curiosità
Il saltimbanco di via Manfredi si racconta: «Con la mia passione cerco la libertà»
Una chiacchierata con il saltimbanco di via Manfredi: «Amo la libertà, poter scegliere ogni giorno il mio palcoscenico. Non voglio dipendere da un padrone o dal business».
«Mi chiamo Martin, ma non importa: il mio nome puoi inventarlo». Per il saltimbanco di via Manfredi, le lettere incise sulla carta d’identità sono solo una formalità. Preferisce andare dritto al sodo: «La mia grande passione è la giocoleria. Giro l’Europa in treno per fare spettacoli sulle strade, la settimana scorsa ero a Berlino e domani andrò a Milano. Provengo da Barcellona, sono iscritto a una scuola circense in Spagna, ma non voglio entrare a far parte di una compagnia: amo la libertà, poter scegliere ogni giorno il mio palcoscenico. Non voglio dipendere da un padrone o dal business».
Ha la barba incolta, i pantaloni larghi, una maglietta rossa e un baschetto sulla testa che – alla fine delle acrobazie – si trasforma nel botteghino mobile per riscuotere qualche spicciolo. «Ma solo chi vuole può darmi una moneta», specifica Martin, «non sono un accattone, ma un artista di strada. Sono le persone, spesso, a chiedermi di avvicinarmi al finestrino dell’auto per lasciarmi un’offerta. Non sono insistente e non voglio infastidire. Quando mi premiano, è una loro scelta: questa per me è una soddisfazione enorme».
Sulle spalle porta uno zaino pieno di clave, cerchi, palline e birilli: l’attrezzatura da giocoliere. «Se non mi piacesse, non lo farei», ribadisce Martin, che grazie ai soldi lasciati dai passanti riesce a pagare vitto e alloggio di città in città. «È il mio mestiere. Inizialmente ho preso appunti dagli artisti più esperti e ho cominciato ad esercitarmi da solo. Il semaforo è il campo d’allenamento più efficace: posso ripetere e variare l’esercizio, in tempi stretti e concisi. In giro per il mondo ci sono giocolieri che si destreggiano in maniera incredibile. Dormo negli ostelli o presso le abitazioni di alcuni amici. Cerco di assaggiare i piatti tipici delle località in cui sosto».
In autunno e in primavera ritorna nella Penisola Iberica, dove frequenta il “Centre de les Arts del Circ Rogelio Rivel”, un istituto professionale di formazione circense per i giovani dai 16 ai 25 anni. «Durante l’attentato terroristico di quest’estate mi trovavo a Verona. Praticamente non sono mai stato sulle Ramblas, vi circolano esclusivamente i turisti. In più, lì ci sono numerosi divieti per gli artisti di strada».
«A Piacenza, invece, c’è una bella atmosfera, le persone rimangono stupite dalle mie abilità, che sono una novità in questa città. Tuttavia, non ci abiterei mai: è troppo piccola, priva di divertimento. L’anno prossimo vorrei partecipare al Bascherdeis di Vernasca», prosegue Martin, che si posiziona sempre sulle strisce pedonali dell’incrocio tra via Manfredi e via Don Minzoni. Proprio come il palcoscenico d’asfalto che ha scelto, anche lui rappresenta un’intersezione: di culture, di lingue e di esperienze. Non parla italiano, lo capisce a malapena; si esprime meglio in inglese, conosce perfettamente lo spagnolo e la sua lingua madre è il catalano. Quando scatta il rosso sul semaforo, Martin si butta in mezzo alla carreggiata e comincia a lanciare in aria – tra giravolte e piroette – qualsiasi oggetto. Attraverso i parabrezza delle macchine, sono ben visibili i sorrisi e le espressioni di stupore.
Non manca l’ideale romanzesco che giustifica la sua attività e alimenta la sua passione: «Combatto la noia e rompo la monotonia dei lavoratori che al mattino, mentre si recano in azienda o in ufficio, percorrono assiduamente lo stesso tragitto e si fermano nel medesimo punto, attendendo il via libera del segnale luminoso verde. A modo mio – perché no – regalo una sorpresa e miglioro la giornata dei piacentini».
Thomas Trenchi