salute
Legionella, da gennaio 28 casi e due morti a Piacenza. Ausl: «Non c’è emergenza»
Due decessi e ventotto contagi di legionellosi registrati finora nel 2018. In media, dal 2014 l’ospedale di Piacenza ha trattato trenta casi all’anno legati al batterio. Ma l’infezione da legionella pare in aumento rispetto al passato «perché ora questo batterio viene cercato». Infatti, secondo la dottoressa Cristiana Crevani, direttore degli uffici d’igiene e sanità pubblica dell’Ausl, «anche nella nostra provincia è aumentata significativamente la sensibilità dei clinici nei confronti della malattia. L’esame viene prescritto quasi di routine, soprattutto di fronte alla polmonite. Quest’anno, comunque, il fenomeno non sembrerebbe in crescita: è normale che in estate s’attesti un picco delle diagnosi». La legionella è stata identificata per la prima volta nel 1976 a Filadelfia, in seguito a un’epidemia di polmonite in un raduno di veterani con decine di morti. La sorgente dell’infezione risiedeva nell’impianto d’aria condizionata dell’hotel.
«Si tratta di un microrganismo presente negli ambienti acquatici naturali che penetra in quelli creati dall’uomo, come reti idriche, torri di raffreddamento, serbatoi di accumulo, piscine e acque termali – spiega la dottoressa Crevani -. Si moltiplica ad una temperatura compresa tra i 25 e i 42 gradi. La legionellosi – cioè l’infezione causata dal batterio – viene acquisita per via respiratoria. Non è mai stata provata la trasmissione tra umani, oppure semplicemente bevendo». Per non cadere nel panico generale, l’esperta sottolinea che «si entra in contatto spesso col batterio, ma per sviluppare la malattia occorre una predisposizione individuale. Devono prestare particolare attenzione i soggetti che soffrono già di altre patologie all’apparato respiratorio o cardiaco, quelli affetti da malattie croniche e con immunodeficienza, gli anziani e i fumatori. In alcuni casi, può innescare l’influenza; nelle persone debilitate invece può portare alla polmonite con una letalità abbastanza alta».
Negli ultimi anni, sono state sviluppate precise linee guida che impongono standard per la realizzazione degli impianti idrici, così da scongiurare lo sviluppo del batterio. «Le strutture più a rischio sono quelle con reti idriche vecchie, molto lunghe e dotate di boiler – prosegue Crevani -. Favoriscono il batterio anche la stagnazione, gli elementi nutritivi come il calcare e la vaporizzazione dell’acqua. Occorre esaminare le tubature ed eventualmente installare un impianto di disinfezione. Il pericolo è basso negli appartamenti dove l’impianto idrico viene utilizzato tutti i giorni con una caldaia istantanea, quindi senza accumulo di acqua calda».
Nel 2015, l’Ausl di Piacenza è stata tra le prime realtà locali a censire le torri di raffreddamento, cioè gli scambiatori di calore gas-liquido impiegati da alcune industrie: «Il rischio di proliferazione batterica nei circuiti di raffreddamento di queste apparecchiature è elevato, con la possibilità che venga immesso nell’aria circostante. In città, abbiamo riscontrato due casi d’acqua contaminata su ventuno torri evaporative. In provincia – conclude la dottoressa -, su trentanove ditte con 115 torri totali, abbiamo individuato quattro impianti con legionella. È stata effettuata la disinfestazione».
Thomas Trenchi
(Pubblicato sul quotidiano Libertà)