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Reddito di solidarietà, Piacenza tra le province “meno bisognose”

In commissione assembleare i numeri presentati dalla Giunta. Il Res affianca e integra la misura nazionale, il Reddito di inclusione, allargando la platea dei destinatari e includendo anche i nuclei senza minori, i lavoratori precari e quelli con basso o bassissimo reddito. Fino a 400 euro al mese per un anno per i nuclei famigliari con 5 persone.

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Ad oggi, in quattro mesi e mezzo di applicazione (dal 18 settembre 2017), sono 11mila le domande presentate per avere il Res, il Reddito di solidarietà introdotto dalla Regione Emilia-Romagna. Con una media di 93 per ogni giorno lavorativo, si conferma l’efficacia della misura regionale destinata alle persone che vivono in situazione di grave povertà, con un aiuto fino a 400 euro mensili per un anno per nuclei famigliari fino a 5 persone.

È quanto rende noto la vicepresidente e assessore al welfare, Elisabetta Gualmini, intervenuta oggi in Commissione assembleare, dove ha fornito i dati sull’andamento del Res, ribadendo come la misura regionale, che affianca e integra quella nazionale (Reddito di inclusione), di fatto ne allarga la platea dei destinatari, includendo anche i nuclei senza minori, i lavoratori precari, quelli con basso o bassissimo reddito – i cosiddetti “working poor –  o con figlio con disabilità. Infatti, già in dicembre sulle 2mila famiglie ammesse al Res dopo il via libera dall’Inps, circa la metà era composta da una sola persona e oltre i due terzi (69%)non aveva minori a carico.

A Piacenza 484 domande

Riguardo al numero delle famiglie che sinora hanno inoltrato domanda ai servizi sociali della regione, secondo la stima aggiornata dall’Università di Modena e Reggio-Emilia (periodo 18 settembre scorso-18 gennaio di quest’anno), esse rappresentano lo 0,47% del totale di quelle residenti in Emilia-Romagna (1.997.372 in totale). A livello territoriale, il maggior numero di domande si registra nella provincia di Bologna (2.346 domande su 482.861 famiglie residenti), segue l’ambito provinciale di Modena (1.533 domande su 300.584 famiglie), mentre le province “meno bisognose”, o partite con l’accettazione delle domande in tempi successivi alla data formale di avvio, sono Piacenza con 484 domande (129.581 famiglie residenti) e Forlì- Cesena, da cui provengono 714 domande (170.042 famiglie residenti).

Queste le cifre nelle altre province: Ravenna con 931 domande (178.069 famiglie residenti); Reggio Emilia (875 su 226.354 famiglie residenti); Ferrara (848 su 161.528 famiglie);Rimini (838 su 144.903 famiglie residenti);Parma (784 per 203.450 famiglie residenti).

Chi richiede il Res

Riguardo al profilo di coloro che richiedono il Res, le informazioni di dettaglio restano per ora quelle relative a due mesi fa. I richiedenti si dividono pressoché alla pari fra uomini (50,6%) e donne (49,4%), persone con più di 45 anni (65,7%) e nella gran parte dei casi (69%) senza minori a carico. E’ la fotografia di chi è stato ammesso al Res, persone che vivono in situazione di grave povertà, che faticano ad arrivare a fine mese, spesso con in comune il dramma della disoccupazione.

Perché il Res

Sono due le misure di contrasto alla povertà previste: il Reddito di inclusione sociale (Rei), attiva su tutto il territorio nazionale da dicembre 2017, e il Res, voluto dalla Regione Emilia-Romagna. Poiché il Rei si rivolge ad una platea di beneficiari non esaustiva rispetto alle caratteristiche del fenomeno povertà in Emilia-Romagna, la scelta della Regione è stata quella di ampliarla in un’ottica universalista, includendo anche i nuclei senza minori o con figlio disabile. Una decisione assunta anche per ottimizzare l’utilizzo delle risorse nazionali e regionali disponibili: infatti, il Reddito di solidarietà è pensato in modo tale da collocare sui provvedimenti nazionali (Rei) tutti i beneficiari attribuibili a questa misura, così da non “sovraccaricare” le risorse del Res. E in merito alle risorse totalmente erogate dalla Regione, si tratta di 35 milioni di euro l’anno fino al 2020.