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Miriam Palumbo (SULPL): «Spray urticante e cane antidroga per la Polizia municipale»
«Vergante era partito alla grande, ma poi qualcosa si è incrinato con l’amministrazione comunale». È quanto registra dal proprio punto d’osservazione l’agente della Polizia locale Miriam Palumbo, referente di Piacenza e Parma del SULPL (il sindacato più rappresentativo del corpo).
Poche settimane fa, infatti, è stato formalizzato l’addio del comandante dei vigili urbani Piero Romualdo Vergante. Dopo soli otto mesi dall’insediamento, ha accettato un nuovo incarico e andrà a guidare il comando di Monza. «Dal 2009 ad oggi sono avvenuti sei cambi al vertice. Si è inevitabilmente creata una situazione di forte instabilità, che non permette di portare a termine un progetto complessivo di sicurezza urbana. Si tenga conto che ogni comandante ha bisogno di un primo periodo di tempo in cui ambientarsi e conoscere il personale, perciò ogni volta si ricomincia da capo. E nel frattempo le problematiche restano, anzi s’ingigantiscono», commenta preoccupata la Palumbo.
Come stava lavorando Vergante?
«Aveva cominciato a fare ciò che gli altri comandanti non avevano ancora avuto il coraggio di fare. Per esempio l’operazione Scorpione, che – coordinandosi con le altre Forze dell’ordine – ha portato risultati importanti. L’abusivismo in via Venti è stato praticamente azzerato. Piaceva a tutti, compresa la Giunta. Successivamente è subentrata un’incomprensione nelle relazioni interpersonali. Forse la fiducia è venuta a mancare quando ha deciso di partecipare a un concorso professionale a Torino».
Anche voi, come SULPL, avete manifestato delusione nei confronti del sindaco Barbieri, sottolineando pubblicamente “mancanza di cambiamento, attenzione e valorizzazione”.
«Abbiamo incontrato la prima cittadina Barbieri e l’assessore alla sicurezza Zandonella e il quadro è stato chiarito. La nostra delusione era motivata da una serie di istanze irrisolte. Mi riferisco alla rimessa delle autovetture, in condizioni gravissime e insalubri, o al cambio di sede annunciato e mai messo in atto. Comprendiamo che il Comune sia in periodo di ristrettezze economiche e di personale. Noi chiediamo una solida riorganizzazione del Comando, auspichiamo aria nuova con l’anno nuovo».
Cosa intendi con riorganizzazione del Comando?
«Verificare l’idoneità alla mansione di un quarto degli agenti, revisionando i certificati medici con una commissione ad hoc, anzitutto nell’interesse degli agenti malati. Continuare a tenere gli agenti anziani in strada e i giovani dietro le scrivanie aumenta il rischio d’infortunio. Hanno risolto questa questione perfino a Napoli, perché non dovremmo farcela a Piacenza? Inoltre bisogna ruotare il personale partendo dai vertici, nessun Comandante l’ha mai fatto. Il carico di lavoro va distribuito equamente su tutto il personale. Stabilizzare gli ausiliari, che potrebbero dedicarsi alla tutela degli utenti deboli – come gli anziani e i disabili -, consentendo alla Municipale di fare sicurezza a trecentosessanta gradi. Desideriamo che tutte le nostre proposte vengano messe al vaglio e che il sindacato sia coinvolto ove possibile».
Serve davvero l’assessorato alla sicurezza o è solo una delega di facciata?
«È un incarico fondamentale, in quanto esplicita l’attenzione dell’amministrazione verso la Polizia locale. Affidarlo a Luca Zandonella è stata un’ottima scelta. È arrivato il momento di ragionare sulla sicurezza in modo complessivo, non a comparti stagni o a spot politici».
Si discute di aprire una sede della Polizia municipale nel quartiere Besurica. Sei d’accordo?
«No, le sedi dislocate non sono funzionali all’operatività degli agenti. Le sedi in via Torricella e via Capra non hanno mai risolto i problemi della zona. Vogliamo una sede unica e centrale, che sia comoda da raggiungere e ci garantisca riservatezza».
Allora come si avvicina il servizio ai cittadini?
«Si va in contro alla comunità implementando i servizi dislocati su strada, che in città sono ampiamente migliorabili».
È immaginabile ai giorni nostri la figura del vigile di quartiere, una sorta di punto di riferimento per i residenti?
«La pattuglia appiedata può avere effetti positivi in certe zone, come il centro storico. Ma, soprattutto nelle periferie, è preferibile avere a disposizione pattuglie automontate pronte a rincorrere un fuggitivo o effettuare un controllo reale dell’area».
Il sindacato rivendica una maggiore dignità della Polizia municipale. In che limbo vi trovate?
«I vigili non fanno solo le multe, come purtroppo vorrebbero alcune amministrazioni comunali per far cassa, svilendo il ruolo degli agenti. Possiamo fare sicurezza esattamente al pari delle altre Forze dell’ordine. Non siamo secondi a nessuno. Tante città si stanno dotando di un cane antidroga e di spray urticante. L’assessore Zandonella se ne sta interessando anche per Piacenza. Immagino che a qualcuno però possa dare fastidio che la Polizia municipale abbia anche questo strumento, ignorando che potrebbe essere un ottimo deterrente conto l’utilizzo di stupefacenti nelle scuole e nei parchi pubblici. Impariamo a collaborare in sinergia, come avviene a Rimini o a Modena».
Perché la vostra categoria non viene riconosciuta totalmente?
«Contrattualmente siamo alla stregua di un qualunque impiegato comunale. Lo scorso 27 novembre seicento agenti di tutta Italia hanno protestato a Bari per chiedere tutele al presidente nazionale dell’Anci Antonio Decaro. Lui stesso ha ammesso che meritiamo più riconoscimento. Corriamo gli stessi rischi delle altre Forze dell’ordine, ma non siamo considerati una categoria usurante e non abbiamo tutele legali. Non abbiamo nemmeno accesso alla banca dati nazionale quando effettuiamo i posti di blocco in strada. Difendiamo quei lavoratori che si sentono davvero la divisa cucita addosso».
Thomas Trenchi