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curiosità

Le estati a Biana, dove niente faceva bene come gli stricci del Nure

Le sensazioni che FauziaEBon prova quando ripassa a Biana, nel Comune di Ponte dell’Olio, dove trascorreva l’estate con i suoi nonni, pescando gli stricci dal Nure e contando le case nel paesello. Tratto dalla pagina Facebook Sopra La Riga

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A Biana.

Si prende per la Val Nure. Poi passato Ponte dell’Olio puoi accelerare anche un po’ sulla bella e larga Statale semi-deserta già alle nove di sera. Le strade nel piacentino sono così sorprendentemente libere nelle ore notturne che tolgono il fiato e l’orientamento. Lo spazio e il tempo si dilatano anche in auto: asfalto nero confuso di cielo dello stesso tono ingloba musica ad alto volume con lampi nei miei umani ricordi; luoghi che si sentono affettivamente propri senza esserli veramente mai stati.

Anche la parola affitto suonava all’orecchio di bambina un nonsenso, riguardando una casa che io ritenevo mia e non comprendevo nemmeno un’idea di casa in prestito a tempo determinato con cui i nonni cercavano di dare spiegazioni plausibili. Odore di pesciolini fritti nell’olio bollente. La scala fatta di corsa, il cancelletto di legno fabbricato dal nonno perché mia sorella più piccina non cadesse dal ballatoio e io che urlavo ”no, nonna, le metto io nella farina le farfalle!”. Perché non si poteva dire che erano gli stricci del fiume, c’erano le guardie che avrebbero dato la multa al nonno per avermeli lasciati pescare. Noi, io e il nonno, partivamo di buon’ora dal centro del paese e  scendevamo al fiume, che quando avevo sei anni c’era il fiume, c’era l’acqua e c’erano meno sassi. Adesso vedo solo tanti sassi e chissà chi ha bevuto tutta l’acqua…

Contavo le case come compito di matematica per le vacanze

Quelle quattro case che ancora oggi sono il paese in estate erano per me dei contapassi. Da casa al fiume e ritorno. Contavo le case come compito di matematica per le vacanze, salutavo e chiacchieravo con gli anziani seduti sulla sedia di paglia davanti all’uscio per imparare storia, geografia, il dialetto e i proverbi utili. Si imparano cose anche senza i libri delle vacanze stando con i nonni. Arrivati alla chiesa c’era da attraversare la statale, che non era larga come ora, ma aveva una cosa che ora non c’è più: la linea elettrica Piacenza-Bettola. Un trenino elettrico. Io non l’ho visto in funzione, era già in disuso da alcuni anni ma la fermata per Biana c’era ancora. E sarebbe utilissimo se ci fosse ancora quella linea ferroviaria…

Comunque finito l’attraversamento si era arrivati in Nure. E potevamo pescare. Più che pesca pesca era una lezione di scienze. Si studiavano le rocce e le piante, le foglie e i fiori, gli insetti, i pesci, i rettili… Senza nulla togliere a anni di ottimi libri scolastici ho sempre appreso molto meglio osservando dal vivo mentre qualcuno mi teneva per mano. Anche il pescare era una faccenda magica. C’era il divieto. Ma secondo il nonno ero troppo magra e secondo lui niente faceva bene come gli stricci del Nure perché mangiavi anche la testa. Quindi per farla franca cosa si faceva? Mi aveva comprato un secchiello, quelli disegnati per giocare con la sabbia. Aveva comprato un retino per farfalle ma aveva messo una rete più fitta. Aveva costruito un coperchio per il secchiello e poi aveva dettato le regole del gioco: silenzio di tomba con tutti o lui sarebbe finito in galera con la palla al piede come nei film e io non lo avrei più visto.

Quindi noi andavamo per farfalle. Il retino per le farfalle era per prendere i pesci da friggere ma giuro che il secchiello era tanto piccolo e faticava a contenere tanti pesciolini. In più se ne finivano troppi nella rete il nonno faceva a metà. Metà li rimetteva nel fiume. Ecologia e salvaguardia del patrimonio mi ha insegnato anche. Poi si tornava a casa. Tutti nel paese sapevano perfettamente che di farfalle nel secchiello non ce n’erano, ma stavano al gioco.Se li incontravamo si passavano cinque minuti a raccontare bugie in allegria:

– Allora, di che colore sono le farfalle oggi?
– Gialle e azzurre.
– E adesso le porti alla nonna? La farina c’è o te ne presto un poco io?
– No no, la farina c’è.
– Stai attentissima che intanto che le passi nella farina scappano.
– No, le curo io…

In pratica la mafia ero io. E collaborava tutto il paese! Le tre stanze prese in affitto, che per me erano casa, erano sopra all’ufficio postale. Tre case in Biana, microscopico paesino, ma la posta c’era. E c’era la postina. La Giovanna.
Che ancora oggi non so se era la postina o l’affittuaria della casa. Era la Giovanna. Punto. E adorava le farfalle fritte.

C’è l’incrocio e devo girare su per la strada a sinistra di fianco alla chiesa. È ancora uguale, come quarantacinque anni fa. Si sale, curva a sinistra, incrocio, giri a destra, conti trentun passi, fai un salto e sei a casa. Eccomi. Il ristorante è sempre quello, davanti alla posta. Io sono arrivata in auto perché mi aspettano a cena quelli di Bettola. Dicono si mangi un’ottima bortellina… Ma io sento un profumo di pesciolini fritti.

FauziaEBon

Admin di varie pagine Facebook e influencer dei social network piacentini, si definisce «una con un caleidoscopio al posto del cervello, che vede tutto strano. Vedo fare cose fatte per dissimulare, per non fare le cose che invece si dovrebbero fare ma che sono scomode da applicare a questo mondo senza più coraggiosi. Ho iniziato a scriverne, a modo mio, per ribellione. Voglio farvi sorridere per mostrarvi e farvi riflettere su ciò che ci vogliono vendere per buono ma che invece è amarissimo».