testimonianze
Antonio Carrozza, gelataio a Miami: «Ho nostalgia della famiglia e del gnocco fritto»
Sono 18.309 i piacentini iscritti all’Anagrafe degli italiani residenti all’estero. Erano 17.690 nel 2016. Su scala nazionale, ammontano a quasi 5 milioni – secondo i dati delle adesioni all’Aire al primo gennaio 2017 – gli italiani che vivono fuori dai confini della Penisola. Una massa in costante aumento, che corrisponde all’8,2% degli oltre 60 milioni di abitanti in Italia. Uno di loro è il quarantunenne Antonio Carrozza, che da Milano è partito verso Miami, stanco di lavorare nel settore bancario, lasciando gli affetti a Piacenza.
«Vivo in Florida da tre anni. Ho aperto con altri due soci una gelateria, si chiama Latteria Italiana», racconta Antonio tramite il piccione viaggiatore del ventunesimo secolo: Whatsapp. La sua gelateria si trova sulla Northeast 1st Avenue a Miami, una zona ben frequentata dai turisti. Il locale si è guadagnato anche una citazione sul noto sito di ristorazione Gambero Rosso. «Avevo bisogno di una ventata di nuove opportunità. Amo l’Italia, ma purtroppo intraprendere un’attività è davvero complesso. La vivo come una esperienza di crescita. Ammetto di essere un po’ esterofilo, cioè di provare grande attrazione per ciò che è straniero».
Che aria si respira in Florida dopo l’avvento dell’uragano Irma nello scorso settembre?
«In realtà molto tranquilla. Miami, come la Florida in generale, mi è sembrata pronta all’uragano. L’organizzazione della città e le evacuazioni programmate sono state ineccepibili».
È stato il più potente uragano Atlantico a colpire gli USA da Katrina nel 2005. Come hai vissuto quei momenti di panico?
«Sono dovuto fuggire verso il Nord. Seguivo le vicende attraverso i media ed è stato spaventoso. Eventi come un uragano di quella portata, per quanto prevedibile nelle tempistiche, porta sempre con sé un’onta disastrosa. Ci sono ancora alcuni segni».
Casi straordinari, fortunatamente. A proposito della vita quotidiana, invece, come si lavora in Florida rispetto all’Italia?
«Si lavora tanto, con più soddisfazioni oggettive: dall’apprezzamento verso l’italianità, che l’italiano ha perso nel tempo in quanto autoctono, al piacere di impegnarsi per guadagnare».
Quali sono le altre differenze significative con il Belpaese?
«L’America non è un Paese facile per i rapporti interpersonali. Tutti sono molto individualisti e integrarsi richiede del tempo. Hanno una passione innata per tutto ciò che è italiano ed è curioso sentirli dire con fierezza: “Anch’io ho un trisavolo italiano”, per ribadire la loro competenza verso un territorio che ammirano».
Hai un po’ di nostalgia per Piacenza?
«Di Piacenza mi mancano la mia famiglia, le mie nipoti, i miei genitori, mia sorella, i Natali freddi e il gnocco fritto!».
E cosa sei felice di aver abbandonato?
«Direi il freddo umido e la burocrazia. Quest’ultimo credo che sia un problema generale dell’Italia intera. Piacenza e Miami sono due città completamente diverse, imparagonabili. Per gli americani, l’Italia è il Paese dove si vivrebbe meglio al mondo. E non hanno tutti i torti».
Come giudichi l’attualità piacentina da lontano?
«Circoscritta e poco lungimirante, estranea all’intervento globale. Dovrebbe a mio avviso alzare la testa dal banco e guardare più in là».
Thomas Trenchi