mi sveglio alle 9 e preparo la colazione ai figli. Ognuno lava le proprie stoviglie, dopodiché studiamo tutti insieme la lingua italiana. I genitori hanno a cuore che imparino la nostra grammatica. Al pomeriggio, se c’è bel tempo, andiamo nella piscina condominiale, altrimenti giochiamo in casa. Mamma è papà fanno ritorno verso sera».
Eri preoccupata prima della partenza?
«Sì, temevo di non andare d’accordo con i bambini. Sono sincera: di solito non li sopporto. Inoltre avevo paura che si trattasse di una famiglia poco elastica, rigida, infastidita dalle mie abitudini. Ad esempio sono vegetariana, perciò non posso mangiare determinati piatti. Per non parlare della psicosi da attentato terroristico: Madrid è una metropoli europea e il rischio è alto. Invece, per ora, sembrano essere timori infondati».
Secondo te, per un piacentino all’estero qual è la difficoltà maggiore?
«Nel mio caso, l’orientamento. Madrid è enorme, ho paura di perdermi. Ma anche la lingua: lo spagnolo di tutti i giorni si discosta ampiamente da quello scolastico. Sostenere una lunga conversazione non è una passeggiata. Porto sempre con me una rubrica sulla quale mi appunto i vocaboli nuovi. Ovviamente ho aperto gli occhi sulle altre culture, migliorando il modo di relazionarmi con gli sconosciuti».
Quali differenze noti tra la famiglia venezualana/spagnola e quella italiana?
«Ci sono parecchie affinità. Un aspetto, però, le discosta: la ricerca – quasi maniacale – del rispetto. Ai bambini viene fatta notare in qualsiasi momento, puntualmente, una mancanza di rispetto. Al contrario, in Italia ogni giorno assisto a scene familiari dove i figli sovrastano i genitori».
Nel complesso, è stata davvero un’estate alternativa?
«Sì! A Piacenza vivo come una lucertola, costantemente al sole. A Madrid, oltre al lavoro, sto facendo la turista. Mi diverto soprattutto nel fine settimana, quando vado al cinema o a pranzo con i nonni e i cugini spagnoli».
Thomas Trenchi