cultura
Reduce dal tour in Canada, lo scrittore piacentino Dadati sfavilla con “L’ultima notte di Antonio Canova”
Non è semplice farsi conoscere per il proprio lavoro nel piacentino. Immaginate farlo fuori dall’Italia, o addirittura fuori dall’Europa. Gabriele Dadati, scrittore e contitolare di “Papero Editore”, sta riuscendo nell’ardua impresa grazie al suo libro “L’ultima notte di Antonio Canova” (Baldini+Castoldi), romanzo incentrato sull’artista internazionale Canova che – steso nel suo letto di morte – vuole rendere un’ultima confessione prima di andarsene.
Gabriele, com’è nata l’idea di questo libro?
«Il libro è nato molti anni fa durante gli studi per la tesi di laurea. Un piacentino importante dell’Ottocento, Pietro Giordani, era amico di Antonio Canova: ci ha lasciato così un panegirico, cioè un discorso di elogio che ho studiato all’università e da cui poi ho tratto un’edizione critica commentata. Dopo la laurea, è cresciuta la passione per Canova e la voglia di provare a raccontarlo in un romanzo».
Hai appena concluso un tour di presentazioni in Canada. Come reagiscono i canadesi di fronte alla cultura italiana?
«Il Canada è una nazione fortemente multiculturale e multietnica. La minoranza italiana ha una grande tradizione culturale e una presenza molto radicata. Da sessant’anni viene pubblicato e distribuito un quotidiano in lingua Italiana: il “Corriere Canadese”. Il risultato è che, quando si porta un contributo di cultura italiana come nel caso di Canova, è ben accetto e crea un forte interesse».
Il tuo libro è stato apprezzato pienamente dalla popolazione canadese?
«Credo di sì. Ho partecipato a tre incontri: due a Toronto e uno a Ottawa. Si sono sempre conclusi con domande e momenti di dibattito, perciò penso che ci sia stata una buona accoglienza e un interesse autentico da parte dei canadesi».
Invece i piacentini come hanno accolto “L’ultima notte di Antonio Canova”?
«Andrebbe chiesto ai lettori. Credo bene, almeno in base al dialogo che ho con le persone che incontro o con le quali chiacchiero. Comunque, chi giudica male l’opera normalmente non lo dice all’autore – ride –. La mia ottica è parziale, però rispetto ai libri precedenti mi ha portato a dialogare con numerosi lettori in più».
Come concili l’attività di editore con quella di scrittore?
«L’attività di editore è un’amplificazione di quella da scrittore. Lo scrittore ha il desiderio di mettere al mondo una buona storia. L’editore abbraccia e valorizza ciò che altri hanno da dire. In fin dei conti, mette al mondo più storie di quelle che un solo scrittore può concepire. L’editore può essere immaginato come un iper-scrittore, uno scrittore che accoglie scrittori».
Fabio Carini