cultura
Il Castello di San Pietro in Cerro raccontato dal padrone Franco Spaggiari
A quattro chilometri da Cortemaggiore, nella campagna della bassa val d’Arda, si trova uno dei gioielli più preziosi della provincia piacentina: il Castello di San Pietro in Cerro. Il complesso risale al 1460 – data in cui fu costruito da Bartolomeo Barattieri – ed è situato nell’omonimo paesino che conta un pugno di abitanti. È circondato da una distesa immensa di giardini e costellato di opere d’arte.
A condurci nelle trentatré stanze del Castello di San Pietro in Cerro è il proprietario Franco Spaggiari, che ha acquistato il maniero nel 1993, subentrando alla proprietà della famiglia Barattieri. Spaggiari, oltre a essere un imprenditore nel settore siderurgico, nel tempo libero fa il mecenate. Partecipa ad aste d’antiquariato nazionali e internazionali, colleziona quadri e va alla ricerca di sculture preziose, decora le stanze del suo castello con capolavori pregiati ed esclusivi. In mano ha un patrimonio storico inestimabile, del quale tuttavia parla con profonda ammirazione e costante sorpresa. È un mecenate umile e moderno, con una visione ben chiara di fronte agli occhi.
«I castelli sono simboli consacrati dal tempo»
«Ho comprato questo castello per passione, non per ricavare un guadagno. Bisogna averne profondo rispetto, è un simbolo consacrato dal tempo. Recentemente ho acquistato anche il Castello di Montanaro: è magnifico, ha settantacinque stanze. Ma ho anche rischiato il divorzio», scherza Spaggiari, membro del cda dell’associazione dei Castelli del Ducato di Parma e Piacenza. «Ho un alloggio privato in ogni struttura, ma preferisco non viverci dentro. Non avrebbe senso, dato che non appartengo alla famiglia originaria. È una questione di correttezza».
La passeggiata in questi ambienti austeri ma caldi, freddi ma colorati, parte dalla Locanda del Re Guerriero, «che un tempo era il deposito delle carrozze dei Barattieri, nella hall abbiamo conservato il pozzo in cui si abbeveravano i cavalli», spiega Spaggiari, che è affiancato dalle figlie nella gestione dell’attività. Le dodici camere dell’albergo e la sala colazioni sono arricchite dalle opere d’arte contemporanea provenienti dal MiM (Museum in Motion), la collezione allestita all’interno del Castello di San Pietro. A quale tipo di clientela vi rivolgete? «Il nostro bacino d’utenza è trasversale. Qualcuno arriva in elicottero, altri invece fanno tappa durante i viaggi verso Montecarlo. Nel week end la locanda è frequentata anche dalle famiglie».
Un’interminabile ricerca storica nel Castello di San Pietro in Cerro
Attraversando un lungo viale alberato e sovrastando un piccolo fossato, s’accede nel castello vero e proprio. «In quindici anni abbiamo coordinato un’approfondita ricerca, ricostruendo i cinquecento anni di storia del castello. In realtà non abbiamo ancora terminato, ogni giorno si scoprono nuovi dettagli. In passato, quando moriva il capofamiglia e si verificava il passaggio d’eredità, veniva censita tutta la fortezza. Grazie a questi documenti, siamo stati in grado di capire le funzioni originali delle stanze e riproporle tale e quali», sottolinea soddisfatto Spaggiari al pianterreno, nello spazio adibito alla cucina, di fronte a un’ampia serie di pentole in rame del Settecento e dell’Ottocento: «Questi piattini ovali sono molto rari, venivano impiegati per servire i dolci al cucchiaio».
Spaggiari va particolarmente orgoglioso della Biblioteca Storica del Castello, una raccolta di oltre duemila volumi sulla storia di Piacenza, consultabile su appuntamento. «Organizziamo tante iniziative aperte alla cittadinanza, anche con le scuole. Il 26 novembre hanno avuto luogo i mercatini di Natale sparsi su tutti i piani: dal vintage alla bigiotteria, dal food all’antiquariato, senza dimenticare l’aiuto al sociale. È stato un successo», afferma il padrone di casa.
