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«Mi piacciono i piacentini operosi». Gli studenti del Gioia interrogano il sindaco Barbieri
I redattori del giornale del liceo Gioia “L’Acuto” hanno intervistato il sindaco di Piacenza Patrizia Barbieri, che tra pochi giorni spegnerà la candelina del primo anno di mandato.
Per capire meglio la nostra città e curiosare sui prossimi eventi culturali (e non solo) abbiamo voluto rivolgerci alla nostra sindaca Patrizia Barbieri, che si è dimostrata disponibile a parlarne apertamente. Tra progetti futuri, risentimenti e rivelazioni abbiamo tracciato una piccola mappa della città per orientarvi alle diverse iniziative e presentare in piccolo il ruolo del sindaco.
Tre cose che le piacciono di Piacenza.
«Allora, riguardo le cose che mi piacciono innanzitutto i piacentini, mi piace come siamo operosi, come siamo attenti. Un’altra cosa che mi piace molto sono le ricchezze della nostra città: abbiamo dei tesori nascosti, spesso sconosciuti agli stessi abitanti, e secondo me questa è una peculiarità incredibile. La terza cosa che mi piace è la ricchezza del patrimonio artistico privato, che è bellissimo, e va dalle case con giardini e scaloni incredibili che potrebbero essere riscoperti, messi a disposizione del pubblico e essere un’occasione per fare cultura, ospitando anche solo manifestazioni di nicchia, penso per esempio a eventi musicali particolari».
Tre cose che invece non le piacciono e cambierebbe subito.
«Non mi piace una Piacenza disordinata, e c’è ancora molto da fare dal punto di vista della riqualificazione di alcune zone della città. Non mi piace la scarsa attenzione che c’è stata nel tempo alle tematiche ambientali. Non mi piace il sistema viabilistico caotico: uno dei problemi di Piacenza è l’assenza di un adeguato sistema di parcheggi scambiatori, ovvero parcheggi in cui lasciare l’auto e poi raggiungere il centro con la navetta, e questo può essere determinante anche nei riguardi delle politiche ambientali».
A proposito di questo: Piacenza è una delle città più inquinate del Nord Italia. Quali sono le strategie della giunta per contrastare il problema inquinamento?
«Ciascuno deve fare la propria parte, quindi anche l’amministrazione deve iniziare a mettere in atto dei sistemi pianificatori. Penso ad esempio al piano urbano per la mobilità sostenibile, che noi ci accingiamo ad attuare. Ho proposto anche a Legambiente di fare parte di questo tavolo perché le buone soluzioni vengono ovviamente anche dalla collaborazione».
Piacenza è arrivata fra le città finaliste per diventare Capitale della Cultura 2020. Secondo lei cosa ci è mancato per vincere?
«Io non penso ci sia mancato molto per vincere, forse quello che manca un po’ al piacentino in generale è credere. Qualcuno dice che Piacenza è una città triste, io non penso che lo sia, tutt’altro. Penso invece che ci sia la tendenza a non credere in sé stessi, nelle grandi occasioni e nelle grandi potenzialità. Quando sono stata al Ministero a presentare il nostro progetto, la commissione che giudicava le candidature era veramente colpita dalle nostre ricchezze, non solo dal punto di vista culturale ma anche da quello produttivo e strategico. Il fatto che dall’esterno apprezzino questo territorio fa comprendere come spesso siamo noi a non credere nelle nostre potenzialità».
Per quanto riguarda i giovani, perché quest’anno non è stato riorganizzato il Festival del Diritto?
«Si è ritenuto che dovesse avere una fine: come ogni cosa, dopo un certo numero di anni, bisogna chiedersi se è attuale. Il Festival del Diritto, ultimamente, non si caratterizzava più a mio avviso come un dibattito a più voci. Era diventato monotematico, ovviamente con interlocutori di grande pregio, ma abbiamo ritenuto di investire su altri tipi di progetti. Ad esempio, il 15 e 16 giugno, e siete tutti invitati numerosi, si svolgeranno gli Stati Generali della Ricerca: due giornate di discussione su sviluppo e innovazione, a cui saranno presenti anche diversi rettori di università. Non è stata una scelta “in negativo”, ma verso progetti più stimolanti, diversi».
Cosa pensa sia necessario fare per coinvolgere di più i giovani nel progettare una Piacenza del futuro?
«I giovani vanno resi protagonisti, bisogna smettere di ritenerli confinati in un mondo a parte. Bisogna dargli fiducia, ma soprattutto coinvolgerli nelle progettualità future. Poi qualcuno si concentra banalmente su “si è aperto uno spazio”, “si è chiuso uno spazio”, ma non è questo il punto. Secondo me il discorso è concentrarsi sulla qualità, dare risposte anche dal punto di vista economico. Mi rendo conto che non avendo la bacchetta magica, non è possibile avere risposte in un anno, però è una politica che va costruita. Bisogna anche comprendere che questi percorsi devono essere ininterrotti, bisogna investire sui giovani di Piacenza ogni giorno, e i risultati arriveranno».
Quali sono i progetti per la riqualificazione di piazza Cittadella?
«Su piazza Cittadella c’è un progetto che risale al 2012, ahimè. Dico ahimè perché – non ne ho mai fatto mistero – trovo francamente una pessima idea costruire un parcheggio sotterraneo nella piazza. Però, quando ci sono dei percorsi avviati non è che si può gettare all’aria carte, fascicoli e quant’altro, in quanto ci sono delle evidenti responsabilità verso un contratto stipulato. Secondo il progetto del 2012, piazza Cittadella dovrebbe diventare una grande piazza con parcheggio sotterraneo. Quello che stiamo cercando di fare, come amministrazione, è andare a incidere sull’area del Laboratorio Pontieri, che è praticamente una città nella città. Bisognerà andare ad attuare delle soluzioni che aumentino il pregio di palazzo Farnese, che è proprio affacciato su piazza Cittadella. In quell’area c’è anche un discorso di recupero, in particolare quello della Chiesa del Carmine, nella quale dovrebbe inserirsi il laboratorio di logistica e mobilità, destinazione data a suo tempo tramite accordi con la Regione. È un tema che non è stato scelto perché deriva dal tipo di finanziamento che all’epoca era stato concordato».
Una domanda più personale: cosa le piace e non le piace del ruolo di sindaco?
«Non ci sono cose che piacciono e non piacciono quando si accetta un incarico amministrativo, perché si accetta allo stesso tempo di impostare la propria vita in prima persona, ma di affidarsi alle esigenze della città. Bisogna insomma cercare di rivedere tutte le esigenze della propria vita più personale: è un sistema di equilibri. Non c’è un discorso né di amore né di odio, fa parte tutto di quello che è il ruolo di amministratore. Quello che sicuramente spiace a volte è la critica gratuita, fatta per partito preso: questo è forse l’aspetto più fastidioso. Poi è chiaro che ci sono anche grandi soddisfazioni».
Per esempio?
«Le grandi soddisfazioni possono venire anche dalle piccole cose. La soddisfazione viene a volte da una lettera di gratitudine, inviata da qualche persona anziana, che nel silenzio più assoluto ti ringrazia per qualcosa. Qualcosa magari di banale, ma sono quelle cose che vengono fatte nel silenzio, dove non c’è l’apparire né delle persone, né di un sindaco, e che però fanno capire che in quel momento lo sforzo fatto è stato apprezzato. E queste piccole soddisfazioni sono anche lo stimolo della quotidianità».
Arianna Fummi, Flora Montecchi e Sara Scotti (testata studentesca del liceo Gioia “L’Acuto”)