testimonianze
L’altro Capodanno di senzatetto e volontari nel rifugio Segadelli
L’altro Capodanno è quello di chi non ha fatto nulla di straordinario, eppure ha fatto tutto di speciale. È la notte di San Silvestro dei volontari del rifugio Segadelli, che hanno trascorso la serata con i senzatetto. Delle persone che hanno salutato il 2017 rimboccandosi le maniche e portando alto il valore della solidarietà. E che forse, abdicando ai soliti propositi che si collezionano in questa ricorrenza, hanno abbracciato il 2018 con l’augurio più bello: prendere coscienza dei veri problemi della vita, non voltando la faccia dalla parte opposta.
Nel rifugio Segadelli, un dormitorio comunale per uomini senza fissa dimora gestito dall’associazione La Ronda della Carità, fin dal 2003 si festeggia il Capodanno tutti insieme. Per gli ospiti è fondamentale stare in compagnia durante questo periodo. Quando si è soli infatti, nel clima di bilanci e obiettivi futuri, si rischia di prendere atto degli sbagli fatti durante la propria vita. E così, anche quest’anno, è bastato poco: una teglia di lasagne, il cotechino con le lenticchie per regalare fortuna e soldi, il tiramisù per aggiungere dolcezza a delle esistenze sempre amare, e le bottiglie di vino per il brindisi finale. Non troppe, però, perché l’alcol spesso è l’unico (pessimo) amico a cui un clochard può chiedere un po’ di conforto. I piatti sono stati preparati dai volontari, che per l’intera nottata sono stati a fianco dei bisognosi.
«Siamo una famiglia stramba ed eterogenea»
«È stato un ritrovo semplice, in un ambiente famigliare strambo ed eterogeneo, aperto a chi non ha dei parenti su cui contare. C’erano senzatetto con gli occhi velati di malinconia, ma anche qualcuno più sereno che ha imparato a convivere con la sua situazione precaria. Alcuni uomini hanno preferito andare a letto subito, senza aspettare la mezzanotte. La parola “famiglia” significa accettare le scelte dei componenti, restando comunque a portata di mano», racconta una volontaria del rifugio Segadelli, una struttura nei pressi della stazione ferroviaria dotata di letti, servizi igienici e docce. «Quest’anno si è verificata una sorpresa magnifica: la presenza di un ex ospite con la fidanzata e il figlio di un mese, testimoniando che ricominciare è possibile».
L’esperienza dei senzatetto del rifugio Segadelli
A ciascun senzatetto è stato chiesto di raccontare il Capodanno migliore, quello peggiore e le speranze per il 2018. «La fine dell’anno più bella è stata quella di sei anni fa, quando ho mangiato con gli amici e sono stato nei locali fino alle sei del mattino. Non ero ancora in strada, abitavo nella mia città in Toscana», ricorda un sessantunenne, che per il domani auspica un «lavoro qualsiasi». Parecchi desiderano una pensione, salute, soldi, amore, meno solitudine, poter vivere privi di espedienti e uscire dal circolo vizioso in cui sono imprigionati. Banalità tremendamente necessarie. Dei giovani finalmente si fanno coraggio: «Ho passato un Capodanno in coma, avevo battuto la testa», «nel 2010 ho dormito prima di mezzanotte, non avevo niente per cui sorridere».
Thomas Trenchi