curiosità
Roberta e Ambra: «Non solo Instagram, i social sono diventati un lavoro»
Per dirla alla Oliviero Toscani, «la fotografia è l’arte più democratica che ci sia». Negli ultimi anni, si è avvicinata ulteriormente alla massa attraverso la diffusione capillare e contagiosa di Instagram, un’app che permette di condividere scatti e immagini in tempo reale, conferendo a chiunque una metaforica “licenza da fotografo”. Sono nati gruppi fisici e virtuali per far incontrare i seguaci di questo social network, che in Italia ha superato la soglia dei quattordici milioni di iscritti. Nella nostra provincia, due giovani esperte di comunicazione – Roberta Abbatangelo e Ambra Visconti – hanno fondato Instagramers Piacenza, la community cittadina ufficiale per gli utenti di Instagram.
«Abbiamo iniziato nel lontano 2014 con questo progetto, che per noi rappresenta la parte ludica della nostra quotidianità. La passione si è trasformata in un mestiere: normalmente gestiamo le pagine Facebook e i profili Instagram di aziende, enti pubblici e siamo formatrici per chi è interessato ad approfondire questi temi», vogliono evidenziare Roberta e Ambra, colleghe e amiche che si sono conosciute sul posto di lavoro nella Galleria d’Arte Moderna Ricci Oddi. Formalmente, Instagramers Piacenza ha la missione di promuovere il territorio tramite i media digitali.
Perché avete formato un nucleo per gli utenti piacentini di Instagram?
«Avere la fortuna di essere a stretto contatto con le bellezze artistiche ci ha indirizzate verso un obiettivo comune: la valorizzazione del territorio. Da sempre però condividevamo l’idea che Piacenza fosse poco conosciuta, così siamo entrate a far parte della community Instagramers Italia che è riconosciuta a livello nazionale, e siamo sbarcate su Instagram con il profilo Igers Piacenza. Credevamo e tuttora siamo convinte che i social siano un potente mezzo di comunicazione. Instagram è il social delle fotografie, per cui raccontare Piacenza e provincia attraverso le immagini è un diletto, un privilegio».
Quali sono le difficoltà nella gestione di un canale virtuale?
«Tantissime… da dove partiamo? Innanzitutto sono richiesti impegno, costanza e organizzazione. Bisogna raccontare gli aspetti interessanti e rimanere aggiornati, perché è un mondo in costante evoluzione. Con Igers Piacenza le difficoltà sono inferiori rispetto a quelle che incontriamo sul nostro lavoro. Lo facciamo gratuitamente, ma con orgoglio: gestire una community territoriale e gestire i social di un’azienda sono due attività differenti. Aggiungiamo che è una competenza ampiamente sottovalutata: c’è chi la scambia per un gioco, c’è chi crede di capirla a priori. Un conto è conoscere le strategie, mentre l’altro è giocare a esibire il proprio ego».
E com’è l’approccio dei piacentini nei confronti di queste nuove frontiere?
«A Piacenza c’è diffidenza verso la comunicazione social. Noi collaboriamo con alcune aziende – per lo più grandi – e teniamo corsi social ai piccoli imprenditori, ma in generale si è ancora poco al passo con questi mezzi. Ci crediamo tantissimo: nonostante i muri, chi vuole crescere con noi ci segue, gli altri forse capiranno, o saranno costretti a farlo. D’altronde è il presente».
Come vi relazionate con gli Igers?
«Abbiamo abituato gli utenti ad usare l’hashtag #igerspiacenza quando si trovano a fotografare la città e la provincia. La sera arriva il momento di perdersi tra le bellezze locali: si apre Instagram e si sceglie lo scatto più bello da postare su Igers Piacenza. Ad oggi abbiamo collezionato 66.947 racconti del territorio. Non c’è un criterio selettivo rigido, scegliamo gli scatti che ci colpiscono di più. Le persone descrivono il territorio attraverso le foto, noi riproponiamo i loro stimoli. Cerchiamo di spostarci ogni settimana dalla città alla provincia. Un’attività mirata che facciamo è la scelta del tema settimanale e la selezione di otto scatti che vengono pubblicati puntualmente sul quotidiano Libertà».
Qualcuno sostiene che i social network rendano estranei dal mondo reale. Nel vostro caso è così?
«Questo è un grandissimo luogo comune. È una volontà quella di perdere ore e ore su Instagram o su Facebook, esattamente come quella di palesare il proprio malessere sui social. Sono strumenti interessantissimi, ma serve un equilibrio giusto. Siamo abbastanza rigide sul rendere pubblica la vita privata e lavorativa, magari perché conosciamo i pericoli sottesi all’esporsi troppo e li valutiamo maniacalmente. La maggior parte delle persone in cerca di lavoro non sa che le valutazioni avvengono controllando i profili social. I curricula? Roba vecchia!».
Thomas Trenchi