sport
Calcio inglese, piacentini in trasferta a Londra: «È una lotta tra business e tradizione»
Le note di viaggio di Piero Trenchi, tifoso del West Ham, reduce da una trasferta all’insegna del football in terra inglese con altri tre piacentini. Da Lotus Road all’Olympic Stadium, dalla saracinesca abbassata dei pub storici al “Dio denaro” che avanza, a Londra è in atto una guerra tra business e tradizione.
Friday 29 September 7.45 Pm • Loftus Road • Queens Park Rangers-Fulham (1-2)
Sulla Tube (la metropolitana di Londra. ndr) diretta a White City si vedono i tifosi locali con l’inconfondibile maglietta a strisce bianche e blu. Chiediamo informazioni a un ragazzo, il quale molto gentilmente ci porta nei pressi di Loftus Road, lo stadio del Queens Park Rangers. Il percorso interno è affascinante: vicoli tra case in mattone e odore di salamella nell’aria.
Entro nello stand (tribuna. ndr) più vecchio e mi siedo praticamente in campo: potrei parlare con l’allenatore Ian Halloway, un personaggio pittoresco. La presenza dei tifosi ospiti è massiccia e i cori creano un atmosfera fantastica. Il match è intenso. I giocatori di casa sono poco tecnici, ma pronti a dare tutto per vincere: provano a ribaltare il risultato, ma non ci riescono. Ai gol dei Cottagers – cioè i giocatori del Fulham – il boato è da brividi e nei minuti di recupero si vivono momenti intensi, di vero calcio inglese. Il tifoso del QPR vicino a noi è abbattuto, ma ci saluta come se ci conoscesse da sempre. Sicuramente sta già pensando alla prossima partita. Loftus Road sarà la prossima vittima predestinata in nome del calcio moderno e commerciale che ormai a Londra è dominante: tutto viene fatto nel nome del Dio denaro, non c’è più spazio per uno stadio stretto e poco comodo. Siamo sicuri che questa sia la strada giusta? Addio Loftus Road, riposa in pace!
30 September 2017 11 am • East London • Next Station is Upton Park
Non sento l’odore di salamella, quando entro in Green Street (la via dove si trovava il Boleyn Ground, il vecchio stadio del West Ham. ndr). Non vedo nessuno fuori dal Queens, lo storico pub degli Hammers. Mi dirigo verso il luogo del delitto: nessuna traccia del Boleyn Ground, nessun rispetto per la sua storia. Ci sono solo immagini di residence che verranno venduti a prezzi folli, fregandosene delle emozioni che hanno attraversato questo lembo di terra. Entro nel pub per ordinare una Foster’s, ma mi ritrovo da solo a ripensare ai canti che riecheggiavano per tutta Green Street nel giorno del match. È tutto finito! Nello scempio totale i bastardi hanno risparmiato un angolo verde con le dediche per i tifosi deceduti e una scritta sul muro, Long Live The Boleyn, “lunga vita al Boleyn”, che resterà per sempre impressa nella nostra anima. Il viaggio verso l’inferno è terminato, ma l’anima di Upton Park non morirà mai.
Saturday 30 September 3 pm • Queen Elizabeth Olympic Park • WHU-Swansea (1-0)
Scendo a Mile End e inizio a perlustrare la zona per capire se l’anima Hammer si è trasferita nella zona dove sorge il nuovo stadio. Lungo la strada verso l’Olympic Stadium, nel quartiere di Stratford, si avverte che l’aria è cambiata: tutto è più organizzato, pulito e ordinato. Dentro al negozio ufficiale si compra qualsiasi prodotto e i pub storici sono stati rimpiazzati da alcuni chioschi ambulanti. Bevo una Foster’s, mangio un hamburger e osservo le famiglie che giocano nel parco: si tratta di una folla mista di 60mila persone che si gode una tranquilla giornata di sport.
Il lavoro di trasformazione di un impianto dedicato all’atletica in uno stadio di calcio inglese è stato notevole. La visibilità è ottima, oltre le mie (pessime) aspettative.
Parte I’m Forever Blowing Bubbles (l’inno del West Ham. ndr) e i tifosi cantano come ai bei tempi del Boleyn Ground, la struttura con 112 anni di storia demolita per far posto a un complesso di appartamenti. Gli altri cori invece faticano a essere intonati, complice una gara deludente e la distanza notevole tra le varie tribune composte a blocchi.
Al termine della partita, la gente si riversa nel centro commerciale Westfield, accalcandosi per mangiare e acquistare all’impazzata. Abbiamo vinto e siamo felici, ma la mia impressione è che i presenti siano venuti a godersi uno spettacolo per trascorrere un pomeriggio in piena tranquillità. Niente da aggiungere, se non una frase che mi rimbomba nella testa: Long Live The Boleyn!
Piero Trenchi