curiosità
Multe ai giovani calciatori intransigenti. Ma serve davvero a educare?
Rigore e rispetto, oppure si paga. Una società calcistica piacentina ha deciso di introdurre un listino di multe per chi non s’attiene a determinate regole. Nella stagione 2017/2018, gli allievi e gli juniores regionali dovranno fare attenzione alle “Regole del salvadanaio” diramate dall’allenatore di questa compagine: sanzione di 3 euro per un ritardo senza preavviso, 5 euro per assenza senza preavviso, 3 euro in caso d’inizio dell’allenamento calciando il pallone senza riscaldamento, 3 euro per l’utilizzo non concordato di abbigliamento non societario, 5 euro quando si riceve durante la partita un’ammonizione per protesta, reazione o bestemmia, 10 euro se l’arbitro estrae il cartellino rosso. Infine, i giocatori che fumano negli spogliatoi devono pagare 5 euro. “Tutte le regole precedenti”, si legge nel documento distribuito ai ragazzi, “sono applicate anche al settore dirigenziale e tecnico con maggiorazione del 100%”.
Ma fino a che punto la sanzione ha valore educativo?
«La sanzione non permette di imparare, anzi: disinveste sull’autonomia dell’individuo», chiarisce Paolo Ragusa, responsabile della formazione e counselor del CPP, istituto specializzato nella gestione dei conflitti e nei processi di cambiamento. «In questa fase adolescenziale è preferibile un aspetto negoziale – prosegue Ragusa -, altrimenti i ragazzi non impareranno ad assumersi le proprie responsabilità, pensando che un errore sia risolvibile pagando qualche spicciolo».
Per Daniele Novara punire non serve a nulla…
Anche il pedagogista piacentino Daniele Novara nel suo libro “Punire non serve a nulla” affronta la questione, facilmente traducibile nel contesto sportivo, che rappresenta un’opportunità di aggregazione, condivisione e sviluppo della capacità di fare gruppo. «Punire non ha nulla a che fare con l’educazione. Le punizioni sono elementi estranei ai processi educativi: che siano fisiche, simboliche, dimostrative o quant’altro, non hanno alcuna chance di favorire davvero la crescita, la responsabilizzazione o l’autonomia. […] È meglio cercare di educare bene che trovare la punizione perfetta. […] Anche a scuola le punizioni sopperiscono a una valida organizzazione – scrive Daniele Novara -. Certamente dipende da insegnante a insegnante, dalla tipologia di scuola stessa, ma l’Italia su questo fronte si muove a passo molto lento. […] La convinzione che l’alunno possa capire e apprendere le regole solo espiando con castighi e sgridate è ancora ben radicata e crea continui cortocircuiti dal punto di vista organizzativo».
Thomas Trenchi