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Violenza sulle donne, Cipm Emilia: «Uomini, smettere è possibile». Ecco come
Sarà una Giornata contro la violenza sulle donne particolare, quella che si celebrerà oggi, 25 novembre 2017. Perché il caso Weinstein sembra aver aperto una breccia nuova nel rapporto tra uomo e donna. Non si è più parlato solo di violenza, ma di molestie, perpetrate in vari modi e forme. Ma non bisogna mai dimenticarsi che, nonostante il dibattito giustamente prosegue, una donna su tre, nel corso della vita, avrà un’esperienza di violenza fisica o psicologica. Accade, purtroppo, in ogni parte del mondo, in tempo di guerra o di pace. A casa, a scuola, al lavoro, per strada, su internet o in un campo rifugiati.
La violenza sulle donne è ancora oggi “normalized” e “unpunished”. Lo ha affermato l’Onu, ricordando che l’anniversario della Giornata Internazionale contro la violenza sulle donne è anche un monito a raggiungere al più presto uno dei più importanti Obiettivi di Sviluppo Sostenibile: non lasciare più indietro nessuna, mettendo fine alla violenza.
Per approfondire il tema, che appare sconfinato nonostante i passi da gigante compiuti negli ultimi decenni, abbiamo intervistato la presidentessa del CIPM EMILIA (Centro Italiano per la Promozione della Mediazione), la professoressa Silvia Merli, che da anni lavora sul campo, non solo con donne vittime di violenza ma soprattutto con uomini violenti e che, in alcuni casi, riconoscono di avere un problema e cercano di farsi aiutare.
Cosa rappresenta per voi la Giornata contro la violenza sulle donne?
«Un momento per ricordare quello che andrebbe ricordato sempre. Perché purtroppo è un problema presente tutto l’anno. A Piacenza lavoriamo in particolare con gli autori di reato sulle donne e sui minori, che spesso vengono dimenticati».
A tal proposito è stato un anno in cui, soprattutto negli ultimi mesi, si è aperto un dibattito che ha coinvolto tutto il mondo dal caso Weinstein in poi. Secondo lei servirà a smuovere le coscienze?
«Bisogna capire. Intanto speriamo possa servire. Il fatto che se ne parli ha dei lati positivi, visto che potrebbe spingere a provvedimenti legislativi. Ma bisogna stare attenti a come se ne parla. Quando viene portato al dibattito un argomento così delicato, anche persone non formate sulla tematica intervengono in modo non del tutto professionale. Non deve diventare una moda. Sono argomenti che devono essere affrontati con professionalità. Sia nel momento di ascolto che di intervento».
Gli uomini ormai si chiedono quale sia il limite tra avances e molestie?
«La volontà dell’altro. Quando si va oltre, a quel punto si passa alla molestia. Che non è solo fisica, ma anche via cellulare, con chiamate, sms o il web. Se una persona non è interessata a queste attenzioni e lo fa capire esplicitamente, l’avere continuamente delle sollecitazioni può essere molto fastidioso. E poi è possibile prenda pieghe pericolose. Si configura come una oppressione».
Al vostro Centro non si presentano solo donne, ma anche uomini che chiedono di essere aiutati perché riconoscono un problema. E cioè l’essere delle persone violente, verso le donne o i minori. Come arrivano da voi?
«Possono arrivare su prescrizione del giudice, quindi obbligati a un percorso trattamentale, oppure, anche se più raro, con un accesso spontaneo. E’ accaduto a Piacenza che una coppia venisse da noi, con il marito spinto dalla moglie che voleva mantenere il rapporto ma non sopportava più le sue angherie. Non si può dire che l’uomo abbia risolto definitivamente il problema, come in altri casi, ma aiutiamo a gestire gli impulsi. Cioè quando stanno per compiere l’atto violento si attivano dei campanelli d’allarme. E’ un lavoro di conoscenza, individuale per ogni persona in base alle problematiche. Poi prosegue un percorso continuo, in gruppo, con gli utenti che rientrano in quello che definiamo “circolo di sostegno di responsabilità”, cioè seguiti da volontari in grado di monitorarne il percorso. Gli accessi spontanei sono pochi e all’inizio gli uomini sono dei negatori totali della violenza, ma piano piano si rendono conto di avere un problema. L’aspetto positivo è che tutti quelli che hanno iniziato la terapia poi la hanno continuata. Anzi, sono molto spesso loro a chiamare per chiedere consigli e supporto. E questa è la parte più positiva».
