Seguici su

politica

Adriana Janku: «Sono albanese e milito nella Lega Nord»

Pubblicato il

«Bisogna fermare i clandestini e ridare decoro urbano alla nostra città». Sono parole all’ordine del giorno per un militante leghista e per il messaggio politico “salviniano”. Risaltano, però, perché a pronunciarle è Adriana Janku, nata quarantotto anni fa a Tirana, la capitale dell’Albania.

«Sono in Italia da 25 anni, ho sempre sostenuto la Lega Nord. Anche dal Lazio, dove vivevo in passato, tifavo per Umberto Bossi. Condivido la sua visione sull’immigrazione, da regolamentare assolutamente», racconta Adriana con un evidente accento dell’Est. «Da 4 anni sono socia-sostenitrice del Movimento. Mi sono tesserata nella sezione cittadina del Carroccio e partecipo con convinzione agli appuntamenti politici piacentini».

Cosa ti ha convinto degli slogan leghisti sull’immigrazione?

«La condanna agli irregolari: sul territorio deve restare chi lavora, chi accetta la cultura ospitante e chi è disposto anche a fare un passo indietro di fronte ai contribuenti italiani. Gli stranieri che rispettano la legge sono benaccetti».

Anche gli albanesi venticinque anni fa sono arrivati in massa sulle coste italiane.

«Sì, è vero. Andavano bloccati e regolamentati».

Tu come sei arrivata in Italia?

«Da turista, ho raggiunto mio fratello. Non ero una clandestina. Ho cercato casa nella Penisola appena ho trovato un posto di lavoro».

Ti sei mai sentita discriminata?

«No, mai! Anzi, sono stata accolta molto bene. Gli italiani sono troppo buoni. E a proposito della militanza nella Lega Nord, ricordo con emozione il mio primo raduno sul prato di Pontida. All’inizio gli altri sostenitori erano intimoriti, quando parlo infatti si capisce che non sono italiana. Ma poi mi hanno abbracciato tutti, chiamandomi “sorella”».

E all’interno della comunità albanese hanno accettato il tuo appoggio al Carroccio?

«Ho avuto alcuni problemi e parecchi commenti negativi. In pochi comprendono le mie idee. Ho due nipoti che vivono da tanti anni a Roma. Quello più piccolo mi ha chiesto come faccio a seguire la Lega Nord, un partito razzista. Non è vero, è un’analisi superficiale».

Da sinistra: il consigliere regionale Matteo Rancan, la tesserata Adriana Janku e il segretario Matteo Salvini

Cosa non condividi del pensiero leghista?

«Non mi piace l’attacco alle religioni. In Albania la maggioranza delle persone è mussulmana. I miei genitori erano mussulmani, ma non mi hanno mai inculcato input di odio o superiorità. Mi raccomandavano di rispettare tutte le fedi. I mussulmani non sono per forza terroristi. Ma al tempo stesso sono contraria alla costruzione di nuove moschee: quando si viene in Italia, dove si pratica il cattolicesimo, bisogna rispettare la tradizione già presente».

Che significato ha la parola integrazione?

«Integrazione vuol dire accettare gli usi e i costumi italiani. A casa mia cucino i pasti italiani, per esempio. Altri albanesi, al contrario, guardano le televisioni dell’Est, spediscono lo stipendio nel loro Paese, si incontrano solo tra loro e si ghettizzano. Quando leggo sui giornali le notizie che riguardano gli spacciatori albanesi, mi vergogno. Non si può comunque fare di tutta l’erba un fascio – del tipo: gli italiani sono mafiosi -, perché ognuno risponde di se stesso».

Immagino che tu sia contro lo Ius Soli…

«Certamente, non deve essere approvato. Io ho richiesto la cittadinanza dopo vent’anni di residenza in Italia. Mio figlio si sente italiano al cento per cento, ma io gli ho fatto notare che non deve considerarsi alla pari di chi ha le radici in questo Paese. Ultimamente sto cercando un impiego. Se dovessero dirmi che ci sono tanti italiani pronti ad averlo al mio posto, alzerei le mani in alto: prima loro».

Il centrodestra ora è al governo della città. Cosa ti auguri?

«Spero che si realizzino le promesse della campagna elettorale. Come militante del Movimento, mi aspettavo che ci fossero più esponenti leghisti in Giunta. E auspicavo fin da subito una forte intransigenza verso il bivacco, gli accattoni e gli abusivi. Avranno tempo per rifarsi».

Thomas Trenchi

Classe 1998, giornalista professionista dell'emittente televisiva Telelibertà e del sito web Liberta.it. Collaboratore del quotidiano Libertà. Podcaster per Liberta.it con la rubrica di viaggi “Un passo nel mondo” e quella d’attualità “Giù la mascherina” insieme al collega Marcello Pollastri, fruibili anche sulle piattaforme Spreaker e Spotify; altri podcast: “Pandemia - Due anni di Covid” e un focus sull’omicidio di via Degani nella rubrica “Ombre”. In passato, ideatore di Sportello Quotidiano, blog d'approfondimento sull’attualità piacentina. Ha realizzato anche alcuni servizi per il settimanale d'informazione Corriere Padano. Co-fondatore di Gioia Web Radio, la prima emittente liceale a Piacenza. Creatore del documentario amatoriale "Avevamo Paura - Memorie di guerra di Bruna Bongiorni” e co-creatore di "Eravamo come morti - Testimonianza di Enrico Malacalza, internato nel lager di Stutthof". Co-autore di “#Torre Sindaco - Storia dell’uomo che promise un vulcano a Piacenza” (Papero Editore, 2017) e autore di "La Pellegrina - Storie dalla casa accoglienza Don Venturini" (Papero Editore, 2018). Nel maggio del 2022, insieme ai colleghi Marcello Pollastri e Andrea Pasquali, ha curato il libro-reportage "Ucraina, la catena che ci unisce", dopo alcuni giorni trascorsi nelle zone di guerra ed emergenza umanitaria. Il volume è stato pubblicato da Editoriale Libertà con il quotidiano in edicola. Ecco alcuni speciali tv curati per Telelibertà: "I piacentini di Londra" per raccontare il fenomeno dell'emigrazione dei piacentini in Inghilterra nel secondo dopoguerra, con immagini, testi e interviste in occasione della festa della comunità piacentina nella capitale britannica dal 17 al 19 maggio 2019; “I presepi piacentini nel Natale del Covid”; “La vita oltre il Covid” con interviste a due piacentini guariti dall’infezione da Coronavirus dopo dure ed estenuanti settimane di ricovero in ospedale; il reportage “La scuola finlandese” negli istituti di Kauttua ed Eura in Finlandia.