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“I ceci mascherati” di Manuela Cornelli – Le terribili costrizioni estetiche del cibo

Agli inizi del Duemila, Manuela Cornelli partecipa a un concorso letterario sull’apparenza. In quel periodo sta convivendo con una creatura scomoda: l’anoressia, che diventa protagonista dei suoi testi autobiografici. Oggi, dopo dieci anni di lotta, n’è uscita alla grande e ha accettato di condividere le riflessioni di diciassette anni fa con i lettori di Sportello Quotidiano.

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I CECI MASCHERATI

Sono le 5.20 di un sabato mattina. Cosa ci fa una ragazza di 23 anni in piedi a quest’ora? Veramente è dalle 4 che sono sveglia; non sono tornata da una pazza notte in discoteca e non faccio nemmeno la panettiera. Mi alzo sempre a quest’ora perché vado a letto alle 20.00. Un sonno indotto dalle inseparabili gocce che da 15 sono diventate 55. A volte dormo fino alle 23 e poi rimango in attività fino alla mattina del lunedì; un pisolo dalle 9 alle 10 e via ancora sveglia. Ma cosa diavolo faccio in queste ore? Tutto, specialmente cucino. E questa fascia oraria è la migliore per panificare.

Così, da un paio d’anni, in casa mia c’è spesso il pane appena sfornato, all’ olio, al latte, al sesamo, allo strutto, alle erbe, ma soprattutto il pan di zucca. Amo comprare le zucche. La ricerca della zucca perfetta è uno dei miei hobby invernali. Chi va a sciare, chi in palestra… io cerco zucche. E a volte ne trovo di ottime. Il pane dolce e saporito che ne deriva è una golosità ambita tra chi mi conosce. Ne faccio chili e chili per poi distribuirli a chi me lo chiede quasi supplicando. L’altro giorno un mio pane è andato ad una coppia irlandese di musicisti, vagabondi che si incontrano spesso in via XX Settembre con la loro chitarra e i due biondi figlioletti. Non li conosco, ma mi sono simpatici e spero abbiano gradito.

Altre volte preparo un po’ di pietanze che mi possano far risparmiare tempo e denaro durante la settimana. In casa cucino e amministro io la spesa (con grande gioia mai dimostrata dei miei genitori). Capita che all’ora del risveglio si trovino davanti una marea di piatti ed un effluvio di odori inebriante. In quelle ore tra la notte e la mattina riesco a preparare il ragù per le lasagne, i biscotti di cocco e di arachidi, la focaccia ripiena, un frullato energetico per la loro colazione e il pranzo che mia sorella si porta al lavoro. Un’attività gastronomica rilevante se poi si considera la spesa che faccio personalmente.

Per motivi finanziari posso dire che in casa mia mangiano in base alle offerte del supermercato. Li giro tutti, ho la fissa (e la necessità) del risparmio; non riuscirei mai a comprare un petto di pollo da £.16.000 al kg. se sapessi che nell’altro market mi costa £9.000 al kg. grazie alla Carta Fedeltà. Insomma, ogni giorno vago per tutta la città alla conquista delle offerte del momento. Guardate che non sembra, ma risparmio!

E vuoi mettere la possibilità di fare le scorte per i momenti più bui? Una volta ho valutato male la golosità della mia famiglia e oggi mi trovo a buttare via un paio di chili di cioccolatini, ma per una volta! Se mi scervello ogni giorno per far quadrare il bilancio economico e quello nutrizionale, inventando ricette valide e spendendo il minimo o stando ore davanti ai fornelli, avrò diritto a sbagliare senza essere crocefissa? Se poi il riso alla Cantonese o i Burrichitas ebraici sono un po’ fonte di pregiudizio, peggio per loro. Poi scopro che basta chiamarli in un altro modo e li mangiano sorridenti e fierissimi. I Burrichitas sono diventati calzoncini con pomodoro e melanzane e le crocchette di ceci solo crocchette.

Hanno chiesto il bis! Mio padre odia i ceci e le crocchette di ceci ma adora le crocchette (il cece mascherato). Mia sorella ha un morboso debole per certi miei tagliolini con pollo e vellutata di zafferano. Li adora letteralmente e quando le ho detto: “Mi compri due porri così ti preparo i tagliolini dei tuoi sogni?” lei, con un volto straziato dalla delusione mi chiede solo: “Ma ci metti anche i porri?”. Quella volta ne ha mangiati un po’ meno.

Povero cibo, povera natura che non è giustamente apprezzata. È come se fossi un personaggio Pirandelliano, per essere accettata devi portare una maschera. Tu, caro cece, devi essere una crocchetta di oscure origini. E tu, cipolla, devi renderti invisibile, trasparente. Non parlo dell’aglio, perché potrei fare un enciclopedia con tutte le scuse, le bugie ridicole che si inventano per emarginarti. Tu sei prezioso più del caviale e solo pochi accettano il tuo carattere forte. Sei accusato di rovinare le pubbliche relazioni.

Manuela Cornelli

«Affrontai gli ultimi due anni di scuola superiore in piena anoressia. Nel 1998, durante l’esame di maturità, pesavo trentacinque chili. Mangiare solo una mela al giorno, rifiutando il pranzo e la cena, mi conferiva il potere di modellare il mio aspetto e di assumere la mia forma. Cioè una non-forma». Con i lettori di Sportello Quotidiano, ha accettato di condividere i racconti autobiografici sull'apparenza scritti agli inizi del Duemila, durante la lotta con l'anoressia.