cultura
Sant’Antonio, la frazione di Piacenza che ama la sua “indipendenza”

Amano definirlo un “borgo”, e non solo un’estrema periferia subordinata alla città. I residenti di Sant’Antonio conservano una spiccata coscienza identitaria e autonoma. Del resto, fino agli inizi del Novecento, si trattava di un comune indipendente e dai contorni ben distinti, trasformato successivamente in frazione di Piacenza dal Governo fascista.
Le tappe storiche che hanno portato all’odierna conformazione di Sant’Antonio emergono nell’opera del giovane ricercatore piacentino – nonché abitante della zona – Edoardo Bavagnoli, classe 1989, che ha da poco pubblicato “S. Antonio a Trebbia: storia di un borgo e di una comunità”. Qualche sera fa, il libro è stato presentato nel circolo culturale “Il Carroccio”, in dialogo con Roberto Laurenzano. «Sono un cittadino di Sant’Antonio, anche se sono nato nell’ospedale di Piacenza», ha ostentato con orgoglio l’autore, ripercorrendo l’immane attività d’investigazione per “cucire” i frammenti del passato, dal medioevo alla Seconda guerra mondiale, attraverso fonti inedite, mappe e documenti di monasteri soppressi. «A più riprese, infatti – ha spiegato Bavagnoli -, la storia di Sant’Antonio si lega alle vicende nazionali ed europee. Mi sono soffermato sugli aspetti sociali e istituzionali del borgo». È così possibile viaggiare con la mente fino all’antica fondazione della chiesa intorno al 1100, a ridosso del ponte sul fiume Trebbia, con un ricovero per i pellegrini e i viandanti gestito dall’ordine degli antoniani dal Duecento al Cinquecento (poi subentrarono i francescani fino alle soppressioni napoleoniche). La struttura medica veniva utilizzata soprattutto per curare gli afflitti del così detto “fuoco sacro” o “fuoco di sant’Antonio”, oggi comunemente associato all’herpes zoster.
Bavagnoli ha svelato una curiosità: i primi cognomi attestati nel borgo sono stati Lodigiani, Mantegazzi, Todeschini, Trabacchi, Venturini, Marenghi, Pozzoli e Del Miglio. Un capitolo importante, poi, è dedicato al periodo compreso fra il 1810 e il 1923, quando Sant’Antonio era un comune a sé stante (prima di essere accorpato a quello di Piacenza). In allegato al volume, viene proposta una mappa che riporta proprio i confini di questo micro-territorio. E sul retrocopertina c’è una citazione impegnativa, tratta da una canzone di Francesco Guccini, che – secondo lo scrittore – può riassumere al meglio la dimensione di Sant’Antonio: “Correva la fantasia verso la prateria, tra la via Emilia e il west”.
Thomas Trenchi
(Pubblicato sul quotidiano “Libertà”)
