cultura
Tosca, dramma in tre atti. Gelosia, tradimento e marcia per il clima
CARAMELLE AGLI SCONOSCIUTI, rubrica a cura di Michela Vignola – Quanti degli studenti presenti lo sarebbero stati se la marcia fosse stata di pomeriggio? Quanti cambieranno concretamente le loro abitudini? Quanti sono davvero disposti ad andare a casa in bici anche se fa freddo invece che con il SUV di papà? Quanti Comuni dichiareranno davvero lo stop alle auto, invece di sposare slogan resi vuoti dall’inadempienza? Sono solo spunti di riflessione. Questo non è un invito all’onestà di pensiero.
Questa non è una recensione. Mi perdonino Magritte e la sua pipa. Questo è uno sfogo per dire Stiamo Attenti. Attenti a fidarci delle apparenze, del sentito dire, delle opinioni troppo condivise, dei carri sempre pieni di vincitori e mai di vinti. Credo infatti che uno dei mali del mondo sia il qualunquismo. Ma siccome questo è uno spazio che si occupa di fatti locali, comincerò il pezzo in modo diverso: credo che uno dei mali di Piacenza sia il qualunquismo.
Questa rubrica nasce per occuparsi di cultura in senso lato. Cultura: “Quanto concorre alla formazione dell’individuo sul piano intellettuale e morale e all’acquisizione della consapevolezza del ruolo che gli compete nella società”. E questo marzo piacentino mi offre ben due spunti: l’opera lirica Tosca, in scena al Teatro Municipale, e la marcia per il clima, approdata nella nostra città sull’onda delle legittime aspirazioni ecologiste dell’ormai universalmente nota studentessa svedese Greta Thunberg.
Ero indecisa tra i due temi, ma dopo aver assistito alla prova generale di Tosca aperta alle scuole, ho sentito nascere un disagio. Sempre più forte. Non per l’allestimento, essenziale e antiretorico, non per la musica pucciniana ben eseguita dall’Orchestra Filarmonica Italiana, non per il fascino vibrante che emana dal palcoscenico del teatro, di ogni teatro. Ma per la nota stonata.
Non vogliatemene, ma la nota stonata erano proprio i ragazzi, direi quasi tutti intorno agli 11-12 anni, che negli intervalli fra gli atti si aggiravano in branchi multiformi per palchi, scale e corridoi, urlando e spargendo patatine ovunque, sotto gli occhi atterriti delle maschere, nella piena indifferenza di genitori e insegnanti accompagnatori. Nonostante i tacchi, ne ho inseguiti e ridotti al silenzio alcuni gruppetti, invitandoli a notare la differenza tra i velluti rossi e i decori d’oro zecchino del teatro e la plastica maleodorante dei gonfiabili a cui probabilmente sono più avvezzi. Mi guardavano come i compagni di Ulisse di fronte a Polifemo. Ma un insegnante è come un poliziotto in borghese: qualcosa dentro lo spinge a entrare in azione, costi quel che costi.
Eroismo a parte, ho provato amarezza. Anche nel leggere all’indomani tutte le grandi ed entusiastiche felicitazioni nel “vedere la platea gremita di giovani”. E’ apparenza, cari miei; è solo fermarsi alla superficie delle cose, commentare con l’ovvio, non osservare, non trarre conclusioni fuori dagli schemi, non correre il rischio di pensare con la propria testa. E se non lo fanno gli adulti, perché dovrebbero farlo i ragazzi?
Come facciamo a insegnare loro il rispetto per i luoghi e le persone se consentiamo ogni infrazione alle regole, ed anzi li glorifichiamo per aver applaudito alla fine del terzo atto. Ci mancherebbe! Il buon Cavaradossi viene ucciso a tradimento, la gelosa e ingenua Tosca si toglie la vita con balzo felino. Quanto li capivo, io che dalla remota pace del loggione, accanto a studenti di canto del Conservatorio Nicolini, quasi tutti di origine asiatica, osservavo la platea illuminata dagli schermi dei cellulari più che dalle luci di scena…
Educhiamoli al rispetto e alla bellezza
Educhiamoli, per piacere, al rispetto e alla bellezza. Educhiamoli. Ho visto i pulmini che portavano gli anziani degli ospizi a teatro, ho visto la fatica di camminare coi bastoni fino al proprio posto in sala, ho visto le carrozzine spinte dai volontari, e mi sono emozionata per la loro emozione. Gli occhi che brillavano per l’eccezionalità dell’evento, quasi sacro, di un luogo magico che apriva le sue porte, e le sue note.
Cosa c’entra la marcia per il clima? Niente. Se non per l’invito a non giudicare con banalità e superficialità. Manifestazione condivisibile in toto. Emergenza non più procrastinabile. Ma non fidatevi dei numeri e delle immagini. Quanti degli studenti presenti lo sarebbero stati se la marcia fosse stata di pomeriggio? Quanti cambieranno concretamente le loro abitudini? Quanti sono davvero disposti ad andare a casa in bici anche se fa freddo invece che con il SUV di papà? Quanti Comuni dichiareranno davvero lo stop alle auto, invece di sposare slogan resi vuoti dall’inadempienza? Sono solo spunti di riflessione. Questo non è un invito all’onestà di pensiero.
Michela Vignola