politica
Il generale Pappalardo in piazza Cavalli: «Non andate a votare, uccidiamo lo Stato»
Oggi pomeriggio il generale dei carabinieri in pensione Antonio Pappalardo ha provato a scaldare gli animi (pochi, a dire il vero) dei piacentini. In piazza Cavalli, su un palchetto di travi di legno raffazzonate, ha sfoderato i punti principali della sua “rivoluzione trash”.
«Ribellatevi, il prossimo 4 marzo dichiarate al presidente di seggio che i simboli sulla scheda vi fanno vomitare, così diventerete un popolo libero e sovrano». Oggi pomeriggio il generale dei carabinieri in pensione Antonio Pappalardo ha provato a scaldare gli animi (pochi, a dire il vero) dei piacentini. In piazza Cavalli, rintanato sotto ai portici di palazzo Gotico per proteggersi dalla pioggia, su un palchetto di travi di legno raffazzonate, ha sfoderato i punti principali della sua “rivoluzione trash”. «Il Rosatellum è una legge elettorale delinquente. Se andate a votare, siete peggio della ‘ndrangheta. Astenetevi, fateli morire!». Il suo movimento, che radunerebbe fantomatiche “truppe” per allontanare i «cialtroni abusivi che occupano le istituzioni», non si è candidato in nessun collegio, incitando a non recarsi alle urne. Il motivo del comizio a Piacenza è stato soprattuto il noto caso di cronaca che ha visto l’aggressione in centro storico a un brigadiere, durante il corteo di protesta contro Casa Pound. «Non esiste più la libertà. Quando un uomo cade a terra, va risparmiato. I lestofanti dei centri sociali hanno massacrato il carabiniere. Ci sarà un regolare processo agli autori del reato, ma stavolta occorre dare un esempio di severità».
Pappalardo sta sbancando sui social network, dove le sue folli sfuriate raccolgono migliaia di like. Al suo arrivo, una quindicina di sostenitori già presenti, apparentemente provenienti da altre città, l’ha avvicinato calorosamente: “Buongiorno generale, grazie a Dio è qua”, “generale, ci aiuti lei” e ancora “chi sta con noi non deve vergognarsi”. L’ex militare, appoggiato da nostalgici del fascismo e complottisti, invoca la pace e si oppone alla violenza, ma lo fa con toni talmente duri e severi che a qualcuno risulta difficile credergli. È già stato parlamentare e sindacalista, in passato vicino al Partito socialdemocratico, ad Alleanza Nazionale, ai Radicali, al Movimento per le autonomie di Raffaele Lombardo e persino al Movimento dei Forconi.
Ne ha avuta una per tutti. Per il ministro della salute Beatrice Lorenzin, «che dovrebbe fare la sguattera, invece di imporre i vaccini. Ho assistito a dei bambini che, dopo le iniezioni, si sono trasformati in mostri. Se fossi loro padre, imbraccerei il mitra e sparerei al ministro». Per i parlamentari, «che in Romania sono stati gettati nei cassonetti, mentre qui passeggiano tranquillamente». Per il direttore del quotidiano “Libero” Vittorio Feltri, «che dovrebbe chiamare il suo giornale “Schiavo”». Per Pietro Grasso, che sarebbe un «cialtrone» e che «spinge a compiere azioni fuorilegge». Per il leader dei 5 Stelle Luigi Di Maio, che «va in America e in Inghilterra ad annunciare che anche col suo governo l’Italia si metterà a pecorina. Se io domani lo acchiappo e gli sputo in faccia, commetto un reato?». Poi ha calcato la differenza con il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella: «Lui, un fantoccio eletto da parlamentari fasulli, dice di votare. Io, figlio di un padre deportato per non aver tradito la Patria, vi dico di astenervi. A dicembre ci siamo presentati al Quirinale per arrestare Mattarella. I corazzieri ci hanno ben accolti, giustificandosi che il signor Sergio non era disponibile. Lo arrestiamo e non si fa trovare, ma con chi abbiamo a che fare?».
Con un pizzico di Soros-Ciampi-massoneria, ha calpestato pure il terreno del complottismo. «Stanno preparando l’ammucchiata, non ve ne siete accorti? Hanno tradito la sovranità del popolo, e devono risponderne. Noi carabinieri ci siamo rotti i coglioni di essere etichettati in malo modo. Totò Riina è stato catturato grazie a noi», ha urlato vigorosamente Pappalardo, intanto che la cassa dell’audio ha perso colpi e un improvvisato tecnico del suono è corso a riparla. Per combattere la disoccupazione, il generale ha invitato a copiare le misure attuate dal nazista Hjalmar Schacht, ministro per l’economia del Terzo Reich.
Alcuni passanti, incuriositi dalle strane scenate di quest’uomo, si sono fermati per qualche minuto tra l’incredulità e la preoccupazione. Anche il presidente del consiglio comunale, Giuseppe Caruso, ha ascoltato parzialmente il comizio. Pappalardo, dopo aver onorato i due Farnese sulle state equestri della piazza («grandi condottieri, non come i “quaquaraquà” di adesso»), ha gridato un appello finale: «Voglio salvare l’Italia, nessuno mi fermerà. Noi siamo i sovrani», indicando i soli ventisei presenti in quel momento, tra cui gli agenti della Digos e un giornalista. Senza essersi accorto, oltretutto, che il tricolore, affisso al contrario sul palchetto, sembrava la bandiera ungherese.