curiosità
La storica bottega cittadina “Da Lina si risparmia” va in pensione e chiude i battenti
Tempus fugit. E così, dopo Pino, anche la sorella Lina si è ritirata in pensione.
«G’ho ‘l grupp in gula». È la frase migliore che Angela Averna, detta Angelina e poi Lina, ha trovato per ritrarre il suo stato d’animo. Quattro parole in dialetto piacentino che contengono l’attaccamento e la dedizione al suo negozio, “Da Lina si risparmia”, ma anche e soprattutto il dispiacere nel dover abbassare definitivamente la saracinesca. Lina va in pensione con un “nodo in gola” percepibile, dopo quarant’anni trascorsi ad allestire la sua vetrina in via Conciliazione e a tessere una rete di rapporti umani impagabile, che forse solo un esercizio di vicinato può conoscere.
Quando aprì i battenti nel 1980, l’attività si chiamava “Da Pino si risparmia” ed era condotta insieme al fratello. Qualche anno dopo, Pino si ritirò dal negozio e proseguì l’attività sui mercati (diventando una sorta di “leggenda” tra gli ambulanti, fino alla pensione, nel 2004) e nacque “Da Lina si risparmia”, che per quasi 40 anni non si è mai spostato affermandosi come un marchio di fabbrica della piacentinità. «Mi sono sempre occupata direttamente della compravendita, di assistere alle sfilate per scegliere i capi d’abbigliamento, di allestire e disfare la vetrina, macinando chilometri per selezionare prodotti di qualità rigorosamente “made in Italy”. Restavo in negozio fino alle due di notte, non esisteva la figura del vetrinista. E di giorno badavo anche ai figli, al marito e ai lavori domestici», ricorda Lina, che ha appreso i trucchi del mestiere fin da piccola: «Da bambina, visto che mia mamma non poteva permettersi una tata, andavo con lei sul banco del mercato a vendere i tessuti. Pizzicavo le gambe ai passanti, ero birichina. Terminata la scuola, ho continuato a lavorare a fianco della mia famiglia come commerciante ambulante».
Nonostante l’avanzata della grande distribuzione, la clientela di “Da Lina si risparmia” – probabilmente una delle ultime botteghe classiche in città – ha resistito. «Gli acquirenti sono gli stessi di allora. Ho seguito tre generazioni di bambine, madri e nonne. Pochi giorni fa, si è presentata in negozio una ragazza su consiglio di sua nonna. Ha comprato un abito e mi ha ringraziato. Indipendentemente dalla vendita, ho sempre cercato di dare consigli sinceri, affidandomi al buongusto». Il ricordo più bello? «Ogni attimo. Questa è stata ed è la mia vita. Vivo qua di fronte, dalla finestra intravedo la vetrina. Sarà dura, ma purtroppo il tempo scorre anche per me e devo andare in pensione», risponde a malincuore, con un velo di commozione. «Mi dispiace lasciare tutte le persone che ho incontrato e con le quali ho stretto un legame confidenziale. Alla notizia della chiusura, qualcuno mi ha regalato i fiori. È stato emozionante».
Thomas Trenchi
(Pubblicato sul quotidiano Libertà)