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«Ho 20 anni, sono piacentino e vivo a Dubai. Ho nostalgia dei tortelli»
«Sono via da circa trenta giorni, il mio contratto scade tra cinque mesi. Lavoro al Grand Hyatt di Dubai». Leonardo Fontana è un giovane piacentino, diplomato all’Istituto Alberghiero, che ha trovato un impiego negli Emirati Arabi, presso un lussuoso albergo a cinque stelle. «Questo posto mi è stato offerto. Non è stata una decisione semplice, ma ho accettato con grande piacere. Vivo in un villaggio dove abitano tutti i dipendenti dell’hotel».
La domanda da porsi è cosa cerca (o cosa è disposto a lasciare) un ragazzo di vent’anni che saluta la famiglia, gli amici e un contesto sociale radicato e sicuro, per lo meno conosciuto, scegliendo di imbarcarsi su un aereo diretto a Dubai, per installarsi dall’altra parte del mondo. Potrebbe trattarsi della necessità economica, dell’avventura, di quella dose di frenesia giovanile, della voglia di avere un foglio bianco sul quale ricominciare a scrivere la propria vita daccapo, e di un Paese, l’Italia, che offre sempre meno possibilità ai giovani. Ma non solo: «Sono partito per il lavoro che amo, cioè il settore del Food and Beverage, come cameriere».
Il confronto con Piacenza è immediato: «Ovviamente, la mia città è completamente diversa da Dubai. A livello urbanistico, le principali differenze sono le struttura portanti: Piacenza attira i turisti per i vecchi palazzi, come il Farnese; a Dubai, invece, le masse visitano gli imponenti grattacieli». Per Leonardo, che è appassionato di gastronomia, incide ampiamente il fattore culinario (così come per i tanti italiani sparsi nel mondo, che faticano a soddisfare il palato fuori dalla Penisola): «Piacenza, a mio parere, ha una cucina unica al mondo, buona, semplice e genuina. Dubai non ha una propria tradizione, ma raccoglie quelle di paesi differenti». Leonardo confessa, ridendo, d’aver «nostalgia dei tortelli». La difficoltà maggiore, però, è quella con le temperature: «Il caldo è terrificante, non è semplice vivere con quarantacinque gradi in estate e trenta in inverno». Anche il vocabolario si è rivelato un ostacolo, tuttavia superato in poco tempo: «A Dubai si parlano due lingue, arabo e inglese. Con quest’ultima me la sto cavando, invece non ho ancora provato a studiare la prima».
Negli Emirati Arabi il dislivello sociale è enorme, la povertà è ben nascosta da lusso e scintille: «La prima impressione, una volta arrivato a Dubai, è stata “Wow”. Ci sono grattacieli enormi ovunque, macchine e limousine», ricorda Leonardo. «Si percepisce la ricchezza, la città è piena di auto sportive e fuoristrada. Chi ha i soldi s’impegna al massimo per farlo notare. È tipico acquistare una macchina nuova, pagare la prima rata e abbandonarla per strada. Per i giovani ci sono diversi locali interessanti, oltre alle spiagge libere dove si può andare anche di notte».
Leonardo, grande appassionato di politica, attacca la classe dirigente italiana, «a causa della quale è praticamente impossibile trovare delle occasioni lavorative per i giovani». Il luogo dove abita ora gli pare un paradiso: «Tutti hanno un lavoro, tutti sono tranquilli e si rilassano senza troppi pensieri per la testa», infatti «ci sono molti italiani, alcuni per lavoro e altri in vacanza». L’obiettivo è quello di non fermarsi mai, «lavorare e vivere nel più gran numero possibile di città in giro per il pianeta».
Thomas Trenchi