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Calendasco, bene confiscato alla mafia rinasce con studenti, profughi e associazioni
Non siamo a Corleone, ma a Calendasco: un paesino con poco più di duemila abitanti nella provincia di Piacenza, dove il prossimo 12 maggio verrà inaugurato un bene confiscato alla mafia e restituito alla collettività grazie all’impegno corale di studenti, cittadini e associazioni.
Non siamo a Corleone, ma a Calendasco: un paesino con poco più di duemila abitanti nella provincia di Piacenza, dove il prossimo 12 maggio verrà inaugurato un bene confiscato alla mafia e restituito alla collettività grazie all’impegno corale di studenti, cittadini e associazioni. Lo stabile, sequestrato nel 2009 a un palermitano, all’epoca conteneva un’azienda attiva nel campo delle autogru. Il pignoramento venne confermato dalla Corte d’Appello di Palermo il 6 febbraio 2012 e divenne confisca definitiva il 25 ottobre 2012 con la sentenza della Corte di Cassazione. Tre anni dopo, l’Agenzia Nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata consegnò il bene al Comune di Calendasco.
Protagonisti della riqualificazione – il cui cantiere è partito esattamente due anni fa – sono stati anche i sedici richiedenti asilo ospitati presso l’ostello “Le tre corone” del paese, da alcune settimane impegnati in modo assolutamente gratuito per dare una nuova vita a questo capannone situato nella zona industriale di Ponte Trebbia. Al loro fianco, ha operato un gruppo di studenti francesi arrivati a Piacenza nell’ambito del progetto Erasmus. Sotto lo stretto coordinamento di docenti e professionisti dell’Ente Scuola Edile di Piacenza, hanno realizzato passo dopo passo quanto previsto dal progetto dell’intervento: un mix delle migliori proposte emerse con il concorso di idee promosso nei mesi scorsi, a cui ha preso parte una ventina di alunni della scuola stessa, realizzando uno spazio che sarà destinato al ricovero delle attrezzature comunali e al coinvolgimento delle associazioni locali. In ragione del servizio prestato, ieri mattina hanno ricevuto un attestato dall’amministrazione municipale alla presenza del sindaco Francesco Zangrandi, di Filippo Cella e Cristina Bianchi, presidente e direttore della Scuola Edile, e di Antonella Liotti, referente dell’associazione “Libera”.
«Il percorso intrapreso per la riqualificazione del bene confiscato alla mafia mi commuove», ha esordito Antonella Liotti, referente piacentina di “Libera”, l’associazione contro le mafie presieduta da don Ciotti. «Il sindaco inizialmente si era affidato a “Libera” per avviare un discorso culturale con la cittadinanza, creando una rete di soggetti sensibili alla tematica. Dopo, però, abbiamo affiancato l’amministrazione dal punto di vista legale a causa di controversie sorte tra l’istituzione e gli ex-proprietari dell’immobile». Nel cantiere, sono state coinvolte la scuola media di Calendasco, Legambiente, il liceo Gioia e Respighi per ripulire l’area, facendosene simbolicamente e concretamente carico. La Regione Emilia-Romagna ha finanziato 24mila euro (a fronte di una spesa prevista complessiva di 34mila euro) per interventi strutturali, tra cui la bonifica del tetto in eternit e l’installazione dell’impianto di videosorveglianza.
«A fare affari con la criminalità organizzata si perde tutto»
Questa cooperazione civile sembrerebbe aver infastidito qualcuno: «L’anno scorso, durante la notte, è stato cancellato un cartellone affisso sul capannone dai ragazzi che avevano collaborato. Pochi mesi fa, inoltre, è stata rimossa la parola “mafia” da un manifesto appeso dai liceali. In risposta a questi atti intimidatori», ha annunciato Liotti, ringraziando le Forze dell’ordine per il sostegno, «i richiedenti asilo lasceranno le proprie impronte colorate sulle inferiate del cancello all’ingresso. Il bene confiscato alla mafia diventerà un laboratorio di legalità a disposizione di chiunque. Nel nostro territorio le infiltrazioni sono soprattutto di carattere economico, come testimoniato dai recenti processi Blackmonkey e Aemilia. Deve passare il messaggio che la confisca funziona e che a fare affari con la criminalità organizzata si perde tutto».