cultura
«Il fiume Po può e deve diventare il vero “brand Piacenza”»
L’ego al servizio di Piacenza. Per Franco Scepi, artista polivalente “piacentino d’adozione”, la nostra città ha bisogno soprattutto di imprimere con forza la propria identità.
Per disegnare un immaginario comune del territorio (quello che oggi viene definito “brand”), «non si può e non si deve prescindere dal fiume Po, che rappresenta una traccia tra passato e futuro mai valorizzata a pieno, giacendo nel dimenticatoio come luogo di zanzare e passeggiate grigie, a pochi passi dal centro storico». Scepi, che negli anni ha spaziato dalla pittura alla scultura, dalla grafica al cinema (sovrapponendo queste tecniche alla pubblicità), spolvera alcuni progetti rinchiusi in soffitta, «prima richiesti e poi ignorati dalle istituzioni locali».
Tra gli altri, spicca l’idea di riqualificazione del comparto di piazza Cittadella, proprio sotto la chiave di lettura del corso d’acqua. La proposta, confezionata con la collaborazione degli architetti Artemio Cavagna e Alfredo Raimondi, prevedeva la realizzazione di un parco naturalistico nel campo Daturi legato alla fauna e alla flora fluviale, nonché la ristrutturazione dell’ex biglietteria – ora in condizioni fatiscenti e in attesa di demolizione – in un «polo per nuove attività di comunicazione collettiva, con un caffè letterario, un internet pub e altri presidi in grado di ristabilire un contatto attivo con i piacentini». All’esterno dell’edificio, Scepi avrebbe puntato su una cupola a forma di chiocciola, cioè il logo di una consiglia che da una parte rappresentava il passaggio del fiume, mentre dall’altra era ed è il segno emblematico di internet e della modernità.
«Le ipotesi in campo erano due. La prima, abbastanza costosa, esortava a rialzare la conca del Daturi al livello del suolo, ricavando un posteggio nell’enorme buca e un parco cittadino immediatamente fruibile all’ingresso di Piacenza. Ritengo, infatti, che occorra evitare gli scavi per il posteggio in piazza Cittadella: nel sottosuolo ci sono tantissimi reperti antichi e beni archeologici intoccabili, che bloccherebbero il normale svolgimento dei lavori. Nella seconda possibilità, invece, si ritagliava un parcheggio nel terrapieno situato tra le caserme e il Daturi, portando comunque un parco naturalistico nell’arena, arricchito dalle voliere degli uccelli fluviali e dalla presenza delle piante autoctone».
Nulla vieta di riprendere in considerazione la bozza dettagliata di Scepi. Anche se la sua è un’amara constatazione: «Da allora, dopo la partecipazione al concorso di idee promosso dal Comune, i documenti sono stati riposti in un cassetto». A posteriori, l’artista – che nella sua carriera ha contribuito all’invenzione della “Milano da bere” per l’Amaro Ramazzotti, dopo il tragico attentato di Piazza Fontana nel 1969 – sembra una “Cassandra in riva al Po” che ha allertato invano la classe dirigente piacentina sulle necessità di «sviluppare un insieme di concetti capace di rendere attrattiva la città» e di «far partire gli investimenti privati sulle iniziative di pubblico interesse, annullando il tipico atteggiamento da “cassettista” di chi tiene le risorse solo per se stesso».
Thomas Trenchi
(Pubblicato sul quotidiano Libertà)