Avete fatto corsi persino nell’ambito sportivo. Come mai?
«Attraverso un progetto di formazione, visto che spesso sono soggetti che vengono a contatto con tanti bambini, ma anche mamme. E quindi sono persone che possono venire a conoscenza di episodi di violenza. Prima non sapevano come reagire. Ora, anche grazie alla Provincia di Piacenza e a Telefono Rosa, gli allenatori sanno come comportarsi in certi casi. Un po’ come nelle scuole con maestre e maestri».
Cosa si sente di dire a una donna che subisce violenza ma non ha ancora deciso di denunciare?
«E’ difficile da spiegare. Di solito non si dice niente. E’ la donna che deve trovare la motivazione per chiedere aiuto. Noi diciamo sempre: non si può obbligare nessuno a chiedere aiuto, perché sarebbe una forzatura. Quindi, più che altro mi sento di assicurare che dopo un percorso del genere c’è sicuramente la possibilità di un cambiamento, sia per la donna che per l’uomo. Anche perché alla base è quasi sempre presente una difficoltà nella gestione degli impulsi dell’aggressività. Per cui dare degli strumenti per avere abilità relazionali aiuta le persone a non rimettere in atto quei comportamenti che li portano a episodi di violenza».
Le iniziative contro la violenza sulle donne a Piacenza, con un reading in Provincia, conferenza stampa in Municipio e tanto altro.
Reading di storie vere di violenza. Questo il titolo dell’evento che mercoledì 22 novembre, dalle 16 alle 18 presso la sala del Consiglio provinciale, aprirà le iniziative in programma nell’approssimarsi della Giornata internazionale contro la violenza sulle donne. Il calendario completo degli appuntamenti sarà illustrato sempre domani, alle 12, nel corso di una conferenza stampa in Municipio, ma già poche ore più tardi si terrà il reading proposto dalle associazioni Protezione della Giovane, Cif, Casa del Fanciullo, Le Mani tra le nuvole, Arcobaleno, Coordinamento donne Cisal e Centro di pronto intervento Minori.
Quattro gli “atti” che animeranno l’aula consiliare della Provincia, anche con accompagnamento musicale. Il primo si incentrerà sulle testimonianze di tre donne richiedenti asilo, accolte presso la Protezione della Giovane, le cui storie parlano di una guerra in cui troppo spesso il corpo femminile è campo di battaglia. Il secondo riporterà invece il dialogo tra un bambino vittima di violenza assistita, accolto presso la Casa del Fanciullo, e il suo educatore. Il terzo momento vedrà protagonisti due uomini che, dopo aver compiuto reati contro le donne, hanno intrapreso un percorso presso il Centro italiano di Promozione della Mediazione. A concludere la serie di racconti, la testimonianza di un’altra giovane richiedente asilo che ha trovato ospitalità presso la Protezione della Giovane e quella di una donna vittima di maltrattamenti familiari, aiutata dalla Onlus Arcobaleno.
A dare voce a queste figure, cui saranno attribuiti nomi di fantasia, interverranno cittadini e appartenenti ad alcune delle realtà organizzatrici. L’accompagnamento musicale sarà affidato al Maestro Francesco Castagna, diplomatosi nel 2014 in mandolino al Conservatorio di Milano “G.Verdi”, a sua volta volontario dell’Associazione Mani tra le Nuvole Onlus. Contestualmente, nella Sala consiliare sarà esposta l’opera “Donna”, risultato di un ciclo di laboratori promossi dall’Associazione Mani tra le Nuvole Onlus, che nel febbraio 2017 hanno coinvolto i ragazzi di Spazio Belleville e del Centro provinciale per l’Istruzione degli adulti di Piacenza.
Gianmarco Aimi