Seguici su

curiosità

Dal Fillmore ai pisarei e fasò, Gianluca Grignani: «Sul palco mi sento McEnroe»

«Il Fillmore per me è rock ‘n’ roll, è voglia di esprimersi». Dall’uscita dell’album “La fabbrica di plastica” in poi, Gianluca Grignani ha frequentato lo storico locale magiostrino sia sul palcoscenico che tra gli spettatori. (@ChiariPhoto)

Pubblicato il

Gianluca Grignani @ChiariPhoto

«Il Fillmore per me è rock ‘n’ roll, è voglia di esprimersi». Dall’uscita dell’album “La fabbrica di plastica” in poi, Gianluca Grignani ha frequentato lo storico locale magiostrino sia sul palcoscenico che tra gli spettatori. Sabato sera, è tornato a Cortemaggiore con in spalla una chitarra acustica e una bagaglio di grandi classici, da “Destinazione paradiso” a “La mia storia tra le dita”. Per trenta minuti, dopo un improvviso temporale che ha rischiato di comprometterne l’esibizione, l’eccentrico artista ha incantato il pubblico del Fillmore Summer Festival, un evento organizzato dall’associazione “Ladri di Fragole” nella splendida cornice del chiostro dei frati francescani.

Che ricordo hai del Fillmore?
«L’immagine che mi viene immediatamente in mente è il locale strapieno e la mia testa più leggera. Infatti, provavo per la prima volta la terribile sensazione di salire sul palco senza i capelli, ai quali per assurdo facevo affidamento per nascondermi. Mi sentivo un po’ smarrito, era il 1999. Ricordo anche un altro bel concerto: non tanto grazie al mio lavoro, visto che non sono mai contento di come suono, ma per l’atmosfera magnifica creata dalla gente».

Auspichi una riapertura di questo club culto, che dagli anni Settanta si è affermato come uno dei più noti dell’underground italiano?
«Certo, ho accettato di partecipare al festival proprio per questo motivo».

Nel 2018, un locale che propone prevalentemente musica live può ancora resistere?
«Negli Stati Uniti, la band rock dei Greta Van Fleet sta avendo un successo incredibile, proponendo solo il basso, la batteria e le chitarre. Insomma, c’è voglia di ascoltare musica “asciutta” dal vivo. E, visto che l’Italia è la brutta copia dell’America, penso che ci sia ancora spazio per questo genere. La musica che sto producendo si basa proprio su questi tre strumenti, con l’influenza dell’hip hop e dell’elettronica che sento in giro».

Che rapporto hai col territorio piacentino?
«Abito qua vicino (nel lodigiano, ndr.) e ho degli amici piacentini. In passato ho frequentato parecchio Piacenza, anche oggi mi capita di pranzare nei vostri ristoranti tipici. Mi piacciono i pisarei e fasò e la pancetta».

Cosa puoi svelare sul nuovo album in fase di lavorazione?
«Uscirà tra pochi mesi. Saranno canzoni legate al rock, con una ricerca sul suono degli strumenti radicali».

Sei un grande appassionato di tennis. Quando sali sul palcoscenico, a quale tennista assomigli?
«Amo provocare, quindi direi a John McEnroe. Ho anche avuto la fortuna di incontrarlo a Roma. Chiacchierando con lui, è nato un siparietto divertente. Mi ha detto: “So che giochi a tennis” e io ho replicato: “So che suoni la chitarra”. Mi ha risposto: “Sì, ma non sono bravo come te”. Ho ribattuto: “Neanch’io gioco a tennis al tuo livello”. Così ha scherzato: “Allora siamo sulla stessa barca”».

Thomas Trenchi
(Pubblicato sul quotidiano Libertà)

Classe 1998, giornalista professionista dell'emittente televisiva Telelibertà e del sito web Liberta.it. Collaboratore del quotidiano Libertà. Podcaster per Liberta.it con la rubrica di viaggi “Un passo nel mondo” e quella d’attualità “Giù la mascherina” insieme al collega Marcello Pollastri, fruibili anche sulle piattaforme Spreaker e Spotify; altri podcast: “Pandemia - Due anni di Covid” e un focus sull’omicidio di via Degani nella rubrica “Ombre”. In passato, ideatore di Sportello Quotidiano, blog d'approfondimento sull’attualità piacentina. Ha realizzato anche alcuni servizi per il settimanale d'informazione Corriere Padano. Co-fondatore di Gioia Web Radio, la prima emittente liceale a Piacenza. Creatore del documentario amatoriale "Avevamo Paura - Memorie di guerra di Bruna Bongiorni” e co-creatore di "Eravamo come morti - Testimonianza di Enrico Malacalza, internato nel lager di Stutthof". Co-autore di “#Torre Sindaco - Storia dell’uomo che promise un vulcano a Piacenza” (Papero Editore, 2017) e autore di "La Pellegrina - Storie dalla casa accoglienza Don Venturini" (Papero Editore, 2018). Nel maggio del 2022, insieme ai colleghi Marcello Pollastri e Andrea Pasquali, ha curato il libro-reportage "Ucraina, la catena che ci unisce", dopo alcuni giorni trascorsi nelle zone di guerra ed emergenza umanitaria. Il volume è stato pubblicato da Editoriale Libertà con il quotidiano in edicola. Ecco alcuni speciali tv curati per Telelibertà: "I piacentini di Londra" per raccontare il fenomeno dell'emigrazione dei piacentini in Inghilterra nel secondo dopoguerra, con immagini, testi e interviste in occasione della festa della comunità piacentina nella capitale britannica dal 17 al 19 maggio 2019; “I presepi piacentini nel Natale del Covid”; “La vita oltre il Covid” con interviste a due piacentini guariti dall’infezione da Coronavirus dopo dure ed estenuanti settimane di ricovero in ospedale; il reportage “La scuola finlandese” negli istituti di Kauttua ed Eura in Finlandia.