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Piccoli geni (di fisica) crescono: Gianmarco e Marcello, talenti del liceo Gioia
Uno sogna di lavorare a stretto contatto con un acceleratore di particelle, l’altro vorrebbe diventare un ricercatore. In comune, i giovanissimi studenti Gianmarco Morbelli e Marcello Summo hanno la passione smoderata per la fisica: una materia scolastica ai più antipatica, che per loro invece rappresenta una fonte assoluta di divertimento.
Uno sogna di lavorare a stretto contatto con un acceleratore di particelle, l’altro vorrebbe diventare un ricercatore. In comune, i giovanissimi studenti Gianmarco Morbelli e Marcello Summo hanno la passione smoderata per la fisica: una materia scolastica ai più antipatica, che per loro invece rappresenta una fonte assoluta di divertimento.
«Bisogna apprezzarne la bellezza – ribatte Gianmarco, 17 anni -, accendendo la curiosità e ponendosi tante domande sul mondo. Certo, questa scienza a volte risulta difficile e poco abbordabile, ma affrontandola nel modo giusto non può deludere».
Quel cosiddetto “modo giusto”, però, non sembra così immediato. Vale la pena, quindi, provare a indagarlo con questi due piccoli geni – iscritti all’indirizzo scientifico del liceo Gioia – reduci dalla partecipazione alla tappa piacentina delle “Olimpiadi della fisica”. «Credo che questa gara sia un ottimo strumento per testare la propria preparazione», dice con sicurezza Marcello, 18 anni. «Alcune prove sottoposte nella competizione rientrano in una parte di programma didattico che non abbiamo ancora studiato in classe…», aggiunge Gianmarco, col tono di chi si ripete che “quando il gioco si fa duro, i duri cominciano a giocare”.
Ovviamente, ci sono anche argomenti in cui arrancano (anzi, in cui per ora non arrivano all’eccellenza): «Ho qualche difficoltà con i principi della relatività ristretta», ammette Marcello, riferendosi alla teoria sviluppata da Albert Einstein nel 1905 a proposito degli eventi che avvengono ad alte energie e a velocità prossime a quella della luce. Gianmarco confessa: «Litigo con la dinamica rotazionale, ovvero lo studio degli oggetti in rotazione, perché ci sono sempre tante variabili in gioco e in questi casi l’esperienza fa davvero da maestra. Al contrario, penso di cavarmela bene con la termodinamica classica».
Le loro medie scolastiche in fisica sono così alte da far venire le vertigini: i voti di entrambi oscillano fra il 9 e il 10. Su un punto concordano senza eccezioni: «La fisica consente di sviluppare l’abilità del “problem solving”», in altre parole la capacità di individuare la strategia migliore per risolvere i problemi, «una competenza essenziale per ogni persona, appassionata o meno di scienze».
Per garantire certi ritmi ad alto livello, come in qualsiasi altro hobby o sport, l’allenamento è fondamentale: «Al di fuori dell’impegno scolastico, mi ritaglio diversi momenti di approfondimento, che io considero alla pari di uno svago – continua Gianmarco -. Ho frequentato sei mesi in una scuola superiore in Australia, dove mi sono concentrato particolarmente sulle materie scientifiche». Ma da cosa deriva questo innamoramento per la fisica? «Amo questa scienza perché bastano davvero pochi concetti di fisica per iniziare ad aprire la mente e a osservare la realtà in cui viviamo con occhi diversi – risponde il ragazzo -. È inevitabile, siamo immersi nella bellezza della fisica, anche se molto spesso non ce ne accorgiamo. Quando versiamo un bicchiere d’acqua, pedaliamo in bicicletta, carichiamo lo smartphone o ci guardiamo allo specchio, la fisica è lì a governare la nostra vita».
Thomas Trenchi
(Pubblicato sul quotidiano Libertà)