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Alloggi popolari, disabile divorziato: «Il comune vuole cacciarmi di casa»
Ha divorziato dalla moglie, così il Comune gli ha proposto una casa popolare più piccola. Ma il 62enne piacentino in sedia a rotelle, invalido al 100% e residente negli alloggi pubblici in via Neve, non ha alcuna intenzione di andarsene: «Non voglio traslocare. Qui ho costruito la mia vita, allacciando buoni rapporti con il vicinato. Non sono autosufficiente, perciò mia figlia trascorre molte ore a casa mia per aiutarmi con le faccende domestiche, talvolta fermandosi anche di notte in caso di problemi di salute. Ecco perché, per me, è fondamentale contare su una stanza da letto in più dove ospitarla».
L’uomo abita in questo appartamento da quindici anni, all’interno di un edificio – amministrato da Acer – privo di barriere architettoniche, costruito appositamente per i cittadini disabili. I locali in cui risiede misurano 70 metri quadrati, a fronte del pagamento di un affitto mensile di 50 euro. «Dagli inizi del Duemila, sono in carrozzina e, purtroppo, ho una disabilità totale che non mi permette di lavorare». Quasi ogni giorno, sua figlia si reca in via Neve per assisterlo: «La mia condizione fisica e mentale non è semplice, ma le istituzioni hanno dimostrato una scarsissima sensibilità nei miei confronti».
Dopo la separazione dalla moglie nel 2017, infatti, il 62enne ha modificato l’intestazione della casa popolare e il Comune – riscontrando un inquilino in meno nell’alloggio – lo ha invitato a trasferirsi in un altro appartamento più ristretto, da 40 metri quadrati. «È troppo piccolo – spiega l’uomo -, non riuscirei ad accogliere mia figlia per l’assistenza quotidiana di cui ho bisogno. E non ho abbastanza soldi per assumere una badante». Pochi giorni fa, ha ricevuto una lettera dagli uffici comunali: «Se non accetto la proposta dell’amministrazione, rischio di essere estromesso dal sistema delle case popolari. Lo trovo profondamente ingiusto, non c’è comprensione per la mia situazione».
La risposta del Comune
Lo scorso 28 febbraio, il cittadino ha incontrato l’assessore ai servizi sociali Federica Sgorbati. Nulla da fare, però, da parte della Giunta Barbieri: «Abbiamo cercato di aiutare il residente, proponendogli un alloggio sostituivo per non costringerlo a rientrare in graduatoria . La casa in via Neve, d’altronde – sottolinea Sgorbati -, spetta a famiglie più numerose: non è corretto che venga occupata da un solo soggetto».
Per restare in un alloggio con due camere da letto, secondo l’assessore, l’uomo dovrebbe presentare un certificato di assistenza continuativa per ventiquattr’ore al giorno e un contratto d’assunzione di un collaboratore domestico.
Thomas Trenchi
(Pubblicato sul quotidiano Libertà)