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Paolo Dosi si gode la pensione: «Non ho nostalgia del ruolo da sindaco»

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Esausto. Non c’è aggettivo migliore per descrivere l’ex sindaco Paolo Dosi. A distanza di sei mesi dalla fine del mandato, ammette di non avere nostalgia per la poltrona più importante della città. «Non nascondo un certo senso di liberazione provato pochi mesi fa, quando è scaduto il mio incarico da sindaco. Se si interpreta responsabilmente questo ruolo, si avverte il peso di rispondere alla città intera».

Paolo Dosi, dopo otto anni nella Giunta Reggi, nel 2012 è stato eletto a sindaco di Piacenza. Per cinque anni ha governato la città, tra alti e bassi: non solo amministrativi (con il controverso rimpasto degli assessori nel 2014), ma anche fisici (con l’improvviso ricovero nel 2015 scaturito da un malore). A causa di questo impegno giudicato eccessivo, Dosi non ha mai nascosto il suo malessere: nel dicembre 2016 ha annunciato il ritiro dalla politica attiva, rinunciando a ricandidarsi come primo cittadino. Alle elezioni comunali del 2017 ha sostenuto il candidato di centrosinistra Paolo Rizzi, che tuttavia è stato sconfitto dall’esponente di centrodestra Patrizia Barbieri.

Nel portafoglio ha ancora la tessera del Partito Democratico, ma oggi si dedica principalmente alla famiglia. «Sono andato in pensione, non svolgo più l’attività lavorativa nella libreria Berti. Sono sposato con Stefania, ho due figli adottivi: una ragazza boliviana, che mi ha fatto diventare nonno, e un ragazzo autistico di origine etiope. Abbiamo avuto anche altre magnifiche esperienze di affidamento familiare. Sto cercando di recuperare i rapporti affettivi, trascurati per troppo tempo. Finalmente sono libero di vivere la sfera umana della mia vita», racconta Dosi, 64 anni, impegnato nell’associazionismo e nel sostegno alla disabilità.

Per fare il sindaco bisogna per forza alienarsi dalla sfera privata?

«Ho sempre cercato di conservare l’intimità, seppur in modo ridotto. La pressione mentale è costante. Prima dormivo solo quattro ore a notte. È un piccolo sintomo che fa capire l’emotività che si è chiamati ad affrontare. Senza far polemica, voglio sottolineare che i membri dell’attuale Giunta sono quasi tutti liberi professionisti. Ciò significa che hanno un mestiere autonomo da conciliare con una forte responsabilità amministrativa. Speriamo non ci siano ricadute sull’esito dell’attività».

Fino ad ora come si è comportata la nuova Amministrazione comunale?

«Si sono resi conto che non esistono i margini per adottare una politica economica diversa, nonostante ricevessimo molte contestazioni dal centrodestra all’opposizione. Ci sono ostacoli oggettivi che appartengono ai governi locali, al di là degli schieramenti e delle ideologie».

La maggior parte dei cittadini ha avvertito in lei un carattere poco decisionista. Nella nostra stagione politica, si paga questa percezione?

«Non metto in dubbio che possa esser stato un limite. Ma la politica locale è insostenibile e schizofrenica. Da una parte è quella più vicina alle persone, che giustamente avanzano le proprie istanze, dall’altra è quella con meno poteri e risorse, nonché con più funzioni riversate dai governi superiori. Capisco che possa essere un concetto impopolare. Le amministrazioni comunali soffrono per colpa delle scelte dei decenni passati, caratterizzati da investimenti oltremisura per raccogliere consensi. Serve il coraggio per dire che il Re è nudo: occorre contenere i costi e razionalizzare la gestione della cosa pubblica, facendo i conti con la burocrazia e i vincoli».

Noto che non ha perso interesse nelle vicende amministrative.

«Seguo l’attualità sui giornali, ma non ho più l’energia per partecipare attivamente».

Cosa ha portato a casa umanamente dall’esperienza di sindaco?

«Nel bagaglio conservo tanti rapporti positivi, i numerosi ambiti che ho avuto la possibilità di conoscere, le ricchezze della città che ho toccato con mano. Ho il rammarico di non averle valorizzate a sufficienza».

Se dovesse impugnare carta e penna per rivolgersi al sindaco Patrizia Barbieri, cosa le scriverebbe?

