cultura
Cosa resta della Bellezza quando diventiamo grandi?
CARAMELLE AGLI SCONOSCIUTI, rubrica a cura di Michela Vignola – Una banda di 31 bambini dai 3 ai 6 anni è sbarcata in città, accompagnata dalle educatrici dell’associazione Talipù, incurante della pioggia battente, anzi felice perché in fondo “era un’amica in più che non voleva mancare alla gita”.
Cosa resta della Bellezza quando diventiamo grandi? O, meglio, perché perdiamo non solo il piacere della bellezza ma la stessa capacità di percepirla?
Mi riferisco alle città, anche alla nostra, ovviamente. Se accettiamo l’idea consolidata che la bellezza è nello sguardo e non esclusivamente nella realtà, viene davvero da pensare che dobbiamo imparare a guardare con occhi nuovi. Anzi, con gli occhi antichi dei più piccoli. E non è retorica di bassa lega. E’ cultura. Scienza. Estetica, nel senso filosofico del termine.
Una banda di 31 bambini dai 3 ai 6 anni è sbarcata in città, accompagnata dalle educatrici dell’associazione Talipù, incurante della pioggia battente, anzi felice perché in fondo “era un’amica in più che non voleva mancare alla gita”. Obiettivo, dare vita a un’uscita didattica “al contrario”: dal bosco vicino a San Giorgio dove ha sede l’Associazione di Promozione Sociale che si occupa di educare i bimbi alla natura, alla città. Mentre solitamente si prendono i bimbi abituati a strade e palazzi e li si porta alla scoperta di alberi e animali. Perché, quindi? Nonostante l’istintiva predilezione dei bambini nei confronti della campagna – secondo le educatrici di Talipù – non è possibile dimenticare che tutti questi “gnometti colorati” saranno in primis cittadini, ed è quindi fondamentale formare dei futuri adulti consapevoli della bellezza della città, attraverso la trasmissione di senso civico, rispetto e interesse nei confronti degli oggetti e dello spazio urbano. E l’unica soluzione è farlo quando sono piccoli, e le loro menti e i loro cuori sono ancora aperti e curiosi al mondo che li circonda.
Sottolineando il valore di stare all’aria aperta anche in ambiente urbano, così spesso trascurato anche a causa di un inquinamento che non dà tregua, i bimbi hanno girato in cordata (e non è una metafora) per le strade di Piacenza, osservato e ascoltato in silenzio i rumori della città, confrontandoli con quelli del bosco: il traffico della mattina in centro che assomiglia al canto del mare, i passi dei piccioni sul selciato invece del fruscio tra l’erba, le voci delle persone che si confondono tra loro, gli autobus che appaiono all’improvviso invece dei fagiani… Tutto un mondo da scoprire, ugualmente affascinante, a patto di saperlo vedere. Cosa resta di questa capacità, appunto, quando diventiamo grandi?
L’artista Keri Smith come fonte d’ispirazione
Per ricordare alle tante persone che hanno assistito con divertito piacere all’incursione dei bimbi, le educatrici hanno pensato di lasciare una traccia del loro passaggio, per creare un canale di comunicazione più duraturo con la città. Fonte di ispirazione, l’artista Keri Smith e il suo libro “Risveglia la città – Idee e progetti per lanciare il tuo messaggio al mondo”, che utilizza le tecniche della Guerrilla Art: strumento pacifico e visionario che prevede l’installazione in modo anonimo di piccoli o grandi manufatti artistici, collocati, rappresentati o appesi in luoghi pubblici, allo scopo di influire sul mondo in maniera creativa o stimolante.
I bimbi di Talipù hanno fatto tesoro anche di questo, regalando un commovente “Muro dei desideri” composto da tanti bigliettini a una baby boutique del centro e barattoli di vetro contenenti “oggetti inaspettati” portati dal bosco a un negozio di giocattoli, che resteranno in visione a tutti i clienti e a chi vorrà lasciar vivere un po’ della propria curiosità. Caratteristica essenziale della Guerrilla Art, del resto, sta nell’essere effimera, ma anche incompiuta, fino a quando non fruita.
La bellezza salverà il mondo?
Di nuovo, che cosa resterà? Guardarsi intorno, nella nostra bella città, fa piangere il cuore per colpe non sue, ma dei suoi cittadini: certo, l’edilizia moderna e contemporanea non fa onore alle vestigia del passato, ma noi abbiamo dato il colpo di grazia al decoro cittadino con cassonetti dell’immondizia grondanti rifiuti (spesso abbandonati anche fuori da questi), uso disordinato e antiestetico degli arredi urbani, dehors dei pubblici esercizi che abbruttiscono anziché rendere gradevole la pausa caffè, automobili ovunque, cartelli di lamiera arrugginita, “panettoni” di cemento, dissuasori in plastica bianchi e arancioni che farebbero rabbrividire chiunque, scritte irripetibili o nel migliore dei casi stupide sui muri dei monumenti, parchi giochi pieni di cartacce, adolescenti che bevono birra o fumano quando va bene sigarette in mezzo ai bimbi che giocano, incuria, vandalismo, adulti che affollano le strade senza alzare mai la testa dal proprio smartphone. E’ un corto circuito senza speranza, nella società del fare e del guadagnare, che relega non solo l’arte ma la Bellezza in sé nel chiuso dei musei, tra i drink e le pizzette di qualche vernissage.
Incrocio via XX Settembre ogni mattina, in bici, andando al lavoro, e il piacere di osservare per il breve istante del mio attraversamento il sole che si riflette in lontananza sulla facciata del Duomo, diverso ogni giorno a seconda dell’ora o delle condizioni climatiche, a volte è sufficiente a dare un senso alla giornata. Non so, come ci ricorda Fëdor Dostoevskij, se la bellezza salverà il mondo. Ma almeno possiamo provarci. Grazie Talipù per avercelo ricordato.
Michela Vignola