politica
Macché naja! La controproposta di Maurizio Cammi: «Un anno di leva civile obbligatoria»
Un anno di lavoro retribuito nel sociale o nella cultura, al posto del ritorno alla naja classica («se non addirittura al mix insensato tra servizio militare e civile»). In queste ore di acceso dibattito sulla reintroduzione della leva militare obbligatoria – lanciata nel calderone dei talk show d’agosto dal vicepremier Matteo Salvini -, emerge un’idea alternativa ben dettagliata. Il mittente della controproposta è lo scrittore e appassionato di politica Maurizio Cammi, candidato in consiglio comunale con la Lega Nord nella scorsa tornata elettorale. «La pace e la solidarietà sono in netta contrapposizione con la coscrizione, che non ha una ricaduta sociale per la collettività».
Cammi – che fa parte del “think tank” politico di Armando Siri, sottosegretario alle infrastrutture del Governo Conte – ha elaborato un programma di servizio civile obbligatorio, anticipato nel 2013 tra le pagine del suo libro “La politica è sociale” e tramutato in una proposta di legge presentata dal Carroccio in Parlamento nel 2015. «Il servizio civile obbligatorio permetterebbe di adempiere al dovere di difesa della Patria attraverso un’azione non armata e non violenta. Sarebbe rivolto a maschi e femmine con un’età compresa tra i diciotto e i ventotto anni, che sarebbero tenuti a svolgere dodici mesi presso gli enti culturali, sociali, ambientali – illustra Cammi -, o le associazioni di protezione civile e le organizzazioni del terzo settore, preferibilmente nella provincia o nella regione di residenza». Il servizio civile obbligatorio sarebbe destinato anche ai cittadini stranieri residenti in Italia da almeno cinque anni. Sarebbe previsto un compenso mensile «ragionevolmente attorno ai settecento euro», per un impegno settimanale non inferiore alle trentasei ore. L’iniziativa avrebbe un costo di circa tre miliardi di euro all’anno.
«Il patrimonio artistico italiano è il più grande al mondo – continua Cammi -, pensate a quanti laureati in architettura o in beni culturali potrebbero fare esperienze formative e retribuite in musei o biblioteche, usufruendo così di quelle menti che purtroppo si trovano a spasso». Non avviene già oggi? «Sì, ma in misura molto ridotta e disorganizzata. Il servizio civile nel tempo è stato depotenziato, nonostante le proteste degli enti che grazie ad esso per anni hanno potuto garantire servizi in vari settori».
Thomas Trenchi
(Pubblicato sul quotidiano Libertà)