«Ho apprezzato la tutela del lavoro avviato da alcuni ex assessori della mia Giunta. Inviterei i partiti a lasciarla libera di agire. È un’esortazione che vale sia per il centrodestra che per il centrosinistra. Viste le enormi difficoltà in cui si trova, un primo cittadino non può essere vincolato alla stretta suddivisione degli assessorati o delle partecipate dettata dai partiti. Lo rimarco per esperienza personale: sono arrivato a un doloroso cambio di Giunta strada facendo…».

Mi sta dicendo che, se il Pd non avesse interferito esageratamente, lei avrebbe governato meglio?

«Sì, in parte è così. Lo affermo senza rancore, col senno di poi».

È un discorso un po’ grillino, contro le segreterie di partito…

«La legge elettorale prevede che il sindaco sia scelto direttamente dai cittadini e che abbia l’autonomia di comporre la sua Giunta. I partiti dovrebbero lasciargli la libertà di farlo. Il giocattolo sennò rischia di rompersi».

Che consiglio dà al gruppo del Partito Democratico all’opposizione?

«Continuate così! Sono quattro consiglieri consapevoli delle problematiche di Piacenza».

Continua a ribadirmi le criticità effettive e trasversali presenti a Palazzo Mercanti. Sembrerebbe una corsa ad ostacoli infinta. È sicuro di riporre ancora fiducia nella politica?

«Per indole e formazione, tento di non smarrire le aspettative nella politica: è un dovere intellettuale e valoriale. Razionalmente, comprendo che ormai sia complicato offrire una visione di speranza».

Il suo celebre slogan era “I migliori anni sono davanti a noi”. Conferma questa frase anche con la Giunta Barbieri?

«I migliori anni sono davanti a noi. Vedremo quando arriveranno. Questo motto deve restare il carburante di chi amministra».

Nell’intervista dello scorso Natale mi ha confessato che non era felice. Adesso sorride?

«Sì, sono più sereno».

Thomas Trenchi

Classe 1998, giornalista professionista dell'emittente televisiva Telelibertà e del sito web Liberta.it. Collaboratore del quotidiano Libertà. Podcaster per Liberta.it con la rubrica di viaggi “Un passo nel mondo” e quella d’attualità “Giù la mascherina” insieme al collega Marcello Pollastri, fruibili anche sulle piattaforme Spreaker e Spotify; altri podcast: “Pandemia - Due anni di Covid” e un focus sull’omicidio di via Degani nella rubrica “Ombre”. In passato, ideatore di Sportello Quotidiano, blog d'approfondimento sull’attualità piacentina. Ha realizzato anche alcuni servizi per il settimanale d'informazione Corriere Padano. Co-fondatore di Gioia Web Radio, la prima emittente liceale a Piacenza. Creatore del documentario amatoriale "Avevamo Paura - Memorie di guerra di Bruna Bongiorni” e co-creatore di "Eravamo come morti - Testimonianza di Enrico Malacalza, internato nel lager di Stutthof". Co-autore di “#Torre Sindaco - Storia dell’uomo che promise un vulcano a Piacenza” (Papero Editore, 2017) e autore di "La Pellegrina - Storie dalla casa accoglienza Don Venturini" (Papero Editore, 2018). Nel maggio del 2022, insieme ai colleghi Marcello Pollastri e Andrea Pasquali, ha curato il libro-reportage "Ucraina, la catena che ci unisce", dopo alcuni giorni trascorsi nelle zone di guerra ed emergenza umanitaria. Il volume è stato pubblicato da Editoriale Libertà con il quotidiano in edicola. Ecco alcuni speciali tv curati per Telelibertà: "I piacentini di Londra" per raccontare il fenomeno dell'emigrazione dei piacentini in Inghilterra nel secondo dopoguerra, con immagini, testi e interviste in occasione della festa della comunità piacentina nella capitale britannica dal 17 al 19 maggio 2019; “I presepi piacentini nel Natale del Covid”; “La vita oltre il Covid” con interviste a due piacentini guariti dall’infezione da Coronavirus dopo dure ed estenuanti settimane di ricovero in ospedale; il reportage “La scuola finlandese” negli istituti di Kauttua ed Eura in Finlandia.