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Letizia Bravi e Leonardo Lidi: «Il teatro a Piacenza è immobile, ma una rinascita è possibile»

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«Arrivo subito». Ma già lo sapevo: mai fidarsi degli artisti. Letizia appare dopo venti minuti proprio quando stavo per stramaledirla in mezzo alla strada. «Hai aspettato molto?». Ma no, le rispondo. D’altronde, per una buona intervista serve creare empatia. Poi mi accompagna all’interno del Teatro dei Filodrammatici, dove ha avuto le prove fino a poco prima. «Voi qui stasera? Quale sala? No, allora io iniziare da sopra». Chi è quella signora? chiedo. «Il direttore artistico» risponde Leonardo. In realtà è la donna delle pulizie, la battuta è buona. Il clima ideale per fare due chiacchiere e cercare di conoscere meglio forse i due talenti più in ascesa del panorama piacentino, ma che si stanno mettendo in luce anche a livello nazionale.

Avremo la possibilità di vederli in scena domenica 22 ottobre dalle 21, all’auditorium della Fondazione di Piacenza e Vigevano nell’ambito di Pulcheria, impegnati nelle letture con protagonista Norma Jean, per tutti Marilyn Monroe. Un personaggio famosissimo, icona senza epoca, ma nello stesso tempo controverso e che presenta una miriade di sfaccettature molto attuali.

Letizia Bravi e Leonardo Lidi hanno deciso di affrontare il rapporto con il talento della diva, che da sempre è apparsa sola, malinconica, insicura, infastidita dallo star system, ma per nulla frivola o priva di capacità intellettuali. E noi di scavare nel loro rapporto con le doti che madre natura gli ha donato e quelle che invece si sono guadagnati sul campo, il rapporto con il teatro e la città dove hanno mosso i primi passi.

Una scelta impegnativa quella di prendere in esame Marilyn. Da cosa nasce questa necessità?

Leonardo: «Pulcheria si basa questo, quindi era interessante capire il suo rapporto con il talento. Si è parlato tanto del suo essere attrice, della voglia di emergere, di sentirsi sempre più brava. Anche in relazione al mondo cinematografico, con i maestri dell’epoca, da Strasberg a Truman Capote. Quindi vogliamo soffermarci, non tanto sull’etichetta di Marylin, che la precede sempre, ma sul contenuto della sua vita professionale, che si intreccia con quella privata. La domanda che ci si pone è: il talento ce l’hai quando nasci o lo acquisisci? Ci sembrava il personaggio più affascinante».

Letizia: «E anche il personaggio più coerente. Mi sono appena riletta i suoi diari e sono molto significativi. Era una donna che desiderava ardentemente migliorarsi. Tutta la sua vita sembrava ruotare intorno agli Actors Studio più che ai film. Ha persino rifiutato importanti pellicole ma che l’avrebbero ulteriormente etichettata. Mi piace pensare che alla fine è riuscita a riscattarsi in qualche modo».

Forse anche la bellezza, per lei, è stata una fortuna ma anche una condanna. 

Leonardo: «Il discorso è difficile, perché si va a toccare il rapporto delle donne con gli uomini di potere, molto attuale. E lei ha portato avanti un percorso poco organizzato. Di schegge. Strasberg arrivò a dire: “Era solo all’inizio, sarebbe diventata un’ottima attrice di teatro”. E lo dice lei stessa. Era nel pieno di ogni ragionamento».

Letizia: «Da un lato non voleva solo essere l’icona seducente. Dall’altro, sicuramente lei era così e non poteva prescindere dal fatto di essere tremendamente magnifica».

Veniamo a voi. Qual è il vostro rapporto con il talento?

Leonardo: «A livello di recitazione devo lavorare veramente tanto per raggiungere l’obiettivo, a livello di regia invece credo di avere un talento. Perché credo possa essere un’ottica con cui puoi nascere. A parte me, comunque, se non c’è uno studio continuo ogni strada è veramente in salita».

Letizia: «Io non ci penso. Ho provato a fare qualcosa e ho notato che funzionava. Ma non mi dico: ho talento. Comunque ha ragione Leonardo, non puoi pensare di smettere di studiare, anche se esci da un’accademia o hai raggiunto certi risultati».

E il vostro rapporto con Piacenza? Ve lo chiedo perché, nonostante abbiate avuto notevoli esperienze esterne, non mancate mai di tornare a impegnarvi nella vostra città natale.  Come mai?

Leonardo: «E’ una domanda che mi faccio spesso. A volte sono convinto a volte meno. Ma una casa ci vuole, come diceva Pavese. Questo poi comporta che ti devi rapportare con un pubblico di persone, un gruppo che continua a venire, a partecipare, quindi un voler andare avanti insieme. Nello stesso tempo non ci si può incatenare. Bisogna capire se la città vuole te. Ma è vero che è più facile che mi chiamino da fuori. Il rapporto con i piacentini è molto bello, quello con il teatro complicato».

