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Chi è il pontenurese Simone Cremona, campione italiano e bronzo europeo di Padel

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Il Padel è nato da un errore, in un terreno da tennis troppo piccolo a causa di un calcolo sbagliato, che poi il messicano Enrique Corcuera ha sfruttato per creare un nuovo gioco. Un incrocio tra i racchettoni da spiaggia e il tennis, in cui si gareggia solo in coppia e i muri sono visti come parte integrante – se non spettacolarizzante – del campo. Perché ciò che ne esce è uno scontro rapido in cui nessuna pallina è irrecuperabile. In Italia, si è sviluppato da pochi anni e solo da un mese è sbarcato nella nostra provincia. Tra i fuoriclasse di questa disciplina avveniristica c’è il pontenurese Simone Cremona, 28 anni, campione italiano di padel e bronzo agli Europei, che da giugno curerà i corsi nel “Centro Padel Piacenza” a Podenzano.

Quando hai iniziato a impugnare la racchetta? 

«Ho cominciato a frequentare i corsi di tennis all’età di quattro anni e a otto ho disputato i primi tornei. Il mio maestro era Andrea Fornari. Ho militato fino ai quattordici anni da agonista nella Vittorino. Ho disputato alcuni tornei internazionali in America. Ero una giovane promessa, ma ho scelto di dedicarmi agli studi».

Questa scelta ti ha fatto capire che non era lo sport adatto a te? 

«La decisione di allontanarmi è avvenuta in seguito alla mia presa di coscienza che, se mi fossi dedicato esclusivamente al tennis senza emergere come professionista, avrei potuto solamente fare il il maestro. Come prospettiva non mi entusiasmava…».

E poi hai scoperto il Padel.

«Si, lo conoscevo già grazie alle vacanze trascorse in Spagna. Ma nel 2016, dopo una partita di prova a Peschiera del Garda, mi sono lasciato trascinare e ho fatto la tessera in un circolo specializzato. Quell’estate, insieme all’amico Gianluca Beghi, ho partecipato a un torneo a Riccione e i risultati sono stati fuori da ogni previsione».

Cioè?

«Abbiamo vinto la nostra prima partita in coppia e nel turno successivo abbiamo sfidato le teste di serie del torneo: due giocatori della Nazionale. Incredibilmente, abbiamo tenuto loro testa per parecchio tempo e, nonostante la sconfitta, quella partita mi ha dato lo stimolo per allenarmi con costanza. Non provavo da tempo tanto piacere a stare in campo: fidandomi delle mie sensazioni, ho deciso di investire più tempo nel Padel».

Alcuni tennisti sostengono che il Padel sia meno faticoso.

«Dal punto di vista dei tennisti, questa visione è comprensibile ma sbagliata: si tratta infatti di uno sport molto più dinamico e rapido del tennis».

Come calibri gli allenamenti?

«Di regola, inizio ad allenarmi due o tre settimane prima di una partita, dando molta importanza alla preparazione atletica che assomiglia a quella degli sport di squadra. Cerco di focalizzarmi sugli stili di gioco dei miei avversari per sapere come fronteggiarli al meglio. E studio i movimento del mio compagno per coordinarmi con efficacia».

E dal punto di vista mentale?

«Prima dei match mi isolo e rifletto. Voglio concentrarmi. È il mio modo di gestire la paura e l’ansia per arrivare in campo con la testa più libera e leggera possibile».

Qual è stata la partita più emozionante che hai vissuto? 

«Non dimenticherò mai i quarti di finale degli “Italiani estivi 2017” al Foro Italico contro due teste di serie. Al tie break abbiamo ceduto completamente fino ad arrivare a un parziale di 5 a 0 per loro. Il morale era a terra, ma abbiamo recuperato chiudendo con una vittoria per 8 a 6. È stata un’impresa».

E quella più divertente? 

«Una tappa dello “Slam di Roma” nel 2017. A metà partita, mi sono reso conto che non sentivo alcuna pressione. Ero contento di come stavo giocando».

Dove ti vedi tra due anni?

«Desidero mettere in cassaforte l’anno appena passato, perfetto e ricco di felicità a livello sportivo e personale. Vorrei classificarmi tra i primi cinque al mondo di Padel, pur non facendone una fissazione. L’obbiettivo è quello di migliorare: andrò in Spagna per imparare, sfruttando il primato italiano per giocare più tappe mondiali possibili».

Davide Reggi

Classe 1995, da amante folle di cibo e vino si laurea in Scienze Gastronomiche a Parma, dove inizia a coniugare la passione con la scrittura. Ama il silenzio ma anche chi sa parlare, tanto da avere l'ipod pieno di monologhi; venera Marco Paolini, Roberto Bolano e chiunque si esprima con un po' di intelligente leggerezza.