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Parma capitale della cultura 2020, Malinverni: «Ecco cosa ha penalizzato Piacenza»
A Malinverni è stata «ignorata» la proposta di una mostra su Giovanni Panini, «uno dei più celebri paesaggisti al mondo, nato nel 1691. La mia idea, consegnata all’amministrazione Barbieri, sembra che non sia stata presa in considerazione».
Piacenza ha perso. Il titolo di capitale della cultura 2020 è stato aggiudicato dai cugini di Parma, che hanno saputo convincere la commissione del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo. Alla città del Correggio e Parmigianino andrà un milione di euro per attivare iniziative culturali di rilievo, coinvolgendo i settori pubblici e privati. Lo storico dell’arte Alessandro Malinverni, conservatore del Museo Gazzola di Piacenza e referente scientifico della Pinacoteca Stuard di Parma, da anni opera su entrambi i territori, perciò è una delle figure più titolate ad analizzare l’esito delle candidature: «Dobbiamo guardare positivamente alla collocazione di Piacenza tra le prime dieci finaliste, riflettendo sui motivi di penalizzazione. A Parma si punta sulla competenze, l’assessore Michele Guerra conosce alla perfezione il comparto culturale, del quale si è sempre occupato anche come docente universitario, non provenendo da un altro ambito professionale. A Piacenza dovrebbe dedicarsi all’arte soprattutto chi ne ha le competenze, dando più spazio e risalto ai giovani».
A Malinverni è stata «ignorata» la proposta di una mostra su Giovanni Panini, «uno dei più celebri paesaggisti al mondo, nato nel 1691. La mia idea, consegnata all’amministrazione Barbieri, sembra che non sia stata presa in considerazione, appellandosi al fatto che negli Novanta fu già allestita una mostra su questo pittore». Il programma di Malinverni, depositato a Palazzo Mercanti e a Palazzo Farnese, avrebbe dovuto intitolarsi “Feste sovrane – 9 capolavori di Panini a Palazzo Gotico”, prevedendo l’esposizione di nove tele con soggetti fortemente coerenti tra loro, incentrati sui dipinti più noti di Panini, che rivoluzionò le modalità di ritrarre le feste e le cerimonie, lasciando in eredità meravigliosi racconti visivi delle celebrazioni romane a metà del Settecento. L’investimento era stato valutato intorno ai 120.000 euro. «Questi dipinti gli diedero una fama straordinaria. Delle nove tele oggetto della mostra proposta soltanto due furono esposte nel 1993. Questa nuova rassegna, dunque, non sarebbe stata una riproposizione in tono minore della precedente, checché ne dicano altri colleghi, ma qualcosa di diverso e interessante per i cittadini, che avrebbe richiamato migliaia di visitatori e rinforzato la candidatura di Piacenza a capitale della cultura 2020. Bisogna volare alto e darsi un’identità ben definita».
Quattro mesi fa, anche l’artista Franco Scepi, intervistato da Sportello Quotidiano, aveva sollevato delle perplessità sul tema “Piacenza Crocevia di Culture”: «Non mi piace la conclusione a cui si è giunti: è vaga e debole. Vuol dire renderla uno spazio puramente di passaggio, privo di tratti esclusivi e identificativi, annullando gli elementi che potrebbero contraddistinguerla».
A Parma, secondo Malinverni (delegato cultura del FAI di Parma e co-fondatore del Centro studi per le residenze ducali), gli operatori avrebbero lavorato più concretamente in fase preliminare: «Nelle scorse settimane sono state spalancate le porte di beni ed edifici storici, con aperture straordinarie che hanno coinvolto tutta la comunità. Per il 2020, voglio impegnarmi sul Settecento parmense, che ha modificato significativamente il volto urbano. Ho appreso favorevolmente la collaborazione siglata tra i Comuni emiliani per sostenere la vincitrice. I punti di contatto tra Parma e Piacenza sono numerosi. Uno su tutti è il segno lasciato dalla famiglia Farnese». Ecco perché un ponte di collegamento potrebbe manifestarsi sulla fantasia avanzata a novembre dalla pittrice Alessandra Chiappini: una grande mostra sulla famiglia Farnese, focalizzata sull’ascesa a Roma, la figura di Papa Paolo III – di cui si potrebbe ospitare il ritratto di Tiziano -, la famosa congiura ordita dai Gonzaga che portò alla defenestrazione di Pierluigi, l’arrivo in città dei maggiori architetti del momento, come il Vignola per la costruzione del palazzo e il Mochi per la realizzazione delle statue equestri.