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Lungo Po: che fine ha fatto la terrazza panoramica sul fiume?
Era il 2009: la Camera di commercio, la Fondazione di Piacenza e Vigevano, il Comune e la Provincia chiesero ai giovani architetti di disegnare un punto di sosta rialzato sul corso d’acqua con vista in direzione del tramonto. Scontrandosi con la dura realtà dei fatti, però, oggi il lungo Po pare trascurato e indifeso.
NB: Questo articolo è stato scritto precedentemente all’inaugurazione del locale “Boat Piacenza” sul lungofiume cittadino, che ha portato parecchie novità nell’area di oltre 12mila metri quadrati. Fino a settembre inoltrato, sarà possibile godere di musica, cibo e giochi nei pressi del Po.
Non c’è nemmeno l’ombra di una suggestiva opera panoramica sul fiume Po, malgrado il costoso concorso di idee bandito nove anni fa. Era il 2009: la Camera di commercio, la Fondazione di Piacenza e Vigevano, il Comune e la Provincia chiesero ai giovani architetti di disegnare un punto di sosta rialzato sul corso d’acqua con vista in direzione del tramonto, mettendo in palio per i primi tre classificati un bottino totale pari a quasi 25mila euro. È il 2018: oltre a non essere mai sorto alcun punto panoramico, la gestione ordinaria del lungofiume cittadino – per utilizzare un eufemismo – soffre di evidenti carenze. Regna un’atmosfera desertica e degradata, che non permette alle persone di innamorarsi del Grande Fiume, anzi le allontana con timore.
La speranza – finora mai concretizzata – era che il punto panoramico venisse realizzato senza gravare sulle strutture esistenti, in corrispondenza della prima o seconda pila in alveo a partire dalla sponda piacentina. Tra i 105 gruppi partecipanti che si cimentarono nel concorso, provenienti anche da svariate parti del mondo, arrivò al primo posto il progetto “Ed è subito sera” firmato da Jonny Sturari, Johan Kohls e Pierluigi Bucci. Una terrazza a forma di “L” immaginata alta e libera da ingombri vicini, per godere della vista del centro storico di Piacenza, della riserva naturale e dell’estesa campagna adiacente. L’oggetto architettonico a semi arco, leggermente inclinato in avanti verso il ponte, sarebbe diventato una sorta di simbolo: una nuova porta d’ingresso alla città. Inoltre, l’occasione di oltrepassare il ponte dell’Anas avrebbe garantito la riduzione dell’inquinamento acustico e visivo della circolazione stradale. La connessione al ponte sarebbe stata costruita tramite una passerella ciclo-pedonale, rendendo l’uso del punto panoramico flessibile: i piacentini infatti, una volta raggiunto il piano di servizio, avrebbero potuto decidere se fare una pausa ristoro o raggiungere direttamente la terrazza pano- ramica. La superficie esteriore in acciaio inox avrebbe permesso all’infrastruttura di mimetizzarsi nel contesto: a seconda dell’ora, del cielo e dei colori dell’ambiente, avrebbe assorbito le sfumature della luce.
Non fu l’unica idea all’avanguardia in grado potenzialmente di esaltare il Grande Fiume, confine naturale tra Emilia e Lombardia. Il fiorentino Davide Nigi sottopose alla commissione d’esame una «macchina per osservare» simile a una navicella spaziale posta accanto al ponte, con la presenza in copertura di 170 pannelli fotovoltaici su una superficie di 210 metri quadri, capaci di produrre energia rinnovabile. Da calcoli effettuati, avrebbe ricavato una potenza d’impianto di circa 356,4 chilowatt al giorno. L’architetto Erica Esposito, insieme a Vincenzo De Luce e Marina Orlando, propose un’area panoramica completamente indipendente dal ponte, intesa come completamento architettonico di quest’ultimo. Attraverso una passerella lunga venti metri, pedoni e ciclisti avrebbero potuto raggiungere il punto di ristoro su un ampio ascensore vetrato. La torre sarebbe stata rivestita con una specie di “pelle organica”, simile a quella di una foglia irregolare e traforata. A tratti surreale la pianificazione di Rudy Davi, fruibile non esclusivamente dal ponte ma anche dall’argine della sponda piacentina: una grande scala con rampe e gradini rivestita in legno, in collegamento con un’eventuale passeggiata in riva al Po.
Scontrandosi con la dura realtà dei fatti, però, il lungo Po pare trascurato e indifeso. Domina la sagoma fatiscente di un ecomostro in cemento ricoperto di graffiti, la cui utilità rimane un mistero (dovrebbe trattarsi del basamento degli ex tralicci Enel): l’unico risultato della struttura è il deterioramento del paesaggio fluviale. Non mancano i cestini dell’immondizia stracolmi di rifiuti e i cocci di bottiglie di vetro sparsi sul suolo. «Piacenza è diversa da altre realtà come Verona o Firenze, dove l’acqua scorre all’interno dei centri urbani. Qua si trova ai margini, perciò la valorizzazione è complicata», commenta Mario Bonvini, presidente della società canottieri Nino Bixio. «La zona viene utilizzata soprattutto dalle famiglie straniere nei weekend per le grigliate: a volte lasciano residui di sporcizia. Comunque, al di là di questo aspetto, si avverte un forte abbandono da parte delle istituzioni».
Thomas Trenchi
(Pubblicato sul quotidiano Libertà)