Dal prossimo marzo aprirà una sala sulle armi
In esclusiva ci mostra una sala ancora in allestimento dedicata alle armi. «Ho riunito i fucili, le pistole e i coltelli vinti all’asta in trent’anni di interesse. Appartengono alla mia collezione personale. Il mio preferito è il focone, uno dei primi esempi provenienti dalla filosofia del cannone. Adoro anche il trombone, una specie di archibugio corto utilizzato dalla Marina. Questi invece – indica Spaggiari – sono dei pugnali che ho preso nello Yemen». Nel locale è presente la fucileria autentica del Castello di San Pietro in Cerro, posta su un supporto che in caso d’assedio permetteva di afferrare l’arma pronta all’uso. Su un’altra mensola spiccano una carabina Winchester della Guerra d’indipendenza americana e una pistola orientale con i coralli sul manico, nonché spade, alabarde e sciabole.
Il piano nobile è arredato all’insegna dello sfarzo, con alcuni lampadari e mobili conservati da cinquecento anni. Su un muro interno a uno dei torrioni rotondi sono incisi dei segni emblematici che testimoniano il periodo transitorio alle armi da fuoco. «Questo grafico potrebbe essere il solo rinvenuto al mondo, realizzato dagli artiglieri per sperimentare il funzionamento dei cannoni», analizza Franco Spaggiari. «Da giovane ero già appassionato alla ricerca storica, seppur inconsapevolmente. All’età di vent’anni, quando dovevo arredare una casa a Gropparello, andai in cerca dei mobili autoctoni, recandomi dai rigattieri della zona».
La visita viene improvvisamente interrotta da un’incursione furtiva. È un uccellino con la coda rossa, che salta e vola da un tavolo all’altro. Spaggiari si rimbocca le maniche e comincia a rincorrerlo, cercando di afferrarlo. Alla fine ci riesce: «Avrebbe fatto suonare l’allarme. Il Castello di San Pietro in Cerro infatti è stato messo completamente in sicurezza, dopo l’avvento dei ladri nel 1998».
L’arte contemporanea trionfa nel MiM
Il fiore all’occhiello del maniero è il MiM (Museum in Motion), inaugurato nel 2001, che riaprirà il prossimo marzo. Il MiM presenta al pubblico più di cinquecento pezzi contemporanei esposti a rotazione. Nella fase d’ideazione Spaggiari fu affiancato da parecchi pareri autorevoli, tra cui quello del suo amico e critico d’arte francese Pierre Restany. Uno degli spazi è dedicato agli artisti piacentini: da Groppi a Cinello, da BOT a Missieri, da Mazza a Corradini, da Xerra a Corradini. A Piacenza esiste un museo d’arte contemporanea affermato e ben custodito: i disfattisti si mettano il cuore in pace.
In questa perfetta sintesi tra firme emergenti ed esperte, cultura orientale e occidentale, tecniche antiche e avanguardie del ventesimo secolo, è possibile vedere addirittura un esercito interattivo realizzato da Ale Guzzetti con un marchingegno tecnologico. Si tratta di dodici robot che iniziano a dialogare quando si avvicina un visitatore. «Rappresentano il futuro», motiva Spaggiari, «un giorno finalmente combatteranno gli automi e non più i soldati umani».
«I soldati in terracotta sembrano veri, è impressionante»
Un’ulteriore truppa campeggia in cantina. Sono quarantasette statue a dimensioni naturali, che riproducono fedelmente il celebre esercito di terracotta collocato nel Mausoleo del primo imperatore Qin a Xi’an. «Le ho acquistate nei miei viaggi lavorativi in Cina prima del 1993. Dopo quell’anno hanno smesso di costruirle. Paiono persone vere, è impressionante. Quando scendo nei sotterranei, le saluto e guardo i loro volti: possono sembrare sia tristi che felici, dipende dal mio umore. Nel 1992 ho visto le ottomila statue originali a Xi’an».
Un dettaglio più di tutti, però, cattura sempre l’attenzione dei visitatori: una soffice e raffinata ragnatela sul vetro di una finestra. Spaggiari ci chiede un consiglio: «Sono indeciso se toglierla o meno, a voi piace?». Dilemmi da castello.
Thomas Trenchi