curiosità
Daphne Sangalli, la “diseducatrice sessuale” risorta da un passato difficile
Tra il serio e il faceto, la consulente sessuologa Daphne Sangalli – nota come “Daphne Vibrante” – incoraggia i piacentini sotto le coperte. La sua è una vera e propria missione terapeutica che sfida il bigottismo nel nome della “diseducazione sessuale”.
«I piacentini a letto sono favolosi. Ma si giudicano tantissimo, anche nel momento in cui chiedono aiuto: questo li porta a reprimere la propria sessualità e, spesso, anche quella del partner. Al di là di ciò, un loro grosso problema è la miriade di centri commerciali, altamente de-erotizzanti». Tra il serio e il faceto, la consulente sessuologa Daphne Sangalli – nota come “Daphne Vibrante” – incoraggia i piacentini sotto le coperte. La sua è una vera e propria missione terapeutica che sfida il bigottismo nel nome della “diseducazione sessuale”: «Siamo già tutti sessualmente educati, non per forza in modo ottimale per ciò che è la nostra essenza. Diseducare significa andare a cercare i semi dell’educazione che si sono trasformati in erbacce infestanti e sradicarle, per creare uno spazio adibito alla semina di qualcosa di più consono all’individuo. Io libero da ciò che non serve o che, ancora peggio, lede l’espressione delle esigenze più intime delle persone».
Non è stato semplice chiederle di descriversi: «Non amo particolarmente le presentazioni, preferisco usare ogni attimo del mio tempo per aiutare la gente, compresa me stessa, anziché esporre come una vetrina scialba di emozioni le mie competenze e il mio ruolo», risponde Daphne. «Ho mille progetti e, attualmente, una sola vita: ho promesso al mondo che parlerò di sessualità in modo allegro e divertente. Per la società sono una semplice educatrice e consulente sessuologa. Ho allestito uno studio professionale in modo più allegro e dinamico rispetto allo standard. Voglio diffondere l’informazione sessuale affinché le persone possano scegliere come esprimere la propria sessuoessenza. Perciò faccio spettacoli dove racconto la storia della sessuologia, prendendola un po’ in giro», ammette, «ma le persone attraverso le risate apprendono e si accettano di più».
Hai avuto delle brutte esperienze con il sesso che ti hanno portata ad approfondire la materia?
«Ho vissuto esperienze difficili nella mia vita: non con il sesso, ma con chi me lo ha presentato quando avevo cinque anni e non ero ancora pronta a conoscerlo. Con il sesso siamo diventati amici, mi ha salvato la vita tante volte. Ho lavorato molto sul perdono e l’ho fatto da sola. Una costante nel mio percorso di vita è stata la solitudine. Spesso i genitori non riescono a vedere le ferite dei figli; sono troppo brutte per essere guardate e, nel mio caso, anche qualche psicoterapeuta mi ha trattato con leggerezza. Una in particolare mi ha detto: “Gli abusi non sono rilevanti”. Ricordo il gelo nei suoi occhi e il senso di umiliazione che sentii. Da quel giorno ho lavorato su me da sola, con mentori, leggendo, studiando, distruggendomi, ricomponendomi, confrontandomi. Ho scelto di conoscermi: è stato faticoso, ma illuminante. Da questo lavoro è nata una grande forza in me e un’enorme consapevolezza. Quando sono guarita, ho deciso che il mio “Mde” – cioè “motivo di esistere” – sarebbe stato quello di aiutare le persone a non subire ciò che avevo subito io. Grazie per la domanda, sei il primo che ha avuto il coraggio di farmela e vorrei dirti ancora tantissime cose».
Cosa ignorano i più giovani sulla sessualità?
«Non ho la presunzione di saperlo. Posso portare la mia esperienza, in base alle persone che seguo. I giovani non ignorano più niente: è tutto a portata di mano, nel cellulare. Ci vorrebbe più ignoranza. Scherzi a parte, ma non troppo, i ragazzi ignorano che fantasia e desiderio non sono la stessa cosa. Talvolta è la mancanza di scissione rispetto a questi due elementi che porta i teenagers a vivere una sessualità più insicura e menomata rispetto alle loro potenzialità. Non amo l’accanimento che il mondo adulto sta mostrando verso lo “stile di sessualità” delle nuove generazioni. Mi fa sorridere il fatto che si sputi su ciò che noi stessi abbiamo cresciuto. I giovani hanno enormi potenzialità: sono veloci ma difficilmente accessibili. Non perché non hanno bisogno di aprirsi, ma perché non sono così stolti da denudarsi dinnanzi a un mondo adulto che li giudica».
Qual è il problema più comune per cui le persone ti chiedono un consiglio?
«Il 40 percento delle persone si rivolge a me perché ha un disturbo del desiderio sessuale ipoattivo o d’anoressia sessuale. Manca la voglia di fare l’amore, sia nel mondo maschile che femminile. Così sfatiamo il mito che solo la donna può avere il libidogramma piatto».
Quali sono le “erbacce” da rimuovere nell’intimità?
«Chiedo agli assistiti di eliminare i vocaboli giusto e sbagliato nel sesso. Come posso conoscermi intimamente se anziché ascoltare il mio piacere, i miei desideri, le mie fantasie e la mia eccitazione, o anche la mancanza di ciò, rimango attento a quello che è giusto o meno? Cosa significa giusto? Esiste una cosa giusta? Nel sesso esistono il bene, il rispetto, il piacere, ma anche i suoi opposti. È questo che dobbiamo ascoltare, per poi comprenderlo, accettarlo ed eventualmente amarlo oppure odiarlo. In questo modo il sesso può essere usato per canalizzare l’amore, la gioia, ma anche la rabbia e la tristezza. Dovremmo usare questa potenza a letto, portando le energie nella sessualità. È un concetto difficile: scriverò un libro per esprimerlo meglio».
Quanto il sesso è ancora un argomento tabù in Italia?
«L’andamento sessuale italiano andrebbe preso, diviso e trattato in base alle zone (non per forza Nord e Sud come pensano tutti). Ho la fortuna di seguire persone dislocate un po’ in tutta Italia, così ho imparato a non dare mai nulla per scontato. Ti rispondo con un banale “dipende”, perché non voglio generalizzare. Sicuramente un po’ di tabù è necessario a dare limiti a una materia che altrimenti perderebbe tutto il suo erotismo».
Prossime iniziative in programma?
«Aspiro a portare i miei due spettacoli in tutta la Penisola: “Perché le donne rompono i coglioni?” e “DisORGASMIzziAMOci”. Per ora sono a Piacenza, Brescia e Milano. Voglio andare nei teatri e nelle piazze. Molti mi incitano a pubblicare video-lezioni: forse le registrerò per adattarmi, ma io voglio parlare in mezzo alla gente, guardando le persone negli occhi, sentendo la loro gioia e anche la loro sofferenza. Voglio tornare a essere umana e ritrovare le persone che come me hanno questa esigenza. L’obiettivo più grande è quello di aprire una struttura in mezzo alla natura, dove accogliere i bisognosi, un po’ come fece il pedagogista svizzero Johann Pestalozzi».