curiosità
Manuel Bongiorni, l’artista poliedrico che spazia dall’umorismo alla musica

Che sia umorismo, satira o comicità, la finalità non cambia: far ridere. Manuel Bongiorni, poliedrico artista 45enne originario di Bettola, ha familiarità con questa dote. E non solo con questa: in campo musicale, si cela dietro allo pseudonimo “Musica per bambini”, il contenitore di un genere ibrido che mescola note elettroniche, metal, medievali, favole e filastrocche. «Sperimento un linguaggio onirico che tende a disegnare “cose” per aria», tenta di delucidare Bongiorni. Meglio approfondire. Ci incontriamo al Baciccia, di fronte a un piatto di crespelle al radicchio e una pirofila di verdure arrosto al sapore di miele.
Come ti presenteresti?
«Sono un umorista e un autore. Non ho domande e non ho risposte – scherza -. Non faccio satira: è un’arte verso la quale ho un’enorme ammirazione, che coltiva anche un intervento sociale critico e costruttivo. Io sono un umorista. È una distinzione tecnica, che vista da fuori si annulla: si cerca sempre di far divertire il pubblico».
Dove esprimi il tuo umorismo?
«Scrivo qualche battuta spiritosa sui social network, soprattutto sulle pagine Facebook “Spinoza.it”, “Prugna” e “Feudalesimo e Libertà”. Purtroppo, succede che sulla rete vengano rubate le idee. Invento anche imitazioni che propongo nei miei spettacoli estemporanei. Mi sono specializzato nella parodia dell’ex rugbista Vittorio Munari e del cantante Enrico Ruggeri».
In che modo si prepara un’imitazione?
«Non è del tutto spontanea, ma richiede un po’ di allenamento. Non consiste nella clonazione, ma nell’interpretazione di un personaggio che diventa la maschera di se stesso, dando risalto alle espressioni che nasconde tra le righe. Secondo me, un’imitazione può considerarsi tale quando è la prima del suo genere: l’artista dovrebbe essere il primo a imitare il personaggio in una determinata maniera».
La satira comporta dei rischi?
«Sì, n’è stato un esempio l’attentato terroristico alla redazione di Charlie Hebdo. La satira si schiera e prende una posizione. Nel mio piccolo, mi è stato impedito di ripetere alcuni spettacoli perché potevo dire qualcosa di sconveniente. Viviamo in un periodo di assoluto oscurantismo, ne sono convinto. Il politicamente corretto si è inserito negli spazi vuoti di idee, come una sorta di buon gioco per gli stupidi. La gente non va a cercarsi determinati contenuti».
Esistono dei confini alla satira?
«Il grosso limite della satira è che generalmente non viene capita. Ha più limiti il fruitore rispetto alla satira stessa. È un’arte che spesso dice il contrario di ciò che si comprende. Penso che dovrebbe essere totalmente libera. Censurare un pensiero significa sostituirsi all’utente, arrogandosi il diritto di tappargli le orecchie, facendo un torto a chi parla e chi ascolta».
Da che parte ti sei schierato nelle recente diatriba su Gene Gnocchi, accusato dall’opinione pubblica d’aver paragonato Claretta Petacci a un maiale?
«La sua battuta è stata incompresa. Bisogna essere liberi di pronunciarsi anche se qualcuno lo ritiene offensivo, essendo altrettanto liberi di criticare e non di imbavagliare».
Hai dei modelli?
«Il blog “Spinoza” è di ottima qualità. Sul web però, come sugli altri canali d’informazione, si può andare incontro alla censura. La satira attacca il potere. E il potere, a sua volta, può colpire la satira».
Crozza, Gnocchi e gli altri comici mainstream infastidiscono fino in fondo le istituzioni?
«No. Gnocchi e Crozza sono due bravi umoristi, ma non fanno satira. Sono molto affezionato a Gene Gnocchi. Quando giocavo a calcio negli allievi del Vigolzone, lui militava in prima squadra. Era fortissimo. Ogni tanto lo salutavo, ma probabilmente non si ricorda di me».
Qual è il vezzo tipico e comico dei politici piacentini?
«Sono innamorato del territorio piacentino, quindi attingo numerose risorse dal nostro panorama. Credo che per i politici locali la caratteristica sia quella di voler apparire per ciò che non sono. Li ritrae bene l’insulto bonario “pasgatt”».
Passiamo al progetto “Musica per bambini”. Di cosa si tratta?
«“Musica per bambini” parte da un concetto opposto a quello territoriale. Gioco in particolare con i rumori, su una base di musica elettronica e concreta, abbinando elementi sonori e visivi. Nei concerti dal vivo mi affiancano altri musicisti e attori teatrali. Da poco si è conclusa un crowdfunding grazie alla quale realizzeremo un nuovo album e una web tv».
Una web tv?
«Sì, trasmetterà gli spin off (prodotto audiovisivo nato da un’opera precedente, ndr.) di una fiaba inventata con “Musica per bambini”. S’intitola “La Volpe e l’Hoover”. Racconta la storia di una volpe simile a Mastrota che vuole vendere un’aspirapolvere a una signora, continuando ad aumentare la potenza dell’apparecchio per dimostrare quante cose riesca ad aspirare. Pian piano, però, risucchia lo studio televisivo: spazio e tempo si annullano, creando un buco nero dal quale si originano altri canali bizzarri, come “Radio Regno d’Italia solo musica sabauda” o “MTVecchi”».
Che pubblico s’interessa a questo linguaggio?
«Posso vantarmi d’avere un pubblico eterogeneo, con tanti giovani. Giovani veri, non giovani rispetto a me. Nell’ultimo tour, ho assistito alla scena di una mamma che accompagnava i figli a vedere “Musica per bambini”».
Nell’era del web, è ancora possibile vendere i propri dischi?
«Le esibizioni live sono una buona occasione per comprarli. Ma il cd ormai è uno zombie. E la forma dell’album è altrettanto superata».
Qual è la chiave per capirti?
«Provare ad ascoltarmi».
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