curiosità
C’era una volta il Palio della Besurica. Ricordi d’altri tempi (non per forza passati)
Negli anni ’90 alla Besurica si svolgeva un divertente e spontaneo Palio delle Contrade: il quartiere era diviso in squadre, ma al tempo stesso unito e coeso. Foto, ricordi e un’idea: perché non riproporlo?
C’era un tempo, non troppo lontano (e non per forza passato), in cui nel quartiere Besurica si giocava all’aria aperta tutti insieme, si abbellivano le case, si cucivano i travestimenti, si costruivano grandi carri carnevaleschi, si organizzavano sfide di ogni tipo e si sfilava per le strade del rione. Si svolgeva, in altre parole, il Palio della Besurica, vero e proprio simbolo degli anni novanta per chi ha risieduto in questa zona della città. Sono poche, tuttavia, le informazioni ufficiali, ma tante le testimonianze di chi ha vissuto il palio in prima persona. I bambini di allora, che erano i protagonisti della manifestazione, rammentano tre edizioni dell’evento: dal 1989 al 1991.
Nel libro Sulla terra con un occhio al cielo, dedicato ai trascorsi della parrocchia di San Vittore alla Besurica, l’esperto di storia piacentina Ersilio Fausto Fiorentini scrive: “Tutto inizia nel 1989 per volontà di un gruppo di pionieri che realizzano anche il Palio delle contrade, una sorta di manifestazione storica in costume. Ovviamente è tutto inventato perché qui non c’è tradizione, né recente né antica, ma gli animi si infiammano ugualmente, e dopo qualche anno, anche per sedare le passioni dei contendenti, si decide di archiviare il Palio che, comunque, resta una parentesi lunga e importante nella storia del tempo libero di questa comunità”.
È bastato un rapido appello su Facebook indirizzato a residenti ed ex residenti del quartiere e, in men che non si dica, parecchie persone hanno rispolverato lo scrigno più prezioso: quello dei ricordi. Così, cucendo questo variegato mosaico di memorie, dettagli, suoni e colori, è nata una fedele ricostruzione del Palio della Besurica. «Era il periodo di una Besurica bella, tranquilla e senza pericoli», spiega Carmen Polledri, che ha ancora nel cuore «la grande sfilata in costume, rappresentativa delle contrade. Facevo parte dei legionari e portavo lo stendardo della mia fazione che ha vinto per due anni di fila. Il corteo era composto dal porta stendardo, dalla biga trainata da quattro volenterosi vestiti con le tinte degli avversari e da un carro con il re e la regina, seguito da legionari, ancelle e soldati romani. Agli angoli delle vie erano collocate le basi dove sostavano le guardie e nel giardino di via Faggi avevano allestito il campo con le tende».
Le contrade erano sei: i Legionari arancioni, i Draghi rossi, i Girasoli gialli, i Falchi della notte blu, i Bruchi (o “Bigatt”) bianchi e i Gatti verdi. «I preparativi iniziavano diversi giorni prima», afferma Jennj Bianchi, «nel mio condominio c’era una sala comune dove ci riunivamo per preparare gli striscioni in carta pesta. E poi si camminava per le vie della Besurica intonando cori e canzoncine. Si respirava un’atmosfera magica».
«Il Palio della Besurica ci permetteva di fare nuove amicizie», conferma Giancarlo Balordi, «si addobbavano i cancelli, i lampioni e i balconi con i colori di appartenenza e si partecipava a una serie di giochi sia per bambini che per adulti». Le attività principali, all’insegna della spensieratezza e – naturalmente – alimentate da una dose di sana competizione, consistevano nella corsa con i sacchi o con l’uovo, il tiro alla fune, la classica gara delle mele immerse nel secchio e l’albero della cuccagna. Si proseguiva con partite di rubabandiera, pallavolo o calcio. Si terminava con la parata finale, la messa e la benedizione. La valutazione della contrada vincente era frutto della somma dei punteggi raggiunti per sfilata, addobbi delle vie e vittorie nei giochi.
«Lunga vita ai gatti verdi!», esclama ancora a distanza di anni William Arata, «non ho mai capito perché non l’abbiano più organizzato. Si svolgeva in concomitanza della festa parrocchiale, agli inizi di giugno. La Besurica si trasformava, era piena di colori, divisa tra odio e amore. Di sabato ci davamo appuntamento davanti alla chiesa per le prove d’abilità: ogni squadra metteva in scena un’esibizione particolare, come un balletto o una scenetta. Spero che un giorno tutto ciò possa ripetersi per i nostri figli». «Ho vissuto la nascita del palio», continua Alessandra Bardetti, che svela un aneddoto curioso: «Avevamo poco materiale a disposizione, perfino la mia gonna era di carta crespa: a metà della marcia si ruppe e girammo praticamente in mutande».
Il quotidiano Libertà, in un articolo del 10 giugno 1991, riportava gli esiti della terza edizione: “Gran folla ieri al Palio della Besurica. La manifestazione ha visto ancora una volta una larga partecipazione di pubblico nel popoloso quartiere, per l’occasione impavesato con bandiere, festoni e nastri colorati (per agghindare le case ne sono stati stesi 100 chilometri assieme a cinquemila fiori di carta). Sei le contrade che hanno partecipato alla tenzone, vinta a pari merito dai Draghi Rossi e dai Legionari. Al secondo posto, sempre a pari merito, i Girasoli e i Bigatt, seguiti dai Falchi della notte e dai Gatti Verdi. Giochi di abilità e resistenza hanno visto protagonisti decine di bambini delle varie squadre. Il punteggio ottenuto nelle gare è servito per assegnare il palio, assieme ai voti dati dalla giuria alle coreografie della sfilata dei vari gruppi ed all’effetto scenico ottenuto con gli addobbi delle case. Tutto molto ben confezionato, cosa che non ha certo reso facile il lavoro della giuria composta da Anna Maria Chiodaroli, Claudio Zoni, Bruno Gatti, Anna Rocca, Antonio Colosimo, Roberto Cassinelli e presieduta dal parroco don Giuseppe Castelli. I Draghi Rossi, con nastri e fiori di carta, hanno abbellito le case che occupano la zona centrale della Besurica, mentre il premio per la miglior coreografia è stato attribuito ai Legionari, che coi loro abiti da antichi romani hanno fatto la parte del leone, nonostante, a detta dei giurati, tutte le contrade abbiano meritato di vincere questo premio. Molto ammirato un drago di stoffa lungo una ventina di metri realizzato dai “rossi”, così come il carro ispirato agli indiani d’America su cui hanno sfilato i bambini dei “falchi”. I festeggiamenti si sono conclusi a sera col lancio di un migliaio di palloncini colorati in segno di amicizia. Non sono mancati i chioschi gastronomici per la cena all’aperto ed il tradizionale ballo liscio”.
Insomma, c’era una volta il Palio della Besurica, anzi dell’Antica Besurica: quando per un attimo si lasciavano da parte i formalismi e si innalzava un unico spirito collettivo. C’era una volta una manifestazione condivisa e sincera, che forse è un errore vincolare al tempo passato.
Thomas Trenchi