Letizia: «Intanto amo la provincia. Non mi sono mai posta la domanda. A me piace farlo dove ho iniziato. Non penso di fare qualcosa perché è giusto per il panorama di questa città. E’ bello comunque che la gente recepisca qualcosa che portiamo da fuori. Da Crozza, per esempio, è nato il Satiri di Storie Festival. Mi sento parte di questa città e quindi provo a portare qualcosa e vedere che riscontro ha. Paradossalmente, da quando mi sono diplomata al Piccolo mi sento più legata a questa città. E la sto scoprendo, anche attraverso i ragazzi del Fai con le aperture di luoghi magnifici. In realtà è come se i due aspetti si fossero alimentati a vicenda».

A livello teatrale si potrebbe fare meglio? Vi chiamano meno di quel che vorreste?

Leonardo: «Io avrei questa volontà, ma non mi piace autoproclamarmi. Ma collaborare con i teatri. Se mi chiamano vado. E poi tendo a fare una divisione tra me e il teatro. Con me i piacentini sono stati molto generosi. Perché ero un ragazzino, facevo gli spettacoli nei negozi, li abbiamo riempiti perché la gente aveva voglia di qualcosa. Mi sento molto grato e spero di dare indietro qualcosa, forse qualcosa ho già dato. Ma Piacenza a livello teatrale è immobile. Non lo dico per criticare ma per avanzare. Credo sia giusto riconoscerlo, nonostante io faccia parte di questo ambiente. Ci si guarda allo specchio per migliorarsi».

Letizia: «Il nostro lavoro è questo, ci chiamano e andiamo. Per me la sensazione, soprattutto nell’ultimo anno, è cambiata. Mi sembra sia aumentato l’interesse. Non dico un risveglio ma qualcosa in più. Poi circa la generosità della città, non mi sento di poter parlarne male, perché ho finito 10 giorni fa un progetto con Teatro Gioco Vita ed è stata la prima volta, ma c’era già un rapporto. Noi facciamo questo mestiere a livello professionale, quindi vorrebbe dire avere lavori del genere ogni mese. Vedremo anche l’operato della nuova giunta. Certo, di strada da fare ce n’è ancora tanta per arrivare, non dico a livello di Milano o Roma, ma anche solo Torino».

E il rapporto tra voi com’è nato?

Letizia: «Mi sarebbe sempre piaciuto partecipare a Pulcheria e con Leonardo era un po’ che volevo collaborare. Rispetto al lavoro attuale, la cosa importante era che non diventasse una celebrazione di Marylin, ma un modo per dare voce a dei pensieri suoi, che facciano capire com’era percepita, quindi su un discorso più organico».

Leonardo: «Da Letizia, è stata lei a convocarmi e l’ho apprezzato. Perché in realtà è interessante lanciare tante possibilità di collaborazione. Credo anche che sia necessario rinnovare le collaborazioni e gli interessi. Di solito non lavoro sempre con i soliti attori. E poi Letizia è un’attrice molto in gamba e sono contento di partecipare. In più è un progetto che non si chiude a un discorso del talento femminile, tipo: siamo donne oltre alle gambe c’è di più. Che è il rischio di quando si parla del talento per genere».

Una curiosità, c’è qualcosa che odiate del teatro?

Letizia: «Sì, non mi piace quando non ho la sensazione di aver visto uno spettacolo onesto. Oppure quando non percepisco il coraggio di una scelta».

Leonardo: «Odiare forse è troppo. Ma in generale non mi piace la volontà di non avanzare in funzione a ciò che piace al pubblico. Non mi ritengo un complicato, se una cosa funziona è giusto portarla avanti, ma non mi piace chi si siede sulle cose fatte nel passato e non sopporto chi non studia. Io studio tutto il giorno per fare questo lavoro. E sono molto critico verso chi, invece di studiare con una visione in avanti si ricorda cosa ha fatto in passato».

Come chiudiamo?

Leonardo: «Invitiamo tutti a partecipare».

Letizia: «Sì e con un augurio: speriamo che ci sia il coraggio e la volontà di fare scelte sempre più azzardate. Come Leonardo quando recitava nelle cucine dei negozi, oppure noi che abbiamo fatto teatro diffuso per la città e alcuni mi dicevano: vedrai che i piacentini non verranno. Invece sono stati molti. Ci sono tante cose che si potrebbero fare in questa città, ma dovrebbero anche essere finanziate».

Gianmarco Aimi

Muove i primi passi alla Cronaca e dopo un anno passa alla Libertà. Nel frattempo entra nella redazione di Radio Sound. Da sei anni collabora con il Fatto Quotidiano e attualmente dirige le riviste Soccer Illustrate e Sport Tribune, oltre a essere tra i contributors di Riders magazine.